L’allenatore nel pallone è invecchiato tutto d’un colpo un pomeriggio di dieci anni fa.

«Canà, ma lo sa che noi attraverso le cessioni di Falchetti e Mengoni riusciamo ad avere la metà di Giordano? Da girare all’Udinese per un quarto di Zico e tre quarti di Edinho»: è il 27 maggio del 2014 quando il Consiglio federale della Figc, con il comunicato 162/A, abroga con effetto immediato l’articolo 102 bis delle Noif, le norme organizzative interne federali, chiudendo l’èra delle comproprietà, istituto calciomercatesco tutto italiano, quello che il commendator Borlotti, presidente della Longobarda del film, sbeffeggiava prospettando a Oronzo Canà un formidabile giro che poi altro non era che un’atroce sòla.

Comproprietà, o meglio diritto di partecipazione, nel burocratese del calcio: solo in Serie A, allora, quelle aperte erano 164, per una stima di circa 130 milioni di cartellini. 50 per cento per parte, con una delle due società compartecipanti che aveva il diritto alle prestazioni sportive, e cioè poteva schierare il calciatore.

Il regime transitorio

Tecnicamente funzionava così: una società, dopo aver ceduto per intero il cartellino di un giocatore a un altro club, stipulava con questo un accordo di partecipazione grazie al quale acquisiva il diritto al 50 per cento degli effetti patrimoniali relativi al contratto, potendo insomma partecipare all’eventuale utile di una futura cessione.

Le compartecipazioni potevano durare al massimo due anni e se, al termine dell’accordo, le società non riuscivano a risolvere la situazione, si andava alle fatidiche buste: offerta, apertura, boom. Ecco, appunto: siccome le ultime comproprietà andavano risolte, si definì allora un regime transitorio per portarle a esaurimento entro un anno. Erano 69 e qualche reduce gioca ancora oggi: Domenico Berardi tra Sassuolo e Juventus (dove non giocò mai), Juan Cuadrado tra Fiorentina e Udinese, Ciro Immobile tra Torino e Juventus, Antonio Candreva tra Lazio e Udinese, Jorginho tra Napoli e Verona. Ce n’erano anche 12 il cui comproprietario era il Parma ormai fallito e impossibilitato a trattare, con gli esiti finiti alle buste senza deposito da parte del club emiliano.

Giancarlo Abete, ai tempi presidente della Figc, le seppellì spiegando che «erano state sollevate questioni a livello di opinione pubblica e problematiche fiscali e si era evidenziata l’atipicità di questo istituto sul versante normativo europeo e anche su quello fiscale», e in effetti la sensazione che si stesse esagerando era evidente anche e soprattutto per quanto riguardava le compartecipazioni di calciatori non esattamente di grido, ma buoni come voce a bilancio.

Il nuovo mondo

Ora, la storia degli ultimi dieci anni racconta di un mondo decisamente fantasioso, nel quale le operazioni sono cambiate nella forma e nella sostanza bilancistica, ma non nella filosofia di fondo, perché la finanza creativa a livello di player trading nel calcio ha spesso funzionato e funzionerà sino a quando certe fattispecie che già oggi appaiono al limite non verranno vietate, come accadde con le compartecipazioni.

Negli ultimi anni, per esempio, va di moda una formula molto particolare, la “sell-on clause”, la clausola attraverso la quale club che cedono un determinato calciatore mantengono una percentuale sulla futura rivendita da parte della squadra acquirente.

Lecita e legittima, in fondo è però una nipotina del diritto di partecipazione: l’Inter ce l’ha sul portiere del Monza Di Gregorio, la Roma su Zaniolo (sul quale, quando passò dalla Roma al Galatasaray, l’aveva l’Inter) e in precedenza su Calafiori, il Bayern su Zirkzee, e sono solo alcuni dei tanti casi. Del resto, ricordate la recompra? Trattasi della clausola che permette a un club di riacquistare un giocatore ceduto a una società, dopo un determinato periodo, a una cifra prestabilita: ideata in Spagna ebbe in Alvaro Morata (Real-Juventus-Real) il suo uomo-copertina, generò plusvalenze su plusvalenze, ha avuto il suo periodo di fulgore, e tuttora vive e lotta insieme a noi.

Poi i prestiti con diritto di riscatto, quelli con diritto di riscatto e controriscatto a una cifra superiore, quelli con obbligo (che deve maturare a determinate condizioni, per questioni contrattuali e legali; si vedano i casi Locatelli e Frattesi) e il labile confine tra le commissioni per gli agenti e le vietatissime tpo, third party ownership. Quello che ci vede l’opinione pubblica, lì dentro, non è diverso da ciò che ci vedeva dieci anni fa. Ma a breve inizierà una nuova finestra di mercato: con che formula si compra Berardi?

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