La buona qualità dell’educazione prescolare influisce non solo sulla riuscita scolastica, ma anche sulla qualità della vita dei futuri adulti. Molti segnali vanno nella giusta direzione: dagli albi per pedagogisti e educatori, a una normativa che punta a una maggiore integrazione del sistema
Il 2025 potrebbe essere un anno cruciale per il settore della prima infanzia e in particolare per il segmento 0-3. I due segmenti zerotre e tresei sono ancora scollegati per governance, gestione, accessibilità, approcci pedagogici e qualifiche del personale. La difficile attuazione dei Coordinamenti pedagogici territoriali (Cpt), chiamati a armonizzare l’offerta dei servizi per l’infanzia, il sottofinanziamento e le politiche irrazionali danno la misura degli ostacoli per raggiungere un’integrazione più efficiente.
Le evidenze scientifiche – dall’agenzia Eurydice all’Ocse e alla Rete europea per l’infanzia – e le politiche europee nel settore dei servizi per l’infanzia sottolineano che la qualità di un'educazione precoce non solo favorisce la riuscita scolastica dei bambini negli anni successivi, ma ha anche implicazioni sulla salute, sulla partecipazione al mercato del lavoro e sulla cittadinanza attiva: è un investimento sociale fondamentale per costruire una società inclusiva soprattutto per i bambini che si trovano in condizioni di svantaggio socio-economico.
Dalla nascita ai sei anni
Nella nostra legislazione, il Sistema integrato zerosei è un obiettivo raggiunto (D.lgs n.65/2017), ma la realizzazione di una reale continuità e un coordinamento dei servizi per l’infanzia dagli zero ai sei anni è ancora da sviluppare sul piano culturale, pedagogico e politico. L’Obiettivo 4 dell’Agenda 2030 riconosce “l’istruzione di qualità” come la base per migliorare la vita delle persone. La sfida educativa di oggi è pensare il prescolare come l’inizio di un percorso di formazione di qualità che è diritto alla conoscenza, alla cittadinanza, all’inclusione, al diritto di riscatto sociale; significa considerare il sistema integrato di educazione e istruzione zerosei come la realizzazione di un percorso educativo e scolastico che sostenga lo sviluppo di bambine e bambini dalla nascita fino ai sei anni «attraverso attività di progettazione, di coordinamento e di formazione comuni per sviluppare potenzialità di relazione, autonomia, creatività, apprendimento, in un adeguato contesto affettivo, ludico e cognitivo, e garantire pari opportunità di educazione e di istruzione, di cura, di relazione e di gioco, superando disuguaglianze e barriere territoriali, economiche, etniche e culturali» (D.lgs n.65/2017, art. 1).
Gli ambiti entro i quali le riforme potrebbero portare a un miglioramento della qualità dei servizi per l’infanzia si riferiscono ad accessibilità, professionalità degli operatori, orientamenti curricolari, processi di monitoraggio e valutazione, governance e finanziamento del sistema. A partire dal riconoscimento della professionalità educativa e pedagogica: qui siamo in un momento di svolta e ci sono elementi che segnalano un processo di cambiamento reale.
Pedagogisti ed educatori
Un esempio sono i servizi educativi e scolastici prescolari di Roma Capitale che hanno visto l’introduzione da gennaio della figura professionale del pedagogista come coordinatore – ruolo che in precedenza non necessitava di una tale qualifica – con l’obiettivo di portare nei servizi professionalità e qualità, attraverso una chiave di lettura più propriamente pedagogica nelle questioni organizzative-gestionali. Sono entrate quindi le nuove generazioni di coordinatori pedagogisti e con sempre più frequenza entreranno giovani educatrici e insegnanti che si sono laureati dopo il 2017 (il femminile indica la cronica carenza di figure maschili e la femminilizzazione dei contesti educativi e scolastici: dagli ultimi dati Ocse sono meno dell’1% i professionisti maschi che scelgono di lavorare con la fascia d’età 0-8 anni in Italia). Grazie infatti al D.lgs 65/2017 la qualificazione universitaria, formazione di base in ambito umanistico, istituisce il core delle competenze di cui professionisti dell’educazione devono essere in possesso.
Un altro segnale del processo di qualificazione della professionalità degli operatori educativi è la legge n. 55 del 2024, pubblicata il 15 aprile. Nonostante il giudizio controverso di diversi sindacati e associazioni, che intravedono il rischio di una spaccatura nel percorso di unificazione del sistema integrato zerosei, la norma contiene le nuove disposizioni in materia di ordinamento delle professioni pedagogiche ed educative e istituisce gli albi professionali dei pedagogisti e degli educatori professionali socio-pedagogici e i relativi ordini.
È indubbiamente un acceleratore dei processi di trasformazione della cultura per l’infanzia, e permetterà di sviluppare processi di rete, monitoraggio e valutazione e una connessione con le agenzie formative, le università, i progetti di ricerca-azione e ricerca-formazione fondamentali per innescare un dibattito culturale sull’infanzia.
L’assemblea dell’Omep
Infine, per la prima volta in oltre settant’anni si svolgerà il prossimo luglio 2025 in Italia, a Bologna, l’assemblea dell’Omep, Organizzazione mondiale per l’educazione prescolare, una organizzazione non governativa che dal 1948 promuove i diritti dei bambini in tutto il mondo, con particolare attenzione al diritto all’educazione e alla cura dell’infanzia dagli zero agli otto anni. Ha attualmente comitati nazionali in oltre 70 paesi del mondo, nasce intorno alla figura di Lady Allen di Hurtwood, e Alva Myrdal, che organizzarono conferenze e seminari sostenuti dall’Unesco. La prima assemblea avvenne nel 1948 a Praga.
Anche questo può essere letto come un segnale e un’opportunità importante per il nostro Paese, che rappresentato nell’Organizzazione fin dalla sua fondazione è attualmente tra quelli più influenti al mondo a livello culturale e per quanto riguarda il valore del lavoro creativo e artistico.
Sarà un momento significativo di confronto per promuovere i progetti di Omep Italia: «Creare una comunità educante per il sostegno ai luoghi di vita e ai contesti socioeducativi rivolti ai più piccoli, […] promuovere la partecipazione maschile al lavoro educativo e di cura […], ricercare e formare sui linguaggi espressivi e artistico-performativi come strumenti di intervento in ambito pedagogico-educativo, narrare l’infanzia […], diffondere i saperi e le buone pratiche dell’educazione professionale come risorsa contro le pratiche di pedagogia nera».
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