Veronica Lario lo chiamava il «ciarpame senza pudore». All’indomani del diciottesimo compleanno di Noemi Letizia, era questa la definizione che l’attrice ex moglie dell’allora presidente del Consiglio dava dei suoi affari privati resi inevitabilmente pubblici. Poco prima della nipote di Mubarak, c’era la presunta figlia dell’autista di Craxi, il diciottesimo a Casoria, le foto ormai storiche di quell’occasione. Quindici anni dopo le parole di Veronica Lario tornano attuali, anche se, come insegna il precetto marxiano, quando la storia fa il bis non può che essere sotto forma di farsa – come se la prima volta non avesse già connotati piuttosto farseschi.

Del resto, ci ha pensato subito Francesca Pascale a ristabilire le gerarchie del ciarpame: «Dilettanti», ha scritto su Instagram, allegando una foto del suo ex fidanzato, nonché ex premier, Silvio Berlusconi, riferendosi all’affare che come un temporale di fine estate ci regala fulmini e saette, l’ultimo grande spettacolo prima di tornare a scuola con un potenziale tragicomico degno delle migliori sceneggiature di Age e Scarpelli.

Non c’è un dettaglio nella vicenda Boccia-Sangiuliano che non trasudi grottesco, dagli occhiali con le fotocamere incorporate in stile accessorio di James Bond al ritiro in preghiera nel monastero francescano dell’ex ministro e della moglie, Federica Corsini, protagonista nell’assenza, l’Innominata di questi Promessi Consulenti con i contratti stracciati all’ultimo.

Il murale di Tvboy "Chi ha incastrato Sangiuliano?"

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«Dio, patria, famiglia e Beautiful», ha detto Vincenzo De Luca, e su internet, nell’oceano di contenuti generati dalla pantomima con la stessa velocità di un Frecciarossa Roma-Pompei (una tratta inaugurata proprio dell’ex ministro nel 2023, dai carri di buoi all'alta velocità il passo è breve), i paragoni con un reality show o con i programmi di Maria De Filippi, in particolare Temptation Island, si sono moltiplicati come le nomine che ha fatto Sangiuliano un attimo prima di dimettersi per lasciare spazio al fauno Alessandro Giuli, cultore delle tradizioni arcadiche.

Capisco che il ministro che piange chiedendo scusa alla moglie con una presunta ferita da zoccolo in fronte in uno speciale del Tg1 possa ricordare tanto quei confessionali rossi e oro del Grande Fratello, o le lacrime di Den Harrow all’Isola dei Famosi, o un qualsiasi sfogo durante il Viaggio nei sentimenti targato Canale 5. Capisco anche che le controffensive di Maria Rosaria Boccia, divise su vari fronti, dalla battaglia di stories sul suo profilo Instagram su cui compare ancora nella biografia l’hashtag della discordia, #dietamediterranea, all’intervista-interrogatorio su La Stampa con tanto di cani che abbaiano in sottofondo e poi quella rilasciata ad Aprile e Telese su La7, abbiano l’inequivocabile sapore del «se la persona è niente l’offesa è zero», vendicatrice impassibile, la Beatrix Kiddo di Pompei.

Capisco anche il paragone con Beautiful, l’epopea familiare decennale che per antonomasia viene usata come metafora tutte le volte in cui si vuole sottolineare la vivacità di un gossip. Eppure, per quanto le associazioni immediate siano inevitabili, c’è una bella differenza tra ciò che avviene nella cornice di un format e ciò che prende luogo tra le pareti di un ministero.

Non è la realtà che imita i dating show. Non è Sangiuliano che usa il telegiornale della prima rete di Stato come un confessionale. La televisione comunemente detta «trash», definizione assai ridimensionata dal grande scrittore Tommaso Labranca, non si è inventata nulla. La televisione-verità, per usare una definizione più adeguata, ha solo pescato da ciò che già esisteva, dandogli una forma e una liturgia che nel tempo è diventata codice condiviso nella cultura nazionalpopolare. Il nostro grande errore di valutazione è credere che quei sentimenti, quelle bassezze umane, quelle lacrime sbandierate senza pudore, quelle gelosie, quei ricattucci, e persino quegli amorazzi turpi, siano lontani da noi, solo perché non abbiamo l’aspetto di un tronista o la verve di Tina Cipollari, e solo perché, tra le altre funzioni di questa forma televisiva, c’è proprio quella di farci catarticamente sentire migliori.

La vicenda di Sangiuliano e Boccia, nel suo squallore profondo, altro non è che l’espressione più sincera e parossistica dell’umanità, la stessa di cui certamente si nutrono i reality, ma che, vorremmo ben sperare, dovrebbe rimanere confinata alla vita privata o, qualora lo si desiderasse, a uno studio televisivo per un programma di intrattenimento che di certo nulla ha a che vedere con gli affari di Stato.

E dunque, per favore, non paragoniamo questo scandalo a una puntata di Temptation Island, che sta bene dove sta, tra le mani di Filippo Bisciglia e non di giornalisti e politici, e che, soprattutto, non si inventa nulla, al massimo qualche espressione ricorrente come «falò di confronto». La gelosia, i tradimenti, i favoritismi, le orrende parole con cui la destra ha difeso Sangiuliano, attribuendo la colpa di questo patatrac alla scaltrezza di Boccia, dipingendo l’ex ministro come una povera vittima, non se l’è inventate di certo Maria De Filippi. Piuttosto, è stato Berlusconi, il più sfacciato dei protagonisti di questo reality chiamato Repubblica, a capire che in televisione – e non solo – bisognava mettere la verità, bassa, brutta, sporca; è stato lui a capire che quel «ciarpame senza pudore» è ciò di cui si nutrono i racconti. Viviamo nell’illusione che la nostra classe dirigente abbia il dovere di mostrarsi, quanto meno pubblicamente, al di sopra di quel ciarpame. Facciamo i conti con questa cosa: nessuno ha preso ispirazione da Temptation Island. È la realtà che fa molto più ridere di un reality, o piangere, dipende dai punti di vista, e purtroppo non somiglia a nient’altro che a ciò che siamo, e che sì, a differenza di alcuni programmi, è assai trash.

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