- La Vienna asburgica a cavallo fra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, pullulava di interessanti personaggi con strane idee, della cui fauna Wittgenstein fu solo un esemplare.
- Questi personaggi erano accomunati da un pensiero che mirava sostanzialmente a una svalutazione del sapere scientifico e oggettivo, e a una simultanea rivalutazione di quello umanistico e soggettivo.
- Il titolo dell’opera maggiore, ma non migliore, di Robert Musil avrebbe potuto essere La Vienna di Musil, visto che lo scrittore si era concretamente ispirato per i suoi personaggi a persone reali e rappresentative dell’ambiente austriaco di inizio Novecento.
La Vienna di Wittgenstein (1996) di Allan Janik e Stephen Toulmin è un audace libro che presenta non solo un originale ritratto del filosofo austriaco, ma anche la variegata cornice fornita al suo pensiero dal mondo in cui nacque e si formò. In particolare, la Vienna asburgica a cavallo fra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, che pullulava di interessanti personaggi con strane idee, della cui fauna Wittgenstein fu solo un esemplare.
La controrivoluzione
Seppur molto diversi fra loro, questi personaggi erano accomunati da un pensiero che mirava sostanzialmente a una svalutazione del sapere scientifico e oggettivo, dedotto dai “fatti”, e a una simultanea rivalutazione di quello umanistico e soggettivo, espresso nei “valori”. Si trovarono coinvolte in questa controrivoluzione copernicana tutte le aree della cultura, che generarono altrettante “scuole di Vienna”: la pittura con Gustav Klimt ed Egon Schiele, l’architettura con Otto Wagner e Adolf Loos, la musica con Arnold Schönberg, Alban Berg e Anton Webern, la psicologia con Sigmund Freud e Alfred Adler, l’economia con Ludwig von Mises e Friedrich von Hayek, la filosofia del linguaggio con Ludwig Wittgenstein e Moritz Schlick.
La filosofia della scienza partecipò, e in buona parte anticipò, questa controrivoluzione con Ernst Mach. Le sue Lezioni scientifiche divulgative (1896) resero popolare anche fra i non addetti ai lavori un doppio riduzionismo positivista: della psicologia alle sensazioni, e della fisica agli esperimenti. Tra i suoi estimatori ci furono Albert Einstein, Niels Bohr e Werner Heisenberg, e tra i suoi detrattori Heinrich Hertz, Ludwig Boltzmann e Max Planck. Contro di lui scese in campo persino Vladimir Lenin, che in Materialismo ed empiriocriticismo (1909) accusò da sinistra Mach di essere un idealista reazionario, perché negava che le percezioni fornissero un’immagine oggettiva del mondo esterno.
Una critica da destra arrivò invece da Robert Musil nel saggio Sulle teorie di Mach (1908), che costituì la sua tesi di dottorato in psicologia. Secondo il futuro scrittore, il filosofo non sbagliava a rifiutare la metafisica, incarnata in nozioni quali gli atomi o l’etere, ma sbagliava a non rifiutare il meccanicismo, codificato nelle leggi scientifiche. Non stupisce dunque che il basso continuo che risuona nei Turbamenti del giovane Torless (1906) e nell’Uomo senza qualità (1930-1942) sia appunto quello dell’insufficienza della visione scientifica e oggettiva del mondo, e della necessità di un suo complemento filosofico e soggettivo.
La Vienna di Musil
Il titolo della sua opera maggiore, ma non migliore, avrebbe potuto essere La Vienna di Musil, visto che lo scrittore si era concretamente ispirato per i suoi personaggi a persone reali e rappresentative dell’ambiente austriaco di inizio Novecento. La prima delle quali è naturalmente lui stesso, che nel romanzo si incarna nel matematico trentaduenne Ulrich: una sua versione giovanile che, come Musil nel periodo tra la laurea in ingegneria nel 1901 e il dottorato in psicologia nel 1908, sente già di essere diverso da quello che era (nelle prime stesure del romanzo Ulrich si chiamava Anders, che significa appunto “altro”, “altrimenti”), ma non ancora uguale a quello che sarà.
Ulrich si trova in mezzo al guado, e ha preso un anno sabbatico per meditare sulle problematiche filosofiche viennesi che discute senza sosta con parenti, amici e conoscenti dentro il romanzo, e infligge senza pietà al lettore fuori. Il condensato propositivo delle sue elucubrazioni è «l’istituzione di un segretariato generale per tutti i problemi che richiedono una ugual dose di anima e di precisione»: cioè, un ministero delle Due culture, in sostituzione del ministero della Cultura unica. La quale però, allora come ora, non era certo la cultura scientifica, ma semmai quella umanistica, che tuttora impera e imperversa nei media.
Se Musil è l’alter ego di Ulrich esterno al libro, quello interno è la sua ventisettenne sorella Agathe, il cui ruolo fondamentale è testimoniato dal fatto che l’ultima versione preliminare dell’Uomo senza qualità si intitolava appunto La sorella gemella (1925-1928). In quella versione l’incestuoso rapporto fra i due fratelli è esplicito e palese, mentre nella versione pubblicata rimane represso o rimosso, benché ribolla sotto la superficie. In ogni caso, l’unica sorella di Musil morì bambina, e l’ispirazione per Agathe sta altrove: da un lato nella moglie Martha Heiman, più vecchia di sette anni, oltre che già vedova del primo marito e separata dal secondo, e dall’altro lato in Else von Czuber, compagna di studi di Musil a psicologia.
Il centro attorno a cui ruota la vita sociale del romanzo è Hermine Tuzzi, cugina di Ulrich, che mette a disposizione il proprio salotto per le inconcludenti riunioni nelle quali si dovrebbe organizzare l’Azione parallela in onore dei settant’anni di regno di Francesco Giuseppe. Il suo modello è Eugenie Schwarzwald, una specie di Marta Marzotto viennese, nota per le sue campagne a favore dell’educazione femminile e per la sua capacità di aggregazione sociale, ai cui richiami non rimasero indifferenti artisti di ogni genere, da Schönberg a Musil stesso.
Benché soprannominata Diotima, come la filosofa alla quale il Simposio attribuisce il concetto di “amore platonico”, nella citata versione preliminare del romanzo Hermine si immola a Urlich e viene addirittura violentata da lui. Ma nella versione pubblicata, mentre progetta di divorziare dal marito, ama appunto platonicamente l’industriale e intellettuale Paul Arnehim, la cui ispirazione è Walther Ratheneau, conosciuto da Musil a Monaco nel 1914.
A onor del vero, Rathenau visse una vita molto più romanzesca nella realtà che Arnheim nella finzione. Di origini ebraiche e figlio del fondatore della compagnia elettrica Aeg, egli ottenne infatti un dottorato in fisica e fu definito “un profeta, un filosofo, un mistico, uno scrittore, un magnate e uno statista”. Scrisse opere che vanno dal saggio La meccanica dello spirito (1913) al romanzo utopico Cosa succederà (1920), contribuì alla trasformazione dell’impresa del padre in una potente multinazionale e fu uno dei fondatori del Partito democratico tedesco. Durante la Repubblica di Weimar divenne ministro degli Esteri: fu lui a negoziare il Trattato di Rapallo del 1922 con l’Unione Sovietica, ma venne accusato di “cospirazione giudaico-comunista” dai nazionalisti e finì assassinato due mesi dopo la firma.
Tra realtà e finzione
Come nelle opere di Mozart e Da Ponte, le coppie principali dell’Uomo senza qualità sono tre: oltre ai fratelli incestuosi Ulrich e Agathe, e agli amanti platonici Diotima e Arneihm, ci sono anche i coniugi musicisti Walter e Clarisse, modellati su due amici dello scrittore: Gustav Donath e Alice Charlemont. Neppure loro vivono una sessualità normale, perché Walter è respinto da Clarisse e lei è attratta da Ulrich: come ormai possiamo immaginarci, nella citata versione preliminare lui la possiede, e in quella pubblicata la rifiuta.
È stato Walter a coniare per Ulrich, suo amico fin dalla giovinezza, la balzana espressione “uomo senza qualità”, che significa esattamente il contrario di ciò che dice: va infatti intesa nel senso di “qualità senza uomo”, come precisano i titoli di due capitoli del romanzo (i, 39 e 40). La critica sottesa non è infatti che Ulrich non abbia qualità, perché ne ha anzi molte e variegate, ma che esse non siano integrate in una personalità coerente, in omaggio ai crucci filosofici viennesi dell’epoca.
Quanto a Clarisse, con lo scorrere dei capitoli si manifesta sempre più apertamente la sua malattia mentale, che la spinge morbosamente in due direzioni contrapposte. Da un lato, verso un criminale di nome Moosbrugger, condannato a morte per l’assassinio di una prostituta e in attesa di esecuzione. E, dall’altro lato, verso un filosofo-ciarlatano di nome Meingast, ispirato a Ludwig Klages: anche lui partito da un serio dottorato in chimica e approdato alle stupidaggini della grafologia e della mistica, oltre che all’esaltazione del “primato dell’anima sullo spirito”.
Musil era affascinato da questa tipologia di caratteri, in tormentata tensione tra scienza e umanesimo. Oltre ai precedenti, tra i suoi personaggi secondari troviamo anche Gottlieb Hagauer, il marito che Agathe abbandona per stare con il fratello, e August Lindner, il vedovo che vuole convertire Agathe all’ascetismo all’insaputa del fratello. Il primo è modellato su Georg Kerschensteiner, che iniziò la propria carriera come insegnante di matematica e fisica, ma divenne poi noto per il suo pensiero pedagogico e la sua riforma del sistema educativo secondario tedesco. Il secondo è ispirato a Friedrich Wilhelm Foerster, figlio di un famoso astronomo e lui stesso famoso come pacifista e oppositore dei nazisti, che bruciarono i suoi libri nel 1933 e lo costrinsero all’esilio.
Non appartiene invece alla Vienna di Musil il concreto e simpatico generale Stumm von Bordwehr, che annaspa come un pesce fuor d’acqua nel mondo rarefatto e pervertito di Ulrich e Diotima. Egli è infatti completamente inventato, benché appaia più reale di molti dei personaggi mutuati dalla realtà. Non è un caso che abbia poi acquistato vita propria, proseguendo le proprie indipendenti avventure nel romanzo Le nozze degli unicorni (1981) di Wilhelm Muster.
Così succede quando realtà e finzione, cioè scienza e umanesimo, si mescolano in maniera inestricabile, fino a diventare indistinguibili. Le varie scuole di Vienna di un secolo fa amavano fare queste confusioni, ma Musil e L’uomo senza qualità non ci raccontano com’è andata a finire: con la Prima guerra mondiale, la dissoluzione dell’impero austro-ungarico e la scomparsa di quell’intero mondo. The proof of the pudding is in the eating, si dice in inglese: non sarà raffinato come in tedesco, ma significa che il budino viennese non ha retto alla prova del gusto e della digestione, ed è stato vomitato dalla Storia.
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