Una donna ha una relazione con un uomo da alcuni anni. Stanno pensando di sposarsi, ma lui appare indeciso, ogni volta rimanda l’idea, nonostante si dichiari innamorato e felice. Un giorno litigano pesantemente, e durante il litigio lei gli dice che da sempre ha l’impressione che lui non sia davvero attratto da lei.

A quel punto prima cade il silenzio, poi lui sbotta e candidamente confessa che gli capita spesso di avere fantasie sessuali sull’ex fidanzata (con la quale anni prima stava per sposarsi, e che l’ha lasciato).

Dice che così stanno le cose, e che l’importante è essere onesti. Si aspetta, insomma, che venga apprezzata l’onestà, e non intende interrompere la relazione attuale solo a causa di questo piccolo problema delle fantasie. «Ora che ho detto la verità, andiamo avanti».

La storia (vera) mi ha colpito perché racconta in maniera non politica, e per questo interessante, alcuni aspetti della sensibilità contemporanea intorno al tema dell’onestà. Come avrete notato, oggi si dà molta importanza a questa virtù: «Io dico sempre come la penso», oppure «io sono senza filtri», oppure «ho il diritto di esternare la mia opinione».

E poi le lamentele «non si può più dire niente», fino a arrivare alla «libertà di parola» come vessillo politico contro «la dittatura del politicamente corretto» (vedi Trump, Musk e compagnia).

Utile o deleteria

Proprio come nell’aneddoto iniziale, chi si dichiara onesto pensa che questo basti a essere a posto: ti ho detto come stanno le cose, senza abbellimenti, adesso andiamo avanti. C’è talvolta anche uno strano piacere nella brutalità dell’affermazione veritiera.

E allora chiediamoci: dire qualcosa di umiliante, ma vero («ho fantasie sulla mia ex»), è l’espressione massima della sincerità oppure è un candore superfluo? È forse un modo violento per nascondere l’incapacità di lasciare una persona, di affrontare la sconfitta di una relazione che non funziona, punendo sottilmente l’altro? L’onestà è di norma considerata un pregio. Esiste, tuttavia, un confine labile tra onestà necessaria e onestà inutile o deleteria. Un confine che va, in un certo senso, accuratamente calcolato.

Questo si osserva bene in economia, dove l’informazione “vera” è una risorsa critica. La trasparenza e la divulgazione sono fondamentali per il funzionamento dei mercati, ma la diffusione indiscriminata o inefficace di notizie può creare instabilità e disastri negoziali.

L’onestà inutile spesso comporta la condivisione di informazioni che da un lato non contribuiscono a risolvere un problema, e dall’altro aggravano un disagio. Dire cose vere, ma umilianti, corrisponde a fornire un sovraccarico di informazioni che porta a un affaticamento, causando decisioni subottimali. (I due si lasceranno? Non è detto). Bisognerebbe trovare il giusto equilibrio tra la necessità di trasparenza e l’impatto delle verità condivise. Non è facile.

Non a buon mercato

L’onestà inutile, del resto, non è mai a buon mercato. Il benessere emotivo che viene sacrificato quando si sceglie di essere troppo sinceri costa tanto: è il dolore superfluo inflitto all’altra persona.

Servirebbe una comunicazione sentimentale che preservi dignità e rispetto per entrambe le parti. Sappiamo tutti, senza bisogno di essere psicologi, che l’uomo e la donna dell’aneddoto prima o poi incontreranno problemi. Magari fra molto tempo.

In termini economici, l’onestà inutile è una scelta meno efficiente nell’allocazione delle risorse. Energia e tempo vengono sprecati per ottenere risultati che avrebbero potuto essere raggiunti in modo più delicato e veloce.

In fondo si tratta di riconoscere il punto in cui l’onestà smette di essere utile e inizia a causare danni.

Nell’ambito della gestione delle risorse umane, per esempio, giudicare onestamente i risultati dei dipendenti è essenziale per la crescita e il miglioramento. Tuttavia, quando si è troppo critici o ci si concentra in modo sproporzionato su difetti minori, si demoralizzano le persone, riducendone le potenzialità, la produttività e la soddisfazione.

In definitiva, sia in ambito comportamentale sia in economia, l’onestà deve essere valutata insieme agli effetti che produrrà.

Non si tratta solo di una scelta binaria tra verità e menzogna, si tratta di capire come l’informazione sarà recepita e quale impatto avrà sul sistema, sia esso una coppia, un mercato o un’arena politica.

L’onestà cieca, privata della comprensione del contesto e delle conseguenze, può essere distruttiva tanto quanto l’inganno. La virtù dell’onestà non sta semplicemente nel dire la verità, ma nel sapere quando e come farlo. Strategicamente.

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