La chance di conquistare il pass olimpico per la pallanuoto italiana maschile passa dell’Europeo di Dubrovnik-Zagabria, al via il 4 gennaio. Il Settebello deve affrontare il paradosso che ogni quattro anni si ripete: perché le squadre italiane faticano a qualificarsi ai Giochi?
Vecchio lupo di mare e di vasche olimpiche, Sandro Campagna è sicuro che l’Italia riuscirà a portare a Parigi «cinque squadre». Naturalmente una è la sua: il Settebello. La chance di conquistare il pass olimpico per la pallanuoto italiana maschile passa dell’Europeo di Dubrovnik-Zagabria, al via il 4 gennaio.
In palio c’è un posto solo, e non è scontato che gli azzurri riescano nell’impresa di acciuffarlo al primo colpo. Il girone è spinoso (Georgia, Ungheria e Grecia) e la nuova formula prevede un ottavo di finale duro, equilibrato.
Campagna, che è un ct di lungo corso e ne ha viste tante da non fasciarsi mai la testa prima del dovuto, ammette: «Il pass a questo evento non è un’ossessione. C’è solo la consapevolezza che dovremo dare il massimo perché nessuno ci regala niente. Più che all’Europeo guardiamo al Mondiale: lì di posti per andare ai Giochi ce ne saranno quattro. Ma pensiamo step-by-step».
L’evento in Croazia ha però un valore intrinseco. Non soltanto perché mette insieme il meglio del meglio delle calottine continentali («E il livello tecnico è anche più alto di un Mondiale»), ma perché vincerlo significherebbe interrompere lo stallo degli sport di squadra in chiave olimpica. A pochi mesi dai Giochi nessun team azzurro è già con la testa lì. Non ancora.
Grandezza della nazione
Quello delle squadre azzurre qualificate per i Giochi è un paradosso che si ripresenta ogni quattro anni. Perché team vincenti, squadre ben posizionate nei vari ranking per disciplina, faticano a strappare un biglietto per l’appuntamento olimpico?
Le qualificazioni assomigliano più ad atti di fede: ne serve uno ogni volta che si è sull’orlo del baratro. È il brivido del fallimento da scongiurare con la grande prestazione. Così l’Italia s’è desta. Campagna sostiene che «è ingiusto dire che non siamo una nazione da sport di squadra».
E a dircelo è pure la nostra storia. Ad Atene 2004 l’Italia toccò il record (mai più eguagliato per la verità) inviando addirittura otto squadre alla spedizione olimpica (volley maschile e femminile, pallanuoto maschile e femminile, baseball, softball, e le nazionali maschili di calcio e basket).
Alcune finirono sul podio. Il calcio del ct Claudio Gentile chiuse con un mirabolante terzo posto battendo l’Iraq; la pallavolo di Gian Paolo Montali interruppe la cavalcata sul più bello (ma solo perché davanti c’era il Brasile). Anche a Tokyo 2021, in un clima surreale, segnato dalla pandemia, il numero di squadre qualificate era stato alto: sei in tutto, cioè volley maschile e femminile, pallanuoto e basket maschili, basket 3×3 femminile e softball.
Gli sport di squadra sono degli indicatori: misurano la grandezza di una nazione. Trattò l’argomento Limes, il periodico di geopolitica, a ridosso dei Giochi di Londra, nel 2012, tratteggiando un’Italia come una nazione di santi ed eroi da sport di squadra. «Un vettore della potenza di uno stato». Tanto che il Belpaese risultava terzo nel mondo nelle discipline maschili davanti nientemeno che agli Usa.
Tutta la forza dei movimenti sportivi nazionali non è però sufficiente per prendersi un posto alle Olimpiadi, spesso i criteri di qualificazione europei ai Giochi sono più stretti della cruna di un ago e il vero miracolo è arrivare a strappare il pass senza rimanere incagliati in qualche torneo o in una giornata sbagliata.
D’altra parte, l’Olimpiade è di tutti. Non per tutti. Un concetto che Campagna definisce «universatilità». Vale a dire: permettere a tutti di approdare ai Giochi, anche a paesi senza tradizione in un determinato sport.
Un percorso duro
Di certo l’anno che sta arrivando sarà bello. E lucente. Soprattutto sarà un anno olimpico. Ma perché sia davvero competitivo serve che le squadre azzurre accedano a Parigi 2024 senza intoppi. Per come si stanno mettendo le cose il remake di Rio 2016, con quattro squadre partecipanti a quell’edizione, è un’opzione da non scartare.
Pesa l’esclusione dall’edizione parigina di softball e baseball, sport in cui avevamo delle chance. Calcio e basket femminile hanno già abbandonato ogni speranza mancando il pass a cinque cerchi. L’Under 21 delle ragazze manca ai Giochi da Pechino 2008, mentre per ritrovare l’ultima apparizione dalla nostra pallacanestro femminile bisogna tornare ad Atlanta 1996. Il basket maschile ha qualche possibilità. Con gli occhi della tigre, non più di un mese fa il ct Gianmarco Pozzecco ha assicurato che l’Italia «farà di tutto per raggiungere un obiettivo altissimo: l’Olimpiade».
E però il percorso è duro, complicato, difficile. L’ottavo posto ai Mondiali di Manila ha mostrato qualche incertezza e ora il Preolimpico, in programma a Portorico in luglio, diventa cruciale. Dopo le luci della ribalta sul cemento di Tokyo, il basket 3×3 femminile è in calo (ma qualche possibilità c’è); quello maschile non c’è.
E il rugby a sette ha fallito la qualificazione (e forse anche la strutturazione di un vero progetto). Poche le speranze per l’hockey prato (le azzurre ci proveranno al Preolimpico in India dal 13 gennaio), mentre la pallamano non è mai stata in corsa. Poi c’è il volley.
Dopo un Europeo così così, tra polemiche e mezze ripicche, le donne sono chiamate alla qualificazione senza fronzoli; con l’arrivo in panchina di Julio Velasco il sogno e l’ambizione sono tornate a scintillare. Meno problematico, almeno sulla carta, il percorso della nazionale maschile: la squadra di Fefé De Giorgi è sicura del fatto suo, forte anche dei titoli conquistati negli ultimi anni, non ultimo il secondo posto europeo.
Certezze
Questo divenire che attende i team azzurri lascia però tutto nel vago e nel possibile, concetti che lo sport ripudia per definizione. Servono certezze. Altrimenti dove vai. Certezze che possono arrivare proprio dal Settebello e dal Setterosa agli Europei. Dopo la mancata qualificazione a Tokyo, le ragazze della pallanuoto sentono che il momento del riscatto è lì, è arrivato. Ferocia e grandezza infuse by Carlo Silipo, il ct che ha rimesso le azzurre sul podio mondiale (bronzo) appena un’estate fa a Fukuoka. «Quel risultato ci ha dato consapevolezza».
Il clou, le azzurre, se lo presero battendo le dee della nazionale Usa. «Il ricordo di quell’impresa ci deve dare fiducia e cattiveria», commenta Silipo, «ma le ragazze possono fare qualcosa in più, lo hanno dimostrato proprio battendo le americane. È una cosa che fa parte del passato. Però serve a capire che quando vogliamo qualcosa, quando ci impegniamo, nulla è impossibile».
Il torneo femminile in programma in Olanda, a Eindhoven (dal 5 al 13 gennaio), è perciò un appuntamento cruciale, che può mettere le ragazze di Silipo sul binario olimpico. Quello del comandante napoletano è, dice lui, «un lavoro iniziato due anni e mezzo fa. Ma andare ai Giochi non è scontato, non è facile. E però vogliamo andarci. Lo merita il gruppo. È l’esperienza che ci manca».
L’Italia se la vedrà nel girone con Spagna, Israele e Francia. Passato il turno tutto è possibile. Più una che una eventualità, quella di Parigi è una missione. «Dobbiamo portarla a termine».
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