Si chiama proprio “Vieux”, è un progetto editoriale francese pensato per il pubblico anziano (che va in edicola). Mette la terza età al centro del dibattito pubblico, con ironia e con attenzione al dialogo intergenerazionale
Malheureusement, mi ci sono riconosciuta. Sfortunatamente, perché questo giornale appena uscito in Francia si chiama Vieux, ovvero vecchi, senza giri di parole né maquillage semantici: non “anziani”, non “perennial”, non “senior”, non “agées”, tantomeno diversamente giovani. Vecchi e basta, perché se lo sei diventato tanto vale farci i conti.
Mi ci sono riconosciuta perché ho letto il pezzo di Floriane Floresti e sì, anch’io cammino in mare parallelamente alla costa, tenendo le mani sui fianchi; anch’io trovo la musica nei locali sempre troppo forte; anch’io penso di guidare meglio «di tutti questi giovani stronzetti». Anch’io, come Daniel Auteuil – attore mito del cinema d’oltralpe intervistato da Antoine de Caunes – oramai mi commuovo per tutto.
Il target
L’idea di un giornale che si chiama Vieux è geniale, e non poteva che venire a dei francesi. Gli americani non avrebbero mai potuto: se negli Usa dai a qualcuno del “vecchio”, parte la causa per ageism. Ci vogliono esprit de finesse ed esprit de geometrie per concepire un giornale così disincantato, così ironico e allo stesso tempo sentimentale – ma anche sfrontato, perché quando scelgono di parlare di sesso, se esista davvero un’età in cui non si abbia più voglia di accarezzare ed essere accarezzati, titolano “Parlez-moi de cul” – e se ti scandalizzi è perché sei giovane, problema tuo.
A Levallois-Perret, Île de France, praticamente Parigi, dove ha sede la casa editrice CMI France, chiaramente sono partiti dall'idea che i boomer esistono e resistono, e forse si sono anche un po’ stufati della retorica “OK, boomer!” (segue rovesciamento d’occhi di giovane ignaro che un giorno sarà vecchio anche lui); di essere accusati di ogni nefandezza possibile. Soprattutto, l’editore ha ben chiaro che i vecchi continuano a leggere carta – anche se gli si abbassa la vista – e possono spendere 7,90 euro per un giornale. Che gli parli di loro con qualche tenerezza e dosato cinismo – non commuoviamoci troppo ché siamo francesi – e diverse belle penne.
Ce n’è abbastanza per incuriosire gli inserzionisti. All’ultima generazione che prenderà la pensione, quella vera con cui vivi senza andare a lavorare, si possono proporre pubblicità di viaggi, di vini, di abbigliamento, di auto, di beauty o salute, e di consumi culturali (festival, musica, libri): sono quelli di My generation, suonavano The Who, cantava Roger Daltrey, «I hope I die before I get old». È andata storta, mannaggia.
Un progetto ambizioso
Non a caso “Vieux, le magazine qu’on finira tous par lire”, il giornale che tutti finiremo per leggere, ha le sue belle ambizioni: tiratura del primo numero 100mila copie, ha dichiarato l’editeur Bertrand Gaillard de Saint Germain. Perché no, del resto? La Francia è un paese per vecchi, come l’Italia e molti altri paesi europei, dove ci si è conquistati, con il benessere e l’accesso alla sanità più o meno garantito, il diritto a diventare molto anziani; gli ottanta sembrano ormai il minimo sindacale, i novanta una pretesa ragionevole, e se guardiamo ai centenari della Sardegna non pare poi nemmeno di chiedere molto. E dunque quattro numeri l’anno (il prossimo esce il 19 settembre) a ragionare dell’essere vieux, senza tante storie ma con molte teste: artisti (uno per tutti il regista Patrice Leconte), filosofi, medici e accademici, politici e giornalisti. Tutti a «riflettere e sorridere del tempo che passa».
“À la French”, però: forti di un’insolente vitalité, come rivendica Antoine de Caunes nell’editoriale: sì, abbiamo perso in flessibilità e guadagnato in artrite, e sappiamo che non è vero che si sistemerà tutto, ma vogliamo divertirci, meravigliarci, appassionarci. Vieux ma très sexy, ha detto il direttore Romain Jubert presentando il giornale.
E dunque si parla d’amore con Barbara Cassin, che è un’immortale, ovvero uno dei 40 membri dell’Académie française di oggi, filosofa e filologa, ellenista e direttrice di ricerca al Cnrs, Centre National de la recherche scientifique.
L’intervista che le fa Romain Jubert è impudica e profonda fino a far male: ci sono i suoi molti uomini e la sua libertà amorosa, vissuta in accordo col marito; il ricordo della notte in cui lei rientra a casa da un “ailleurs” – un “altrove”, che modo spettacolare di dire le cose – e lui: «Ti amo quando hai il corpo felice»; c’è la telefonata che le fa suo fratello malato il giorno in cui muore: «Ti spiace se non ti aspetto? Perché adesso ho qui con me la mia compagna e i miei figli, e sono felice. Ti spiace se non ti aspetto?».
I temi
Si parla anche di morte, in Vieux, perché fa parte della vita, ma solo da una certa età in poi capisci davvero che riguarda anche te. Però quando si rischia di appesantire troppo il mix arriva il colpo d’ala, che si tratti di un monologo autoironico o di un ritratto di Willie Nelson, il mito del country che a 91 anni fa ancora un centinaio di concerti l’anno (da seduto, però); di una iniezione di consigli per mantenersi bene o spendere, o di una ricchissima sezione cultura, perché i vecchi leggono, vanno al cinema, amano ascoltare musica.
C’è anche il Cnav, Conseil National Autoproclamé de la Viellesse a dire la sua: il “Consiglio autoproclamato della vecchiaia” (nato nel 2021, 3mila membri in Francia, slogan “Niente per i vecchi senza i vecchi”) è composto da medici, deputati, uomini di scienza, scrittori, personalità che sappiano dire la loro sulla vecchiaia, anche in rapporto all’ecologia, alle relazioni tra sessi, al lavoro. È gente che non vuole né essere invisibile, né che altri decidano per loro. L’obiettivo è quello di partecipare a tutte le politiche pubbliche che riguardino gli anziani.
Altro punto forte del primo numero, ma si riproporrà regolarmente, è il confronto generazionale, perché opporsi tra giovani e vecchi alla fine è un gioco stupido, in cui tutti perdono; potremmo forse provare a capirci e imparare tutti qualcosa di nuovo. Nel primo Vieux appaiono dunque Salomé Saqué, giovane autrice del libro Sois jeune et tais-toi, Sii giovane e taci, e Camille Étienne, icona dei giovani ecologisti militanti, che incontra Brice Lalonde, padre della politica ecologista ed ex ministro dell’Ambiente. Tema: come agire davanti all’urgenza climatica?
Non è un caso, che il dialogo tra giovani e vecchi sia leit motiv di Vieux. Perché in fondo il principio ispiratore del progetto è una gag, fulminante e verissima, di Groucho Marx: «Dentro ogni vecchio c’è un giovane che si chiede cosa diavolo sia successo». Fa da titolo anche alla riflessione di Olivia Gazalé, altra filosofa, saggista e conferenziera, che però con i suoi 50 anni è quasi un’infiltrata nel contesto, ma ha scritto libri sull’amore, sul femminile e maschile, che le danno diritto di cittadinanza ovunque.
Qui si cimenta con l’“effetto Gilberte”, e finalmente siamo alla Recherche, ovviamente, del tempo perduto. Meglio: del tempo passato, che agli occhi degli altri ti ha trasformato in tua madre, perché è per lei che ti prendono: come accade alla Gilberte di Marcel Proust e alla stessa Gazalé. Malheureusement.
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