L’età fragile di Donatella Di Pietrantonio per Einaudi è il libro vincitore del Premio Strega. L’età fragile di Donatella Di Pietrantonio è il libro primo nella classifica di mezza estate, stagione importante per il mercato editoriale: quella delle vacanze, dei libri sotto gli ombrelloni, del maggior tempo per leggere (sì, perché leggere è un’attività meravigliosa, ma solitaria, che richiede tempo, concentrazione, determinazione, a volte persino silenzio).

Anche scrivere è un atto solitario che richiede più o meno le stesse condizioni.

Quando Donatella Di Pietrantonio il 4 luglio ha vinto il Premio Strega, dopo la sorsata del liquore giallo che ritualizza la vittoria ha detto: «Ringrazio la Fondazione Bellonci e gli Amici della Domenica, i miei compagni e compagne di viaggio, di cui ho già nostalgia; il mio editore come squadra, perché la scrittura è un atto molto solitario ma il libro come prodotto finale è la risultante di un lavoro di squadra fatto con grande professionalità e grande amore. Prometto che userò la mia voce scritta e orale in difesa di diritti per cui la mia generazione di donne ha molto lottato e che oggi mi ritrovo a verificare non più scontati».

Il romanzo

Donatella Di Pietrantonio è una donna molto simpatica, fa la dentista a Penne, un paesino in provincia di Pescara. Anche se ha vinto il Campiello con L’arminuta, un libro di enorme successo (da quasi mezzo milione di copie), e ora lo Strega con L’età fragile, (che veleggia verso le cento), cioè i due più importanti e soprattutto ambiti premi letterari italiani, non se la tira per nulla. E peraltro stava benissimo, nella serata del premio, nel suo elegante abito da sera nero e a fiori di Etro. Nessuno l’aveva mai vista così. Veste sobrio come la sua scrittura. Scabra, potente, profonda.

All’origine de L’età fragile c’è un episodio di cronaca che risale agli anni Novanta nel cuore dell’Abruzzo appenninico, quando l’orrore si era insinuato in un luogo fino ad allora immacolato.

Amanda prende per un soffio uno degli ultimi treni e torna a casa, in quel paese vicino a Pescara da cui era scappata di corsa. A sua madre basta uno sguardo per capire che qualcosa in lei si è spento: i primi tempi a Milano aveva le luci della città negli occhi, ora sembra che desideri soltanto scomparire, si chiude in camera e non parla quasi.

Vorrebbe tenerla al riparo da tutto, anche a costo di soffocarla, ma c’è un segreto che non può nasconderle. Sotto il Dente del Lupo, su un terreno che appartiene alla loro famiglia e adesso fa gola agli speculatori edilizi, si vedono ancora i resti di un campeggio dove tanti anni prima è successo un fatto terribile.

Non esiste un’età senza paura. Siamo fragili sempre, da genitori e da figli, quando bisogna ricostruire e quando non si sa nemmeno dove gettare le fondamenta. Ma c’è un momento preciso, quando ci buttiamo nel mondo, in cui siamo esposti e nudi, e il mondo non ci deve ferire.

Per questo Lucia, che una notte di trent’anni fa si è salvata per un caso, adesso scruta con spavento il silenzio di sua figlia. Quella notte al Dente del Lupo c’erano tutti. I pastori dell’Appennino, i proprietari del campeggio, i cacciatori, i carabinieri. Tutti, tranne tre ragazze che non c’erano più.

I saggi

Nella saggistica, letture più impegnative, ma perché rinunciarvi proprio d’estate quando si ha più tempo per pensare? Guida la classifica Mordere il cielo di Paolo Crepet, un’esortazione a ribellarci all’indifferenza, seguita dall’autobiografia postuma di Michela Murgia, morta il 10 agosta dello scorso anno (ne riparleremo) Ricordatemi come vi pare, entrambi Strade blu Mondadori, come ricorda anche il muro di Centocelle, a Roma, che immortala il sorriso di Michela grazie ai 100 mq disegnati dell’artista Laika per Arci Gay, autorizzato dal Municipio V e realizzato grazie al sostegno di Einaudi, Mondadori e Rizzoli (case editrici dell’autrice).

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