L’unico album dei Sangue Misto compie trent’anni (e viene ristampato da Warner in edizone limitata). Con innovazioni e una scrittura libera ma rigorosa, ha tracciato il percorso di questo genere per decenni
Era un periodo turbolento, quello della fine degli anni Ottant a aBologna. La città scopriva, come se non fosse bastato il 2 agosto, un altro versante oscuro. La Banda della Uno Bianca imperversava, nessuno poteva immaginare chi fossero i componenti. Ed erano gli anni di un infinito cantiere di ristrutturazione di quella che sarebbe diventata l’Arena del Sole, un teatro adesso vanto della programmazione culturale.
Lì, in una specie di deposito sotterraneo di detriti, un gruppo composito di poco più che adolescenti, più studenti e musicisti che movimentisti, dà vita nel 1991 a una occupazione e lo spazio, lo chiamano Isola nel Kantiere, in pochissimo tempo, diventa un ambiente tra i più creativi della nuova musica italiana. C’è il punk hardcore, ci sono future super star globali che da qui passano e qui si fermano come Dave Grohl che suona all’Isola con i suoi Scream prima di fondare i
N irvana. Ma, soprattutto, ci sono i giradischi intorno ai quali ruotano giovanissimi MC, per usare lo slang del rap americano, i Maestri di Cerimonie, che conducono il gioco. E raccontano delle storie.Li unisce la passione comune per l’hip hop americano che, superata la fase di voce interna alla comunità dei ghetti urbani, come raccontato nel 2016 dalla serie Netflix The Get Down, è diventata la musica più ascoltata, in America, dai giovani bianchi frequentatori del college e poi è arrivata in Europa. In Italia, a differenza di altri paesi europei, come la Francia e la Germania, dove è adottata come forma espressiva dei meticciati delle periferie metropolitane, assume una valenza insieme più culturale e più politica.
Il disco
Con i centri sociali trasformati in laboratori sonori che generano idee, suoni, fanno crescere talenti. Come Deda, Neffa e DJ Gruff, i Sangue Misto che nel 1994 pubblicano il loro primo e unico album SxM, uscito per la piccola etichetta indipendente Century Vox, nata proprio intorno all’esperienza dell’Isola nel Kantiere.
Un disco che è diventato, nel corso dei decenni, non solo uno dei vinili più ricercati dai collezionisti, introvabile, con quotazioni che superano i 400 euro, ma anche un riferimento obbligato per la scrittura hip hop degli anni a venire, continuamente citato dagli artisti che sarebbero arrivati, un nome su tutti i Club Dogo che rendono omaggio al gruppo reinterpretando uno dei loro brani più celebri, C
a ni Sciolti.Oggi, a 30 anni dalla pubblicazione originale (in seguito sono state fatte alcune ristampe e ai tiratura limitata, anche queste non più disponibili), la Warner ha annunciato di aver acquisito i diritti del disco, che verrà quindi riproposto in vari formati, anche con copie numerate per alimentare il ricchissimo mercato dei cultori, aggiungendo al pacchetto una serie di oggetti che servono ad alimentare l’aura di mitologia che avvolge il lavoro.
Perché di autentica leggenda si tratta, amplificata dal fatto che l’epopea dei Sangue Misto è coincisa proprio con quest’album, rarissime date e poi il dissolvimento. Anche se, regolarmente, la scena dell’hip hop italiana veniva attraversata da voci incontrollate che parlavano di riunioni, solo per una apparizione in un festival o un altro.
Manifesto di un’ondata
Ma nulla è mai avvenuto, così SxM rimane l’unico vero manifesto di una ondata che scelse subito la dimensione della politica per raccontarsi. Tutto inizia quando all’interno dell’Isola nel Kantiere nascono le serate Ghetto Blasters, dal nome delle enormi radio portatili che sono state il simbolo visivo immediatamente riconoscibile del rap italiano.
Due giradischi, un mixer, qualche microfono, nessun palco, vinili che girano vorticosamente e ogni sera ragazzi diversi che aspettano pazientemente il loro turno per impugnare il microfono e far sentire forte la loro voce.
Tantissimi arrivano da fuori, sono studenti universitari o giovani attratti comunque dalla fama di Bologna città creativa e ribelle, il rap lo conoscono, lo hanno studiato ascoltando i primi album e remix che arrivavano da oltre oceano. I dischi della Def Jam, Run DMC, Public Enemy LLCool J e qualche rapper inglese contribuiscono a formare un immaginario che non è solo riproposta scolastica di quelli ascolti, ma si riempie di temi e ambientazioni locali, a volte profonde e feroci.
Come il clima nel quale Bologna è piombata proprio nei mesi terribili della Uno Bianca, scenario che ispira il mix d’esordio di una formazione nata proprio durante le notti Ghetto Blasters, Isola Posse All Stars. Tutto prodotto e registrato in perfetta indipendenza, copertina bianca, tiratura limitata, nessuna etichetta, un vertiginoso susseguirsi di campionamenti, fraseggi che rievocano l’epopea del soul, quello della tradizione e quello moderno, come la nuova scena funk di Washington.
I giradischi conquistano la scena grazie a un effettismo “povero”, come lo scratch in primo piano e, soprattutto, ci sono le voci con quell’incalzante «Bologna rossa di vergogna», che riporta in maniera prepotente la politica al centro delle musiche popolari, come non succedeva dai tempi della grande canzone d’autore.
Avanza una “nuova scena bolognese”, che si nutre di conflitti sociali, ricerca tecnologica, la consapevolezza che fare musica fuori dalle logiche della discografia è possibile. Sud Sound System, Devastatin’ Posse, i sardi Sa Razza, i giovanissimi Fuckin’ Camels ‘n Effect, i poco più che adolescenti O.T.R., esperienza molto diverse tra loro e di differenti provenienze geografiche, unite dal desiderio di sentirsi parte di una comunità sociale e culturale.
In quella realtà vivacissima, dove sembrava che persino i grandi media potessero essere “invasi” mantenendo creatività alternativa, con tutto l’hip hop “impegnato” ospite della storica trasmissione Avanzi condotta da Serena Dandini su Rai Tre (programma che fece conoscere comici come Corrado Guzzanti, per fare un nome), Deda, Neffa e DJ Gruff, legati tutti in maniera diversa ai dischi di Isola Posse, scrivono le canzoni di SxM.
E lo fanno tra innovazioni stilistiche, una scrittura libera, non convenzionale, ma con un rigore formale che è riuscito a cristallizzare, per i decenni a venire, il “fare rap” in Italia. Tutto nasce dall’osservazione, dall’essere coinvolti in una cultura della strada che viene sublimata da intrecci poetici che scorrono veloci, parole fluide in libertà che rimbalzano, in un gioco di echi e riverberi che riflette esperienze personali, l’avvicinarsi di un nuovo “riflusso”, simile a quello che segnò l’Italia degli anni Ottanta.
Il microfono come arma di ribellione
È come se SxM contenesse tutte le istruzioni d’uso di un linguaggio democratico, la dimostrazione di una possibilità, aperta a tutti, di fare del microfono la propria arma di ribellione. Sembra di sentire Demetrio Stratos che con gli Area di Gioia e Rivoluzione, nel 1975 cantava, «Il mio mitra è un contrabbasso che ti spara sulla faccia ciò che penso della vita».
È un omaggio alla parola, al suo potere assoluto, declinato attraverso giochi linguistici che ci fanno entrare nelle camerette di una generazione che ha ripensato il suo approccio alla politica, tra nuvole di fumo e il sogno di trasformare la propria creatività in moneta contante, anzi in “soldi contanti”, come rapperanno i Colle del Fomento oltre 10 anni dopo, «Non parlarmi di rispetto gratis, me ne sbatto/Faccio dopa per svoltare, dodici anni che la studio, lascia stare/I sogni sono belli di notte ma di giorno ho fame/Sto con le tasche vuote/Da tempo la mia mano non riscuote, non tocca banconote», cantano in Manca Mone.
Epico, nel suo incedere strascicato, come se le frasi fossero un peso da trascinare contro la propria volontà, l’andamento di Lo Straniero, una ballata di ordinaria discriminazione nei confronti del diverso, che sembra una storia personale nella straordinaria interpretazione delle rime cantane da Neffa, «Io quando andavo a scuola da bambino/La gente nella classe mi chiamava marocchino/Terrone “Muto! Torna un po’ da dove sei venuto!”/E questa è la prima roba che ho imparato in assoluto».
E poi brani come Cani sciolti, Senti come suona, esaltazione del potere assoluto della creatività, dell’attenzione al dettaglio, della cura artigianale nella costruzione del suono, La porra, sui magici e misterici poteri del rito del fumare insieme. Una storia di talenti che hanno cambiato per sempre non solo il rap, ma la canzone italiana, adesso, con la nuova ristampa, a disposizione di tutti.
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