Tutto è XXL in questa storia: il successo di lei; il denaro di lui; il glamour della coppia; il livello delle loro relazioni; l’ambizione della sfida. Bigger than life, esagerata, come dicono gli americani: basti pensare che si tratta, appunto, di riportare in vita Life.

Lei è Karlie Kloss, una delle donne più affascinanti del mondo, top model 32enne, da 15 anni al vertice del sistema moda. Ex angelo di Victoria’s Secret, volto di Chanel, Louis Vuitton, Dior, è anche una delle poche “New Supers”, ovvero modella d’oggi che per presenza e carisma può essere paragonata alle mitiche-per-sempre Naomi Campbell, Christy Turlington, Claudia Schiffer, Linda Evangelista e Cindy Crawford.

Basterebbe, ma ha anche fondato Kode with Klossy, piattaforma per avvicinare le ragazze al mondo delle Stem: le discipline (Science, Technology, Engineering, Mathematics: scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) che costituiscono la lingua del futuro, ma tuttora le donne parlano poco.

Lui è suo marito, ma la bio di Joshua Kushner richiede più righe: perché, a modo suo, è top model anche lui, 39enne, esemplare di razza della razza dei billionaire americani, fondatore di Thrive Capital (fondo di investimenti ad alto rischio), nonché fratello di Jared Kushner, egli stesso ricchissimo businessman e in più genero di Donald Trump per aver sposato sua figlia Ivanka (ne è anche stato advisor). Jared è un convinto repubblicano, Joshua di dichiarate simpatie democratiche.

Insieme, Karlie & Joshua formano una delle giovani coppie più potenti d’America. E la spina dorsale di Bedford Media («New media, old soul»), la società che a fine marzo ha annunciato di voler rilanciare uno dei pezzi più pregiati del giornalismo internazionale, lo storico magazine americano Life, e promesso di rimetterlo sul mercato a inizio 2025.

La storia di un mito

L’operazione è complessa, almeno quanto le vicende del mitico Life. Che nasce nel 1883 come rivista satirica, diventa nel 1936 – grazie a Henry Luce, fondatore di Time – la rivista che per prima investe sul fotogiornalismo e lo fa diventare mito. Sulle sue foto a tutta pagina, sui suoi 120mila reportage, si è formato l’immaginario di più generazioni nel mondo, fedeli al motto del giornale «To see life; to see the world».

L’apice si raggiunge durante la Seconda guerra mondiale: lo sbarco in Normandia è documentato da reportage di Robert Capa; la foto del bacio tra un marinaio e un’infermiera, scattata da Alfred Eisenstaedt con una Leica Illa alle 17 e 51 del 14 agosto 1945 a Times Square, diventa il simbolo della fine del conflitto. Le vendite di Life nel mondo superano quota 13 milioni di copie a settimana.

Un successo straordinario, ma il pianeta dei media pian piano si affolla, e negli anni Settanta comincia il declino: troppo costoso produrre reportage. Fino al 1972 Life resta settimanale, poi sopravvive senza cadenza fissa, dal 1978 al 2000 diventa mensile, quindi supplemento. La concorrenza di internet si fa insostenibile: l’ultimo numero di Life appare il 20 aprile 2007, in copertina il busto di due presidenti americani, JFK e Lyndon Johnson nel Parco dei Presidenti a Black Hills, South Dakota.

Una sfida complicata 

Perché due millennial decidono di ridar vita a quello che oggi appare un dinosauro, sia pur prestigiosissimo? E come farlo funzionare, ai tempi dello scroll infinito e di una capacità d’attenzione da calcolare in microsecondi?

La passione della loro generazione per il vintage non basta, evidentemente, a spiegare il perché di questo progetto editoriale. «Siamo profondamente ispirati dall’eredità iconica di Life e dalla sua capacità di connettere un pubblico trasversale con il racconto della Storia», ha spiegato Kloss (chairwoman di Bedford Media), annunciandone il rilancio in un panorama editoriale definito «caotico».

Kushner, che ne sarà l’editore, ha invece dichiarato che il valore di Life «risiede nella sua capacità di fondere cultura, attualità e vita quotidiana». Che per ora si tradurrà in un periodico grazie all’accordo raggiunto con il colosso editoriale Dotdash Meredith (“America’s largest Digital and Print Publisher”: possiede Life dal 2021 ma in portfolio ha anche People, Real Simple, Travel+Leasure). La coppia ha acquistato i diritti per la distribuzione sia cartacea sia digitale della rivista; non sono state rivelate le cifre dell’accordo.

Le opportunità economiche che genera un nome che ha fatto la storia del fotogiornalismo sono naturalmente moltissime, a partire dalla possibilità di licensing e di costruire mostre che girino il mondo. C’è un problema, però. Perché se Bedford Media gestirà tutte le operazioni per il nuovo magazine, dalla strategia editoriale alle diverse attività mediatiche, Dotdash Meredith manterrà i diritti sull’archivio, cioè sulla pepita d’oro della faccenda: i milioni di foto e i contenuti di Life. Inoltre, manterrà il diritto di pubblicare numeri speciali monotematici di Life. Il percorso editoriale, insomma, potrebbe essere complesso. Ma Karlie non è affatto nuova ad avventure nel mondo dei media: Bedford ha già investito nei magazine di moda W e i-D, altri nomi dalla storia importante, nel loro ambito.

La strategia 

Finora la new media company non ha fatto altri annunci sulle sue intenzioni. Sull’Instagram di Karlie Kloss (12,6 milioni di follower) è apparso soltanto un post il 28 marzo, con la gloriosa testata e il commento «Josh e io siamo onorati di far continuare l’eredità di Life». Con una pubblicazione trimestrale, come sembra, che uscirà a inizio 2025.

Così la curiosità sull’operazione aumenta, insieme al gossip sui media più informati. Il settimanale economico francese Challenges ha addirittura avanzato l’ipotesi che Life possa rinascere come magazine di moda. Rifarsi al suo codice genetico, raccontare il mondo attraverso le immagini producendo reportage, insomma, costa carissimo: servirà molta pubblicità per renderlo possibile.

La tesi, ardita ma con una sua logica, è questa: Life è prima di tutto un brand, e la coppia Kloss-Kushner conosce bene l’enorme potenziale di un brand affermato; i nomi della moda, oggi, sono interessati a proporsi come creatori di contenuti non soltanto di stile ma sempre più anche culturali, per l’impatto che hanno sul pubblico e il ritorno in reputazione; la moda ha i soldi che la stampa non ha; Karlie è una protagonista espertissima di quel mondo e ha sia i contatti giusti da coinvolgere sia la testa per usarli al meglio.

E può sempre guardare ad Anna Wintour – direttrice “a vita” (come fu annunciato da Condé Nast nel 2018) di Vogue America, nonché Global Editorial Director di tutta la casa editrice – come modello evolutivo.

La società di capitale di ventura fondata dal marito quando aveva 25 anni, infine, Thrive Capital, ha già sostenuto imprese come Spotify, Slack, Instagram, Instacart, Stripe e, recentemente, la società di produzione cinematografica A24 (nota, tra l’altro, per i film vincitori di premi Oscar Moonlight e Everything everywhere all at once). Di risky business ne ha gestiti molti, e gli sono serviti ad accumulare un patrimonio netto, secondo Forbes, da 3,6 miliardi di dollari.

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