Il 20 settembre 2024, Sophia Loren, la diva immortale, l’eterna icona di bellezza, e tante altre perifrasi di encomio che si possono usare per descrivere la sua figura statuaria, ha compiuto novant’anni.

Dalla sua festa, che la stampa ha definito «blindata», oltre all’elegante look Armani e alle foto che le varie celebrità invitate hanno condiviso sui loro profili social come testimonianza della partecipazione al grande evento capitolino, è trapelato anche un discorso che l’attrice ha letto ai suoi ospiti.

«Grazie per questa vita, per questo amore, e per questi ricordi che il tempo non potrà cancellare», dice Loren commossa dopo il suo breve monologo, accolto all’unisono come lezione di vita. A differenza di qualsiasi altro discorso sull’incancellabilità dei ricordi, nel caso di Sophia Loren, si può dire che non si tratta di retorica: difficile trovare una donna con un’immagine altrettanto incastonata nell’iconografia del Novecento.

Sophia Loren è il canone della bellezza femminile del dopoguerra, è l’allegoria del benessere all’italiana, è il corpo e il volto di ciò che, dagli anni Cinquanta in poi, è diventato immaginario collettivo, vanto, rappresentanza, simulacro. Sophia Loren che, oltre a tutto questo, è stata anche la quarta classificata all’edizione del 1950 di Miss Italia.

Facciamo un salto di 74 anni rispetto a quell’antica edizione del concorso e atterriamo nel presente, a Salsomaggiore Terme, storica località in cui viene eletta la reginetta di bellezza italiana dal 1946, anno simbolico per le conquiste femminili.

Le immagini che ci vengono in mente quando pensiamo all’atmosfera postbellica in cui si inserisce Sophia Loren, tra costumi interi pudichi, la voce di Totò che canta «Miss, mia cara Miss», acconciature scolpite a mo’ di capitello dorico e fisici forgiati dalla pastasciutta, è un tripudio di ingenuità e colore, tenero nel suo essere così emblematico di un’estetica ormai più che superata.

Erano altri tempi, come si dice in questi casi, e di oggettificazione del corpo femminile, sessismo e squallore nel giudicare l’aspetto di una donna con una paletta e un voto decimale ancora non se ne parlava granché. Miss Italia era, come è stato fino a non troppo tempo fa, il cosiddetto «trampolino di lancio», il primo passo che una donna determinata a entrare nel mondo dello spettacolo poteva fare, quando la parità di genere nel lavoro era impostata su ben altri parametri.

Oggi, invece, lo scenario che avvolge la competizione storica è decisamente cambiato: i fasti sono sfumati, l’atmosfera è decadente. Niente più diretta televisiva, niente più clamore mediatico, niente più grandi presentatori e prime serate su Rai1.

Dopo la retrocessione su La7 avvenuta nel 2013 (e un breve ritorno in Rai nel 2019), la discesa verso l’oblio si è fatta sempre più rapida, fino alla soluzione della diretta streaming dal sito dell’evento. E così, mentre Ofelia Passaponti prende la carica di Miss Italia 2024, a quasi ottant’anni dalla sua prima edizione, il mondo smette progressivamente di dare peso a quella che fu la tanto agognata corona da portare in giro per un anno.

Le ragioni del tramonto 

Cos’è successo a Miss Italia? Che fine hanno fatto le Mangano, Lollobrigida e Bosè? E Simona Ventura, Martina Colombari, Anna Valle e Roberta Capua? Tra le più recenti, Francesca Chillemi, Giusy Buscemi e Miriam Leone, accomunate dalla provenienza – come disse Simona Ventura alla conduzione nel 2014, «le siciliane la mandano sempre in buca» – e dalla carriera nel mondo del cinema e della fiction, sono forse le ultime vere Miss ad aver sfruttato quel palco come lancio per lo spettacolo.

Per il resto, potremmo forse individuare la prima vera crisi del concorso, il momento di epifania e risveglio collettivo rispetto all’anacronismo dell’evento, nel 2015, quando la candidata, poi incoronata, Alice Sabatini, disse che se avesse potuto viaggiare nel tempo avrebbe fatto un salto nel 1942, per vedere che vita faceva sua nonna.

La vincitrice di Miss Italia 2023, Francesca Bergesio (foto ANSA)

La gaffe, presto diventata meme, fu un punto di svolta per la percezione della kermesse, ormai troppo distante dalla familiarità gentile anni Novanta di Fabrizio Frizzi e approdata nel pieno vortice di riqualificazione internettiana di qualsiasi prodotto audiovisivo.

Ma se Sanremo, unico vero competitor in termini di longevità televisiva, è sopravvissuto al XXI secolo cambiando la sua pelle e adattando alle esigenze del contemporaneo la forma dell’evento, mutatis mutandis, la débâcle di Miss Italia è la prova del fatto che, almeno per quanto riguarda alcune aree dell’intrattenimento, i tempi sono davvero cambiati.

A niente è servito aprirsi alla categoria del curvy, Miss Forme Morbide, né le polemiche in anni berlusconiani sulla «valorizzazione del lato B» delle concorrenti, l’esclusione delle minorenni o l’inclusione (poi negata) di donne transgender. Oggi, Miss Italia è perlopiù nei video che diventano virali su TikTok durante le selezioni di Miss Romagna, tra le esibizioni improvvisate e grottesche delle ragazze in gara che danno vita a frammenti bollanti dagli utenti come «cringe», il peggiore degli aggettivi possibili quando si tratta di contenuti su internet.

Una tv migliore (almeno un po’)

Verrebbe da pensare che siamo migliorati, e che il tempo, come ci insegna Sophia Loren nella sua immutabile bellezza, con alcuni è più inclemente che con altri; certe cose, molte cose, diventano obsolete per contingenza.

Di sicuro, l’idea di mettere alla mercè di giudici e palette il corpo delle donne, campo di battaglia mediatica da tempi immemori, per quanto la manifestazione spinga sui suoi tratti tradizionali, vantando il suo prestigioso albo d’oro e puntando tutto sul concetto di eleganza più che su quello di seduzione e sessualizzazione di ragazze appena maggiorenni in costume da bagno, non è più così allettante in termini televisivi.

Ed è bene specificare «televisivo», perché il fatto che Miss Italia non sia più una manifestazione di punta del nostro palinsesto non dovrebbe farci illudere che la questione del corpo femminile ridotto a mero oggetto da valutare, giudicare, su cui sentenziare e a cui delegare il ruolo della donna stessa, sia evaporata insieme alle fasce di Miss Cinema e alle parure di gioielli Miluna.

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