Perdonatemi se torno così tardi nelle caselle di posta di questa comunità che legge e scrive di cose da maschi! Dopo un anno di puntualissime lettere settimanali, e un semestre di più affannosi appuntamenti un mercoledì sì e uno no, è uscito, come saprete, il libro scaturito da questo nostro scambio ininterrotto, e sono volato in Italia a parlarne un po’ in giro. Mi ripromettevo di scrivervi da Roma, ma in giro ci sono andato un po’ troppo e poi, al ritorno negli Stati Uniti, mi sono ritrovato ubriaco di allegria, di jet lag, e di cose da fare, e ho disertato il nostro incontro epistolare.
Eccomi dunque, dopo quasi un mese, a riprendere il filo, con in serbo per i prossimi numeri articoli splendidi (sulle bambole e sugli oscar) che ho ricevuto in queste settimane. Tra due mercoledì ricominciamo insomma a esplorare la bromance e a leggere riflessioni altrui su cosa è da maschi, e perché. Intanto vi propongo un resoconto di quel che è successo nel frattempo, con la consueta accoppiata di un articolo mio e uno d’altri.
Una delle cose che ho fatto in Italia – e precisamente su un treno tra Milano e Roma, fermo per ore in mezzo alla Toscana a causa di un guasto della rete, dopo una presentazione e prima di un volo transoceanico – è stato leggere il nuovo libro di Walter Siti, Tutti i nomi di Ercole.
Questa riforgiata nuova edizione de La magnifica merce mi incuriosiva più per i racconti aggiunti, che non avevo ancora letto, che come libro in sé, giacché mi pareva di conoscerlo bene il Siti di vent’anni fa. Nel mito di quel Walter Siti lì mi sono d’altronde formato come critico, studiando presso una scuola in cui chiunque, interrogato sul presente letterario d’Italia, fa ancora invariabilmente il suo nome – spesso senza aggiungere il cognome, alludendo, con l’involontario provincialismo di certa gente colta, a una personale familiarità.
Mi pare che abbiano sempre ragione a pronunciare quel nome, a dire che dal 1994 (l’anno del vittorioso esordio di Berlusconi, della morte di Franco Fortini e di Kurt Cobain, dell’uscita di Scuola di nudo) Walter Siti è l’autore maschio italofono del nostro tempo. Ora che lo guardo da più lontano tuttavia, laddove non è ancora tradotto, e le nostrane chiacchiere su autofiction e resistenze al postmoderno tintinnerebbero come le esotiche anticaglie di un mercatino folk d’antan, mi pare anche che non lo abbiano del tutto capito, quell’esile mito. E leggere Tutti i nomi di Ercole su un treno guasto in mezzo al nulla, di notte, mi ha confermato quest’impressione.
Trovate qui su Domani online il mio articolo su Tutti i nomi di Ercole, e sabato lo troverete in edicola sulle pagine culturali del giornale di carta. Parto da Kevin Sorbo, che i miei coetanei ricorderanno da quel trionfo di cafoneria pseudo-eroica che fu Hercules su Italia Uno nelle nostre berlusconiane infanzie, e poi cerco di fare tutto quello che Walter Siti non vuole: paragonarlo a Pasolini, dirlo impegnato, trovarlo paterno, trasformare Ercole in Dioniso e spostare la questione dalla rotondità dei muscoli e delle ciliegie a quella degli anelli delle catene. Non credo, però, che se ne avrà a male.
Avrei voluto invitarlo a Milano alla presentazione tenutasi prima del mio disastroso viaggio in treno, ma era a Torino a dialogare con Vera Gheno e quindi non posso che inviargli queste mie noterelle, in realtà assai ammirate, di lontano.
Inutile dire che la presentazione milanese è stata splendida, perché con me, sul palco della Rizzoli Galleria, c’era Jonathan Bazzi. La sua voce quieta, d’ipnotica calma apparente, mi ha conquistato quasi quanto l’acume della sua lettura. Sono venuti a sentirci Johnny Bertolio, che ricorderete per i suoi intelligenti pezzi che sono usciti per Cose da maschi, e Daniele Comunale, elegantissimo giornalista e scrittore che qualche giorno prima mi aveva intervistato (qui!) per Vogue Italia, coronando il mio principale desiderio per la rassegna stampa del libro.
Un’altra intervista assai intima l’ho ricevuta a distanza da Mario Desiati: L’Espresso ne ha pubblicate ottomila battute, ma spero a un certo punto di poter mettere da qualche parte la versione integrale, in cui parliamo di come scrivere di certi argomenti ti possa trasformare, agli occhi dei troll, in un attivista da aggredire online – una cosa importante su cui mi ammonisce Walter Siti medesimo: ostinarsi a fare finta che una lotta possa essere solo un minuetto è in fondo sintomo di un privilegio.
Un’altra intervista ancora me l’ha fatta Luca Fontò, autore pure lui di articoli belli usciti per Cose da maschi, e comparirà sui canali di VD quando l’assai fiorentino videomaker che l’ha girata con occhi d’acciaio avrà finito di montarla (e di cancellarmi le occhiaie, spero).
Prima di Milano sono andato a Pisa, nella gloriosa libreria Tra le Righe dove, al dottorato, comprai i miei primi libri di studi di genere scritti fuori dall’Italia. Lì ho imbastito, con Maria Paola Corsentino, il dialogo pubblico più serenamente politico di tutto il giro di presentazioni, al cospetto anche di Rosalba Nodari, linguista che mesi fa aveva prestato il suo delirante genio alla rubrica.
A Venezia Cose da maschi è stato invece interrogato con amorevole cura da Gabriele Monti e Mario Lupano dello IUAV, introdotti dalla magnifica Maria Luisa Frisa (altra contributor d’eccezione per la nostra rubrica) davanti a una platea universitaria generosissima, non priva di alcune cruciali bimbe. Ulteriori bimbe (cioè, per chi non lo sapesse, fan di Michela Murgia e Chiara Valerio) si sono manifestate a Roma, alla prima presentazione officiata appunto da quelle due drude, genitori uno e due, come sapete, dell’idea stessa che potessi scrivere un libro così. Nel pubblico si aggiravano sodali del calibro di Chiara Tagliaferri e Giulia Blasi, e anche un raro esemplare di maschio etero femminista che conoscete ormai bene: Lorenzo Gasparrini.
È da poco uscito il suo chiarissimo, direttissimo libro Ci scalderemo al fuoco delle vostre code di paglia. E oggi esce qui su Domani online, per Cose da maschi, un suo nuovo pezzo su un concetto sia da maschi che da femmine, ma nella cui binaria declinazione di genere si cela un’evidente discriminazione: l’onore. Non vedo l’ora di collegarmi remotamente per presentare con lui tra qualche settimana. Intanto, oltre a consigliarvi di leggere il suo libro, vi invito a seguire il suo ragionamento che mette in questione le questioni d’onore.
Con grandissima gratitudine per chi mi ha inviato su Instagram foto di Cose da maschi in libreria, e per chi in Italia ha letto, discusso e preso in mano quel volumetto dagli accenti lilla, vi saluto e mi metto a prepararmi per la prossima presentazione, questo venerdì, a New York.
© Riproduzione riservata