Il premio Satira di Forte dei Marmi celebra domani, alla Capannina, i suoi primi cinquant’anni. Più che sui contenuti della politica, gli strali satirici oggi si concentrano sulle scelte comunicative
La satira è viva, la satira è morta, la satira sta così così. Qual è la verità? In attesa di conoscere i destini politici dell’Italia, già previsti e prevedibili come forse mai prima di oggi, il glorioso premio Satira di Forte dei Marmi, diretto da Beppe Cottafavi, raggiunge i cinquant’anni di vita che, come da prassi, saranno celebrati sabato, sabato 17 settembre, alla Capannina, storico locale, set del vanziniano Sapore di mare (del quale presto ricorrerà il quarantennale; meglio non pensarci).
Caso vuole che la ricorrenza preceda di pochi giorni le elezioni meno attese della storia della Repubblica, le prime a condizionatori accesi: e con l’avvicinarsi del voto è impossibile non provare la viva, desolante sensazione che della politica non importi più granché quasi a nessuno. In parte perché la tanto temuta deriva populista sembra ormai metabolizzata e codificata – arriverà un capopopolo carico di promesse ma con poca dimestichezza con i conti pubblici, poi l’onda di risacca ci porterà un dinosauro con il loden direttamente da Bruxelles, e così via all’infinito – in parte perché abbiamo un po’ tutti smesso di crederci, al fatto che la politica possa risolvere i nostri problemi: ci accontenteremmo non ne creasse altri e che ci lasciasse vivere in pace, magari con affitti e bollette sopportabili.
Il creatore di Cartoni morti, Andrea Lorenzon, che al Forte riceverà il premio per l’animazione, lo dice chiaramente nel suo video Campagna elettorale sincera: annunciare riforme strutturali a lunga scadenza non paga (ha mai pagato, a pensarci?), e così tutti, da destra a sinistra, si limitano a promettere bonus, incentivi e sgravi vari. E se qualcuno osa chiedere «con quali soldi?», si sente rispondere «non importa, ci penseremo più avanti, adesso ho una diretta TikTok, non mi scocciate».
I premiati
Ce ne siamo già accorti: più che sui contenuti, gli strali satirici dell’anno 2022 si concentrano sulle scelte comunicative dei vari candidati, spesso goffe e incomprensibili. Lo sa bene Luca Bizzarri, che sta divertendo parecchio (sé stesso e gli ascoltatori) con il suo podcast Non hanno un amico, pillola quotidiana dedicata alle perle della campagna elettorale. Luca e il compare di una vita Paolo Kessisoglu riceveranno il premio per la satira politica, a riconoscimento di una grande carriera ma anche dell’ostinazione con cui commentano la settimana politica nella copertina di Dimartedì (loro, Zoro/Makkox e Crozza: cos’altro resta?). Ma sono tempi così, in cui persino Laura Pausini ha paura di essere etichettata e si rifiuta di cantare Bella ciao, che all’estero è diventata la nuova O sole mio mentre in Italia è ancora materiale infiammabile, per carità, meglio non toccare.
Tra gli altri premiati latita la politica, ma non mancano scoperte interessanti. Come le Eterobasiche, coppia di amiche che scimmiottano i maschi risultando irresistibili nella loro romanità: l’effetto straniante di sentir recitare frasi triviali e misogine da due giovani donne funziona benissimo, rovescia il tavolo da gioco ed è un bene, dopo decenni di umorismo pressoché a senso unico (a proposito, gli ultimi anni ci hanno lasciato orfani di Franca Valeri, Lina Wertmüller e Monica Vitti: nessuna di loro ha mai vinto il premio Satira, qualcuno faccia mea culpa).
Poi i comici Edoardo Ferrario e Luca Ravenna, che nel podcast Cachemire parlano un po’ di tutto, esaltandosi quando al racconto si mescolano gli stereotipi locali, gli accenti regionali, le imitazioni estemporanee; a testimonianza che anche le chiavi più classiche possono trovare nuova linfa se sfruttate in maniera fresca e moderna. Con loro Eleazaro Rossi («Mi chiamo Eleazaro perché i miei genitori mi odiavano»), transitato dai palcoscenici stand-up alle Iene con uno stile e un’estetica che non possono non far pensare a Louis CK; e ancora la giornalista Francesca Fagnani, apprezzata e viralissima conduttrice di Belve, talk rivelazione dell’anno.
A completare la lista Alessandro Gori, con la sua raccolta Confessioni di una coppia scambista al figlio morente (Rizzoli Lizard): Claudio Giunta lo ha definito «il miglior scrittore comico italiano», e il suo universo che mescola il pop al grottesco vale una visita.
Premiato anche il libro La riunione di Pietro Galeotti (Feltrinelli), divertente memoir su splendori e miserie del lavoro dell’autore televisivo, sintetizzati al meglio dalla frase di Enrico Vaime: «Ci pagano un tanto a umiliazione». Non poteva mancare un riconoscimento ai Vazzanikki, la band di Valerio Lundini, per la performance dello scorso primo maggio: una meravigliosa presa in giro dell’attivismo pacifista con un finto Vladimir Putin ad annunciare in diretta la fine della guerra («Ho ascoltato la vostra canzone, mi avete convinto»). E infine un premio speciale a Ivan Urgant, comico russo diventato virale con i suoi show di Capodanno Ciao 2020 e Ciao 2021, interamente in italiano, parodia dei varietà più trash e scollacciati dei nostri anni Ottanta.
Ci vediamo alla Capannina sabato. E in diretta streaming sul sito e sui social di Domani. Con interventi speciali di tutti i premiati. A condurre la serata sarà Michela Andreozzi, attrice, regista e sceneggiatrice passata per Zelig e Colorado. Ci sarà da divertirsi. E magari ci dimenticheremo per un’oretta di quanto sia vicino il 25.
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