- Quando, alcuni mesi fa, è nato il nostro gruppo di lettura, è venuto spontaneo a loro di chiamare il gruppo, appunto, “Cucao Reading Group”. Non stavamo cercando anche noi di liberare le nostre anime?
- Nessuna lezione di letteratura. Solo lettura, confronto diretto e appassionato con la ricchezza dei messaggi che il testo mette a disposizione. Pretendevamo che la lettura ci aiutasse a trovare un po’ di felicità.
- Il gruppo di lettura è un Sovra-Lettore. Quel che elabora non sarebbe mai potuto uscire dalla testa di uno solo. È un crogiolo di sensibilità diverse, di punti di vista diversi, di passioni diverse. È una democrazia.
Nel Cile meridionale, per precisione nell’isla de Chiloé (che Francisco Coloane, originario di lì, ha usato per ambientazione di molti suoi libri, e anche Sepúlveda riprende), si trova un villaggio di pescatori che ha nome Cucao, e a Cucao si trova una passerella di legno nota come Muelle de las Almas, sospesa su uno strapiombo, di fronte all’oceano. Da lì la leggenda vuole che le anime dei morti si lancino verso la libertà. A Cucao io non sono mai stato, ma ci sono stati i miei amici Lucia e Michele, con le due figlie, Chiara e Margherita. Quando, alcuni mesi fa, è nato il nostro gruppo di lettura, è venuto spontaneo a loro di chiamare il gruppo, appunto, “Cucao reading group”. Non stavamo cercando anche noi di liberare le nostre anime? Sì, stavamo cercando di fare proprio questo. Stavamo anche cercando di compiere un gesto nuovo e rinnovante nel pensiero di Margherita, che aveva lasciato questo mondo, all’improvviso, a settembre. A Margherita il paesaggio di Cucao era rimasto nel cuore. Nelle fotografie la vediamo aprire le braccia al vento e sorridere contro il blu sterminato.
Leggere e interpretare
Un gruppo di lettura, dunque. E che cosa si sarebbe letto? Davanti ci si apriva davvero un oceano di possibilità. Io avevo già esperienza di gruppi di letteratura accademici. A Oxford, in anni non lontani, avevo fondato e coordinato un “Petrarch reading group” e un “Orlando Furioso reading group”. Entrambi erano riusciti molto gratificanti per tutti quelli che vi avevano partecipato, studenti e colleghi. Lì avevo sperimentato il vantaggio di interrogare collettivamente un grande classico, senza il soccorso di bibliografie e di note esplicative. Si leggeva il brano assegnato ciascuno in casa propria e poi in classe ci si domandava insieme che cosa significasse. Significato portava a significato, e si constatava con il massimo della chiarezza che leggere, cioè interpretare, è un processo infinito, cui tutti siamo chiamati con pari diritto a partecipare.
Volevo che il nostro “Cucao reading group” mostrasse una simile applicazione. Lucia e Michele la vedevano allo stesso modo. Nessuna lezione di letteratura. Solo lettura, confronto diretto e appassionato con la ricchezza dei messaggi che il testo mette a disposizione. Scartammo l’idea di concentrarci su una sola opera. Certo, leggere i classici, antichi e moderni, era tra i nostri obiettivi, ma volevamo varietà e vastità, cioè ogni tipo di scrittura, sia in prosa sia in versi, più tradizioni, più epoche. Decidemmo di dare agli incontri del “Cucao reading group” – incontri telematici, ovviamente, date le costrizioni della pandemia – cadenza settimanale e di leggere ogni settimana qualcosa di nuovo, in traduzione italiana.
Tale frequenza, di necessità, consigliava la scelta di testi brevi, che si potessero acquisire nel giro di pochi giorni: poesie, racconti, brani autobiografici, passi di romanzi opportunamente ritagliati… Niente di grave. Anzi, tanto meglio. Anche una frase, anche una parola può spingere a lunghe riflessioni e a dibattiti virtualmente interminabili, come l’esperienza dei precedenti gruppi di letteratura mi aveva insegnato. D’altra parte, pretendevamo che il nostro “Cucao reading group” stimolasse attraverso la lettura l’attenzione e la fantasia oltre il consueto. Non era certo questione di numero di pagine. Pretendevamo anche che la lettura ci aiutasse a trovare un po’ di felicità, e davamo per scontato che quelle, l’attenzione e la fantasia, fossero parte essenziale della ricerca.
La scelta del brano
Il compito di scegliere il brano settimanale è toccato a me. Compito stupendo. Far saltare fuori dai libri la via della felicità e mostrarla agli altri! All’improvviso la mia libreria prendeva un altro aspetto; riapriva gli occhi e la bocca, come una bella addormentata che uscisse dall’incantesimo. Adesso ogni sua parte poteva fornire un’indicazione, una rivelazione, un sogno: era ridiventata necessaria, aveva riacquistato attualità, aveva smesso di essere “storia” e di essere solo cosa mia, perché doveva servire alle esigenze e alle speranze del gruppo.
Scegliere il brano della settimana mi dà gioia ed entusiasmo (passo al presente, perché il “Cucao reading group” è in piena attività), ma anche qualche frustrazione e ansia. Prima di decidere quali pagine assegnare frugo per ore, sfoglio rapidamente questo e quel volume, mi sembra di aver trovato qualcosa, ma di colpo qualche particolare mi fa saltare a tutt’altro. Mi passano letteralmente per le mani secoli e continenti di letteratura. Non vado mai a colpo sicuro, seppure non mi muova a casaccio nella memoria e per gli scaffali, avendo per coordinate sicure l’importanza dell’autore, l’eccezionalità dell’opera o del passo, il pregio dello stile e del pensiero, l’apertura internazionale, la diversità degli stili e dei generi. Si è cominciato con Seneca e abbiamo continuato con Virginia Woolf, Thomas Mann, Elias Canetti, Robert Frost, Flannery O’Connor, Marguerite Yourcenar, Alice Munro e molti altri… Ben presto ci è diventato chiaro che, pur tra le tante differenze di maniere e di invenzioni, la letteratura ci esortava alla “vita vera”, all’originalità, alla libertà, alla profondità.
Sento, quando sono impegnato a scegliere il brano della settimana, una grande responsabilità: sia verso la letteratura sia verso il gruppo. E se, all’improvviso, proprio nel momento di massimo bisogno, scopro di non essere all’altezza del compito? Se, dopo una vita di letture, mi tocca rendermi conto tutt’a un tratto, nella tetraggine della pandemia, nella tristezza di tante perdite, che quel che è valso e ancora può valere per me non vale per gli altri? Se, di fronte alla morte dei nostri cari, dei nostri vicini, di tanti sconosciuti, la mia fede nella letteratura si rivela inadatta? Se anziché sorprendere, consolare e affascinare, produco indifferenza e noia? Se deludo Lucia e Michele, che del gruppo sono stati i principali promotori?
Piccola società
In pochi giorni Lucia raccolse sufficienti adesioni tra gli amici più stretti: donne e uomini, buoni lettori, professionisti di varie categorie, medici, scienziati, psicologi, notai, avvocati, insegnanti di lettere (solo tre). Una ventina di persone in totale. Avremmo senza dubbio potuto accoglierne qualcuna di più, ma venti è già un numero considerevole. Quanti più sono i membri, infatti, tanto più faticosa riesce la discussione. Stabilimmo anche che la discussione durasse un’ora e mezza e che qualcuno la coordinasse, aprendo con una presentazione del brano, sollecitando gli interventi, amministrandone l’ordine e riepilogando ogni tanto. Volentieri accettai di essere io il coordinatore del “Cucao reading group”.
Un gruppo di lettura è una piccola società. Occorrono, pertanto, regole. Alcune di queste si fissano spontaneamente via via che si procede: come la regola di trattare il testo con assoluto rispetto, con piena fiducia, senza accusarlo di non fare quello che non intende fare, e con la crescente capacità di trovarci assai più che non sembrasse in un primo momento. Su alcune regole conviene accordarsi fin dall’inizio. Per esempio, è bene stabilire che si parla uno alla volta, e non più di qualche minuto. Tutti devono avere il tempo di intervenire e tutti devono sentirsi ugualmente partecipi, senza avvertire la minima minaccia di prevaricazione. L’ultima cosa che il gruppo di lettura (qualunque gruppo di lettura) vuole è inibire i suoi membri. Ognuno può esprimersi nella forma e con le osservazioni che gli sembrino più adeguate, pur sempre senza dimenticare che si sta parlando di pagine. Sono benvenuti i ricordi personali, le confessioni, i collegamenti con il cinema, le domande, gli stupori. Benvenutissimi i confronti con testi che il gruppo abbia già discusso.
Altro punto fondamentale, che, se non è proprio una regola, certo presuppone un codice di comportamento: un gruppo di lettura non è un processo. Non si è lì per dar torto o ragione a nessuno, né al testo che si legge né al suo autore o alla sua autrice né tanto meno ad alcuno dei membri. Non c’è mai uno che, per quanto acuti e luminosi siano i suoi argomenti, abbia più voce in capitolo di un altro. Il parere di uno è uguale al parere di un altro, quand’anche i pareri dovessero divergere al massimo, e il parere di ciascuno è parere del gruppo. Nel gruppo di lettura si pensa individualmente, ma si discute collettivamente. Il gruppo è un cervello vario, perfino contraddittorio. Non esistono – perché la letteratura così vuole e perché il gruppo impara a ragionare come la letteratura – conclusioni certe, ma riflessioni sempre provvisorie, che per la fine dell’ora e mezza pervengono sì a un qualche punto fermo, ma mai a una interpretazione unilaterale e definitiva. Il gruppo di lettura è un Sovra-Lettore. Quel che elabora non sarebbe mai potuto uscire dalla testa di uno solo. È un crogiolo di sensibilità diverse, di punti di vista diversi, di passioni diverse. È una democrazia. Mi dico, quando scelgo il brano della settimana: questo metterà d’accordo tutti. Invece, non è così. Quel che piace a me, non piace per forza a tutti quanti, e ognuno reagisce al testo a suo modo, sia durante la lettura privata sia durante la discussione.
La felicità che cercavamo non era un miraggio. La troviamo ogni volta nella bellezza del brano selezionato, nello scambio paritario, nella voglia di illuminarci a vicenda, nel piacere di pensare con gli altri – le pagine in esame e i compagni stessi del gruppo – e di uscire trasformati dalla discussione, e nella scoperta progressiva di sensi più profondi, cui da soli non avremmo avuto né la fortuna né la virtù di spingerci. E quella felicità resta, rendendoci sempre più pronti a studiare la complessità della vita, altrui e nostra, e a credere che non tutto, proprio come quando si legge, sia ancora stato capito.
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