- Ciò che mi rovina è la consapevolezza che, alla fine della fiera, ciò che conta davvero nella vita sta dentro ai libri, in quei volumi, apparentemente tutti un po’ simili, eppure tutti diversi.
- Mio figlio mi ha detto perché non vado a vivere in un negozio di libri. Gli sembra facile a lui risolvere così questa mia necessità. E che in un negozio ci sono i libri che ho io a casa?
- Le riedizioni dei classici le fanno ancora, almeno credo, ma ormai quanto c’era di buono sta sommerso, sovrastato dai volumi prodotti da questa moda per la quale adesso devono scrivere tutti, anche chi non era nato per farlo.
Ho la casa piena di libri. Già è piccola, ma adesso a causa di tutti questi volumi non ci si entra davvero più. Ce ne stanno talmente tanti che le suppellettili non riescono a contenerli, e sono usciti dalla mobilia; io appoggio le cose, come le chiavi o il telefono, su pile di saggi e romanzi. E se mi giro intorno vedo libri ovunque. Sono scesi dalle scaffalature e cominciano a venirmi incontro. Sulla scrivania ne avrò una cinquantina. Ce li ho anche nel letto, almeno una ventina.
Ho progettato altre mensole piccoline, sparse per la mia dimora, nelle rientranze dei muri storti. Non le ho ancora realizzate tutte, ma mi sembrano già insufficienti. Forse dovrò invadere la camera di mio figlio. Ma non lo so se fidarmi a lasciare i miei libri in camera sua. A forza di dare retta a questo possesso mi servirà una casa più grande. Ma l’affitto è caro e le risorse sono queste; difficile rimediare altri soldi, già perdo troppo tempo a lavorare, tempo che potrei trascorrere coi libri.
Sempre con me
Ciò che mi rovina è la consapevolezza che, alla fine della fiera, ciò che conta davvero nella vita sta dentro ai libri, in quei volumi, apparentemente tutti un po’ simili, eppure tutti diversi, che più ne hai e più ne vuoi. Da alcuni di loro non mi separo proprio più, per il resto non esco mai senza. Quando vado a lavoro sento che la borsa pesa come se dentro ci avessi messo un sampietrino. E invece contiene almeno due o tre esemplari. Ma perché poi? Quando pensavo che avrei potuto leggerli stando a lavoro?
Nelle occasioni nelle quali vado a degli appuntamenti, spero sempre che le persone con le quali mi devo incontrare arrivino tardi, per poter leggere un po’ mentre aspetto. Ma sono sempre io a fare tardi e gli altri a dovermi attendere. Così ultimamente ho cominciato a leggere durante gli appuntamenti con la gente. Fa sorridere, ma non c’è niente da ridere. Li ascolto, ascolto tutti, però col libro in mano. A me è una cosa che mi scappa, come un bisogno fisiologico.
La proposta
Fuori la situazione è ancora sotto controllo, mentre è a casa che invece si sta facendo preoccupante; ogni volta che comincia un nuovo inverno la questione spazio vitale diventa sempre più critica. Giorni fa, per esempio, ho fatto un cartone di libri da vendere e li ho portati in una libreria dell’usato dove mi servo e scambio, e sono tornato con un’enciclopedia Garzanti della letteratura italiana curata da Cecchi e Sapegno in parecchi volumi. Ho cercato di spiegare ai miei inquilini, mio figlio e il cane, che si è trattato di un vero affare, perché l’ho pagata una sciocchezza ed è in ottimo stato. Ma ho visto un severo rimprovero nei loro sguardi. Soprattutto in quello del cane. Ho cercato di giustificarmi dicendo che avevo pensato di metterla sul davanzale della finestra. Anche se poi non si apre più la finestra. Ma tanto adesso è inverno, chi apre più i vetri? A primavera ci ripensiamo.
Mio figlio mi ha detto perché non vado a vivere in un negozio di libri. Gli sembra facile a lui risolvere così questa mia necessità. E che in un negozio ci sono i libri che ho io a casa? Ma mai nella vita. Se proprio hai la passione per la lettura, oggi come oggi, la libreria moderna è l’ultimo posto dove puoi sperare di incrociare un grande libro. Sembra strano, ma è così. In un punto vendita affiliato a qualche catena per trovare un libro buono ti ci vuole l’ecoscandaglio. La scrittura da qualche parte c’è, le riedizioni dei classici le fanno ancora, almeno credo, ma ormai quanto c’era di buono sta sommerso, sovrastato dai volumi prodotti da questa moda per la quale adesso devono scrivere tutti, anche chi non era nato per farlo. Libri che non servivano, che inquinano come la plastica o il polistirolo. Non inquinano solo l’ambiente, ma anche le coscienze.
Botteghe e librai
Io vado nelle botteghe dove ci sono i librai, artigiani che sanno fare il loro mestiere. Cioè scansare prima che io arrivi i libri volgari o immorali per la mia sensibilità. Perché la pornografia fa bene ai sensi e al corpo, non allo spirito. I librai si stanno estinguendo come i dinosauri, però qualcuno ce n’è ancora. E quando lo incontri ti dice che ha un libro per te. Perché lui ti conosce. Questi santi dell’umanità sono rari come il passaggio delle comete, ma restano l’unica strada, anzi l’autostrada, per arrivare a delle buone letture. I più stantii abitano il mondo ingiallito dell’usato, perché alla mia età e con le mie possibilità economiche ti devi mettere in testa che avrai tutto già usato da altri, e te lo devi fare andar bene così, un po' ammuffito. Quindi io all’usato ci vado consapevole, mi porto i soldi contati, come fanno quelli che frequentano il casinò, altrimenti si giocherebbero pure la madre.
E oggi che sono un po’ libraio anche io mi avventuro anche alle bancarelle in stile fai da te; ce ne stanno tante sparse per la mia città, spesso tenute da lavoranti stranieri che non hanno idea di quello che vendono, personaggi coi quali intavolare lunghissime e miserabili trattative per qualche euro di sconto. Ma alcune di queste bancarelle sono piene di veri e propri capolavori. Avvolti nella plastica. Deve essere sempre la stessa persona a incartarli, riconosco il modo di piegare i lembi della pellicola trasparente. I libri commerciali o di moda qui sono una minoranza, o assenti proprio. Chissà chi è a scegliere quei pezzi pregiati. Sembra sia stato tutto dimenticato qui da qualcuno, scappato di corsa molti anni fa. E forse è così.
Ecco se mi chiedeste dove vorrei che finissero i miei libri vi direi in una delle mie bancarelle, luoghi fuori dal tempo. Perché i veri libri sono eterni come le piramidi. E forse non stanno bene nemmeno nei saloni dedicati, perché salone fa scopa con salotto, mentre la scrittura è una cosa scomoda, grave e inquietante. Inutile pure incontrare scrittori e scrittrici; la parola scritta è superiore a quella parlata, dunque perché costoro dovrebbero riuscire ad aggiungere qualcosa a voce? È tecnicamente impossibile. Chi scrive non dovrebbe mai parlare. Chi scrive sta a casa sua. E chi legge pure dovrebbe sbrigarsi a tornare a casa.
La scrittura e la lettura hanno una cosa in comune: si manifestano nel silenzio e nel riguardo della solitudine. Sono cose lontane da qualunque mondanità. Chi ama i libri deve solo pensare a edificare la propria libreria personale, da coltivare e curare come un giardino, qualcosa da lasciare a quelli che verranno dopo di noi, o da dimenticare in questo mondo. Non lo so che sarà di me, la vita è misteriosa. So solo che la salvezza dell’anima mia è la mia biblioteca, e che è quello l’unico paradiso che esiste.
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