Un’immagine vale più di mille parole, diceva qualcuno, e poche immagini parlano a voce più alta dei post di Matteo Salvini. «Non capisco niente di niente mai», scandiscono le sue scelte iconografiche, come ci ha ricordato nei giorni scorsi con un post più eloquente di altri, pubblicato giovedì mattina su Instagram e destinato a diventare un classico contemporaneo.

Verrebbe da dire che mentre l’ex social media manager di Salvini fu indagato per droga, sarebbe forse il caso di fare quantomeno un alcol test anche alla persona che segue la sua comunicazione adesso, quella che ha ritenuto che in vista delle elezioni europee fosse opportuno produrre lo slogan “Più Italia, meno Europa” (elezioni europee, lo ripetiamo per i distratti).

Che è lo slogan che leggiamo anche nel post di giovedì, laddove la frase si divide in due parti, ciascuna corrispondente a un’immagine generata dall’intelligenza artificiale, che sarebbe bello poter incolpare anche del concept di questa campagna, e invece purtroppo c’è qualche essere umano che ci ha pensato e ha decretato che fosse una bella idea diffonderla.

Ad ogni modo, sotto “Meno Europa” troviamo una persona transgender in gravidanza avanzata, sotto “Più Italia” una famiglia tradizionale, di quelle che piacciono tanto ai padri divorziati come Matteo Salvini. Tutti i soggetti rappresentati, sia nella prima che nella seconda immagine, sono chiaramente danesi, solo che nel secondo caso sono danesi in vacanza in Toscana.

Le “follie woke” 

«Uomini “incinti” e follie woke? No grazie. Sì a mamme e papà!» scrive Salvini a corredo di questo capolavoro di arte digitale postmoderna, che denota una comprensione talmente limitata del mondo che non fa nemmeno arrabbiare, fa solo ridere.

Fa ridere e subito dopo fa pena, quando si aprono i commenti al post e invece di trovare una folla di trogloditi che scrivono «viva la figa e chi la castiga» per dargli ragione, come mi sarei aspettata in altri tempi, si dipana davanti ai nostri occhi una sfilza di insulti di gente confusa, che si chiede perlopiù se cotanta idiozia sia una gag a opera di Lercio.

E invece è tutto vero, tranne le rappresentazioni ubriache di Europa e Italia che Salvini decide di proporci in questa simulazione in cui la persona transgender incinta dovrebbe incarnare cosa, esattamente? Il paradosso? L’oscenità? Lo decide Salvini cos’è osceno? O possiamo stabilirlo in autonomia?

Io, per esempio, sono anni che cerco invano di dimenticarmi la copertina di Oggi in cui posava a petto nudo in un letto, con la cravatta padana al collo. Mi sentirei di proporre “meno Italia”, se questo è il risultato.

Anche la persona transgender del post è in un letto, ma a differenza di Salvini è vestita bene e in perfetta armocromia, ha una bella maglia scollata dello stesso punto di turchese delle lenzuola (che sono sicuramente svedesi, le ho viste all’Ikea) e si riposa serafica, avvolta in un plaid di fibre naturali che costa come tutta la collezione di felpe acriliche di Matteo.

Fuori campo c’è sicuramente un computer su cui sta guardando Bridgerton ed è in pace con sé stessa perché nel suo paese, la Danimarca, madri e padri hanno ottime condizioni di congedo parentale, e non importa a quale delle due categorie appartenga. A questo proposito vorrei sapere che input è stato dato al generatore, comunque, per capire se oltre a Salvini anche l’Ia è transfobica: quello non è un uomo trans, è più probabilmente una donna con gravi problemi di irsutismo e una forte somiglianza con il beniamino della destra italiana, Gesù Cristo. Ad ogni modo, niente tange la donna barbuta, a parte lo stupido post di Matteo Salvini, che però per sua fortuna vive molto lontano da lei.

Fantasie danesi

Anche la famiglia italiana prodotta dall’Ia sembra passarsela bene, ma solo perché quello di Salvini è un mondo di fantasia. In un immagine in cui nessuna persona ha il numero giusto di dita – la bambina ha una mano di Hanson di Scary Movie, il bambino sembra stringere nella sinistra un pene molto sottile – la cosa più inverosimile è comunque l’età di quei genitori, che sotto i trent’anni hanno già due figli, di cui uno preadolescente, e gli avanzano pure dei soldi per andare in vacanza nel Chianti.

Scenario che possiamo concepire se parliamo di una coppia danese, viziata dal welfare scandinavo, ma che crolla seduta stante se proviamo a credere, come vorrebbe Salvini, che quella sia una famiglia di Carugate in cui lavora solo il padre, mentre la moglie si prende cura del focolare.

Lo farebbe peraltro di bianco vestita, questa povera donna del multiverso salviniano, un colore che come segnala Elena Mariani – mio unico riferimento per l’analisi dei red carpet e tutto ciò che è moda – è off limits per qualsiasi madre. Alla terza camicia di lino vomitata, una si regola di conseguenza.

Credibile invece il risvolto ai pantaloni del papà, sottolinea Mariani, che unito alla scarpa da barca senza calze grida italiano medio come neanche la pizza con la Peroni alla spina. Sospetto che un uomo scandinavo preferirebbe farsi tagliare i piedi, piuttosto che farsi vedere in pubblico vestito così male.

Mi ripeto tuttavia che non sono l’interlocutrice ideale di Matteo Salvini ed è quindi normale che io non abbia dubbi su quale di queste persone vorrei essere: vorrei essere Gesù donna con il computer a letto, ovviamente, che sfanga il nono mese di gravidanza nell’unica regione fresca rimasta sul pianeta Terra. Vorrei un plaid di cachemire e una piega impeccabile come quella signora, il suo naso dritto e il seno florido.

Preferirei non avere la barba, in effetti, ma me la accollo volentieri se l’alternativa è essere sposata con uno che arrotola gli skinny jeans e vota la Lega. Più peli, meno cazzate.


 

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