Sara Paretsky ha invaso un terreno totalmente maschile come quello dei romanzi hard boiled per capovolgerne la tendenziale misoginia affidando il ruolo di protagonista a una investigatrice
- Minimum Fax ha pubblicato, tra le sue novità di novembre, la traduzione del romanzo di Sara Paretsky del 1982, Indemnity Only, col titolo I re della truffa.
- La vera novità introdotta da Paretsky, e la ragione per la quale i suoi romanzi sembrano, ancora oggi, profondamente innovativi, sta nella scelta di “invadere” un terreno totalmente maschile come quello dell’hard-boiled, e capovolgerne la tendenziale misoginia.
- Il ruolo di protagonista è infatti affidato a un’investigatrice, V.I. Warshawski, che non è un “uomo travestito” ma una donna a tutti gli effetti, e che non si tira indietro davanti a nulla.
Quando nel 1982 esce negli Stati Uniti Indemnity Only, il primo romanzo di Sara Paretsky, la letteratura crime americana è in una fase interlocutoria. Devono ancora fare la loro comparsa i grandi autori che ne segneranno la rinascita, da James Ellroy a Michael Connelly, da Dennis Lehane a Don Winslow, e a dominare la scena sono i maestri degli anni Cinquanta, soprattutto Ed McBain ed Elmore Leonard.
Fin dal titolo originale (la traduzione italiana, peraltro pertinente rispetto alla trama, è I re della truffa), Paretsky rende deliberatamente omaggio a uno dei re del noir, James M. Cain, e a quel Double Indemnity che, superbamente trasposto per il cinema da Billy Wilder, sarebbe passato alla storia in Italia come La fiamma del peccato.
Ed è alla grande letteratura noir e hard-boiled degli anni Trenta che bisogna guardare, per capire quali siano le radici e quali i modelli cui questa scrittrice nata quasi per caso, ma sulla base di solidissime e ragionate letture, ha deciso di attingere.
Nel solco dell’hard boiled
Al centro dei Re della truffa c’è V.I. Warshawski. Figlia di un poliziotto polacco e di una casalinga italiana appassionata d’opera e devota al penultimo re d’Italia (i suoi due nomi, nascosti dietro le iniziali, sono Vittoria e Iphigenia), dopo aver lavorato per l’ufficio del Procuratore e dopo un matrimonio poco felice con un avvocato di grido ha aperto uno studio di investigazioni nella sua città natale, Chicago, e si occupa soprattutto di segreti industriali e di concorrenza sleale.
Finché non si trova a dover indagare su un doppio omicidio, dietro il quale si nasconde una colossale truffa che coinvolge un potente sindacato, un gangster che sembra una diretta emanazione dell’era di Al Capone e di Frank Nitti, una società di assicurazioni e – forse – una delle banche più ricche e potenti degli Stati Uniti.
Nel pieno rispetto di una tradizione che ha i suoi antesignani nel Sam Spade di Dashiell Hammett e nel Philip Marlowe di Raymond Chandler, Warshawski non si tira indietro davanti a nulla: neppure ai ripetuti e non sempre garbati consigli di chi l’ha assunta e ora vuole che la smetta di ficcare il naso dove non deve.
E come Marlowe e Spade, anche lei si prende una consistente razione di botte, litiga con la polizia e con il vecchio collega del padre, Mallory, irascibile e protettivo, affronta con lingua tagliente e con un’ironia che sconfina nel sarcasmo i principali sospettati, arriva alla verità e risolve il caso, con tanto di resa dei conti finale.
Tanto basterebbe per fare di Sara Paretsky un’erede fedele, elegante, forse appena rétro, di una grande tradizione di genere. Nei Re della truffa, come del resto nei romanzi successivi della serie di Warshawski, arrivata oggi a più di quindici titoli, la scrittura è sempre affilata, le trame sono solide e complicate il giusto, il ritmo è scoppiettante e i dialoghi non perdono un colpo. Si ride e non ci si annoia un solo secondo.
Ad aggiungere un elemento di forte originalità c’è una Chicago che, a decenni di distanza dall’età del Proibizionismo e dei gangster, non ha perso niente della sua ferocia (“Hog Butcher for the World”, del resto, era l’appellativo riservatole dal suo più grande poeta, Carl Sandburg). Una metropoli che V.I. Warshawski percorre ed esplora nel corso delle sue indagini, descrivendola con minuzia di particolari e creando una vera e propria toponomastica per il lettore, non diversamente da quanto aveva fatto Chandler con la sua Los Angeles.
Una detective senza precedenti
La vera novità introdotta da Paretsky, e la ragione per la quale i suoi romanzi sembrano, ancora oggi, profondamente innovativi, sta nella scelta di “invadere” un terreno totalmente maschile come quello dell’hard-boiled e della detective story, e capovolgerne la tendenziale misoginia (ulteriormente esasperata, negli anni del dopoguerra, dal Mike Hammer di Mickey Spillane) affidando il ruolo di protagonista a un’investigatrice che non è un “uomo travestito” ma una donna a tutti gli effetti.
Con la sua vita sentimentale complessa e a tratti turbolenta (nei Re della truffa, il piacente assicuratore Ralph Devereux, con il quale avvia una relazione, finirà per metterla nei guai, spinto dalla smania di proteggerla), le sue incrollabili amicizie – il personaggio di Lottie Herschel, medico in un quartiere povero e a rischio, che cura i pazienti quasi a titolo gratuito e in passato non ha esitato a praticare aborti in un’epoca nella quale erano ancora illegali, è tra i più felici del romanzo – la sua capacità di empatia, il suo odio per i ricchi e per la loro propensione endemica al crimine.
Nell’introduzione ai Re della truffa, scritta per il trentennale dalla prima pubblicazione, Paretsky racconta di un «fatale giorno d’ottobre» nel quale, per la prima volta, ha immaginato la sua detective: «Non era una Philip Marlowe in gonnella: somigliava di più a me e alle mie amiche, perché faceva un lavoro che non era esistito per le donne durante la nostra adolescenza».
Quando il cliente che le offre l’incarico nelle prime pagine del romanzo si chiede se «una ragazza» possa fare il lavoro per il quale la sta ingaggiando. Warshawski risponde: «Sono una donna, signor Thayer, e so badare a me stessa. Se non sapessi farlo, non farei questo mestiere. Se le cose dovessero farsi pesanti troverò un modo per gestirle, o ne pagherò le conseguenze».
C’è durezza e c’è orgoglio, in queste parole. E la durezza, l’orgoglio, il sarcasmo ma anche l’empatia verso le vittime e i deboli sono i tratti distintivi di questa detective senza precedenti e forse senza vere eredi (eccezione parziale, la Petra Delicado di Alicia Giménez Bartlett).
Non è allora un caso che, nella sua unica incursione cinematografica, uscita sul mercato italiano con l’orribile titolo Detective con i tacchi a spillo, Warshawski abbia avuto come interprete Kathleen Turner: l’attrice che, in Brivido caldo e La guerra dei Roses, ha contribuito a riscrivere, o addirittura a sovvertire, le due categorie tradizionali entro le quali, sullo schermo come sulla pagina scritta, erano stati imbrigliati i personaggi femminili: la femme fatale e l’angelo del focolare.
Sara Paretsky è autrice del libro Indemnity Only (1982), edito e tradotto col titolo I re della truffa da Minimum Fax (a cura di Luca Briasco, 2020)
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