Portano sul palco dell’Ariston un testo di una canzone composta dai tweet delle recenti manifestazioni contro il regime in Iran, che parla dei tanti diritti negati nel paese e finisce con il celebre slogan «donne, vita, libertà»
A sorpresa, nella seconda serata di Sanremo arriva Pegah Moshir Pour, attivista che si batte per i diritti delle donne iraniane. Con lei Drusilla Foer, il personaggio femminile dell’attore Gianluca Gori che l’anno scorso fece discutere per la sua partecipazione alla conduzione di Sanremo. Una partecipazione svelata oggi durante la conferenza stampa di rito. Portano sul palco dell’Ariston un testo usato anche in una canzone composta per le recenti manifestazioni contro il regime in Iran, Baraye, che parla dei tanti diritti negati nel paese e finisce con il celebre slogan «donne, vita, libertà». Un brano premiato anche ai recenti Grammy.
La storia
Lucana, di origine iraniana, si legge sull’”Associazione italiana giovani unesco”, Pegah Moshir Pour è nata tra i racconti del “Libro dei Re” cresciuta tra i versi de “La Divina Commedia”.
Si è laureata alla magistrale di ingegneria edile e architettura e lavora come consulente tecnologica nella società di consulenza. EY. «Nomade culturale ed europeista con esperienze trasversali», si legge sulla sua biografia, si occupa cittadinanza “ragazzi della terza cultura”, cittadinanza ed etica digitale.
Nelle scuole parla di empowerment femminile e linguaggio e digitale. Lei stessa cura un account Instagram dove parla di Iran. A dicembre ha girato un appello appello «all’Italia e la sua rappresentanza alle Nazioni Unite» per votare a favore dell’espulsione dell’Iran dalla Commissione Onu sulla condizione delle donne, il regime nasce su impronta misogina.
«Le donne vengono massacrate a manganellate in testa, vengono uccise, i corpi si negoziano in cambio del silenzio delle famiglie, vengono stuprate nelle carceri. I medici hanno dichiarato che le guardie della rivoluzione e i basiji mirano le pistole ai volti, ai semi e genitali delle donne. Il regime non deve avere spazio»
Il suo sogno «è viaggiare nello spazio e lavorare nell’architettura spaziale». Collabora con realtà culturali ed istituzioni iraniane «per continuare a studiare e operare attraverso la cultura, dove i popoli, lingue e tradizioni trovano punto di incontro, per un futuro inclusivo e aperto bisogna incontrarsi».
L’istruzione
La cultura d’altronde è uno dei temi che segue maggiormente. In una lettera aperta rivolta ai rettori delle università italiane scritta Pegah Moshir Pour chedeva di creare dei corridoi universitari per gli studenti iraniani: «Quindi – rispondeva a Bergamo News lo scorso novembre – bisogna guardare con maggiore attenzione a questi ragazzi e non costringerli a tornare in Iran, aiutarli a trovare un lavoro, una collocazione! A tal fine, gli Atenei dovrebbero organizzarsi per aprire dei “corridoi accademici”: organizzare l’assegnazione di borse di studio per consentire agli studenti iraniani di proseguire la propria carriera universitaria qui, perché in Iran, nelle strutture che dovrebbero essere il tempio del sapere e dell’umanità, oggi c’è purtroppo solo violenza e sangue.
© Riproduzione riservata