«Abbiamo combattuto assieme per riconquistare la libertà per tutti: per chi c’era, per chi non c’era e anche per chi era contro...». Le parole di Arrigo Boldrini “Bulow”, si adattano bene alla situazione attuale, anche se lo storico partigiano ravennate probabilmente non si sarebbe mai aspettato il panorama politico italiano in cui ci troviamo.

Questa Festa della Liberazione, come ben ci dimostra il nostro presidente del Senato Ignazio La Russa, sarà la prima con un governo apertamente nostalgico del ventennio fascista. Da un certo punto di vista è un esame di maturità della Repubblica, avremo la prova se le nostre istituzioni, per dettato costituzionale antifasciste, sapranno reggere l’urto e mantenere la barra dritta anche se gestite da forze che rappresentano i cosiddetti “vinti” della Seconda guerra mondiale. Di fatto, stiamo vivendo un momento storico.

La guerra partigiana ha significato il riscatto del nostro paese dopo vent’anni di dittatura fascista, un periodo umiliante per noi italiani, perché abbiamo accettato che quel movimento modificasse la percezione dei valori umani: guerra, violenza, discriminazione, razzismo, antisemitismo e misoginia erano diventati valori di stato.

Abbiamo vissuto una parabola che ci ha portati, poi, nel baratro della Seconda guerra mondiale. L’affrancamento da questa situazione, dovuto in primo luogo alla perseveranza degli antifascisti che hanno sofferto la persecuzione per tutto il ventennio, è iniziato il 25 luglio 1943 con la caduta del fascismo, ed è proseguito l’8 settembre, attraverso l’armistizio con gli alleati, una data fondamentale e spesso poco considerata.

Venti mesi

Da quel momento si è dato vita alla Resistenza, alla guerra partigiana che è culminata con l’insurrezione del 25 aprile 1945. Venti mesi durissimi, contraddistinti da una feroce occupazione tedesca, e dagli altrettanto brutali spasmi di un regime morente che in tutti modi non si è arreso alla sconfitta.

Una disfatta non solo militare, ma anche politica, culturale e ideale, dovuta al fallimento dei totalitarismi di destra. Un percorso di rinascita doloroso, contraddistinto da violenza e morti, da esecuzioni sommarie e impiccagioni, razzie e deportazioni, prigioni e lager, distruzioni e bombardamenti, sofferenze che non si sono interrotte con la fine della guerra ma sono proseguite per anni, contraddistinti però dalla volontà di ricostruire il paese, come strutture e come anima, cercando di tirare una riga su tutto ciò che aveva provocato questi tormenti.

Una storia di uomini

La Resistenza italiana è stata un movimento tardivo, arrivato solo alle fine del 1943, ha impegnato un’avanguardia di uomini, ma ha avuto il grande merito di emancipare il nostro paese da quello che eravamo diventati.

Va ribadito che la Resistenza è stata appunto un’organizzazione fatta di uomini, con le loro umane debolezze e improvvisazioni che hanno portato a commettere errori, anche gravi. Ma, come ci ricorda Italo Calvino, il partigiano “Santiago”, dietro al peggiore dei partigiani c’era la democrazia e la libertà, mentre con il migliore dei repubblichini c’erano i lager e la dittatura.

Le destre alla prova

Con l’armistizio siamo entrati nel consesso delle democrazie, da lì è partito il nostro riscatto proseguito con il 25 aprile, il 2 giugno e, non ultimo come importanza, con l’entrata in vigore della Costituzione.

Oggi ci troviamo in un periodo storico nuovo, che metterà alla prova le istituzioni democratiche, e non dimentichiamolo, anche le nostre libertà derivanti dalla storia di cui sopra. Ma saranno soprattutto messe sotto esame anche le destre che attualmente governano. Vedremo se riusciranno a capire il senso del 25 aprile, così come lo ha spiegato “Bulow".

Riusciranno ad emanciparsi da loro stesse, dalla loro storia e dai loro fallimenti? Gianfranco Fini a Fiuggi ci ha provato ma non ci è riuscito. Lo hanno rifiutato internamente.

L’iniziativa

Da oggi inizia su Domani una raccolta di contributi storici, che ci porteranno fino al 25 aprile. Come per altri approfondimenti, abbiamo cercato di dare una visione plurale, approfondita, popolare e storicamente accertata di fatti e dei significati che derivano dalla Liberazione. Ogni articolo pubblicato su questo quotidiano ha il compito di mostrare un aspetto significativo del 25 aprile, per ricordarci la sua storia e i valori sottesi, che ci hanno consegnato questi 80 anni di pace e sviluppo economico e democratico.

La memoria di Domani

Non dimentichiamoci un passaggio fondamentale di queste ricorrenze: sono le ultime con i partigiani ancora viventi. Ormai i più giovani di loro hanno quasi cent’anni, a breve il tempo imporrà la sua legge e saranno altri a portare avanti questa memoria, senza averne testimonianza diretta.

In questo senso, ci tornano utili le parole di Norberto Bobbio quando descrisse l’impegno intellettuale di Leone Ginzburg: «Ebbe sempre chiara l’idea che il primo dovere dell’intellettuale antifascista fosse quello di coltivare seriamente gli studi umanistici per non lasciare il vuoto tra il passato che stava per essere seppellito e la rinascita futura. E di dare, tra gli studi umanistici, la preferenza alla ricerca e alla riflessione storica che sola avrebbe permesso di rendersi conto degli errori del passato, della decadenza del presente e dei rimedi necessari per uscire da questa senza ricadere nei primi».

Abbiamo quindi bisogno di nuove generazione di persone che traducano in azioni concrete queste riflessioni, perché la Resistenza e la Liberazione non rimangano lezione del passato.

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