Il salvagente non è servito, in Rai tirano un sospiro di sollievo. La prima serata del festival di Sanremo condotto da Carlo Conti ha portato a casa uno share del 65,3 per cento, gli spettatori sono stati oltre 12 milioni, più di quanti ne abbia raccolti Amadeus alla prima serata del 2024, con il 65,1 per cento di share.

Ma per la prima volta, la Rai ha fornito la total audience, un dato che conteggia sia chi ha guardato il festival alla televisione, sia chi l’ha seguito da device, anche se alla fine il contributo dei piccoli schermi si è rivelato relativamente limitato: all’incirca 400mila connessi, poca roba rispetto ai milioni incollati alla tv. Tutti giurano che a fine festival il numero sarà parecchio più alto: il dato del web, infatti, è cumulativo.

Tradotto, se una singola clip accumulasse visualizzazioni nei giorni a venire l’audience potrebbe crescere esponenzialmente. La platea digitale, poi, in prospettiva potrebbe anche rappresentare un nuovo bacino a cui chiedere un contributo per visualizzare i prodotti Rai. Un’ottima scommessa per viale Mazzini.

La total audience era il paracadute di Conti, ma alla fine il conduttore toscano non ha avuto bisogno di aprirlo, grazie al risultato solido dello share tradizionale.

L’onda lunga dei festival di Amadeus – qualcuno della squadra di viale Mazzini in trasferta ha notato come Jovanotti abbia confessato a Conti di aver cercato la benedizione di Amadeus e Fiorello prima della sua esibizione di quest’anno – è durata anche con il cambio di conduttore, il rischio della successione è stato disinnescato. Conti, da parte sua, annuncia esplicitamente che non commenterà gli ascolti «anche se vanno a mio favore», ma in azienda sono più che soddisfatti: grande orgoglio soprattutto per il dato, effettivamente ottimo, del pubblico tra i 15 e i 24 anni, che arriva all’83 per cento di share.

Unica alternativa

Vero è che la concorrenza era trascurabile: con Mediaset “spenta”, contro Sanremo c’era in campo nella prima serata soltanto la Juventus impegnata nella sua partita di Champions League su Sky. Vale la pena ricordare che il festival è slittato di una settimana proprio per evitare la sovrapposizione con un altro appuntamento del calcio, quello della Coppa Italia, in onda proprio su Mediaset: i più maliziosi considerano il provvidenziale scivolamento il prezzo del “prestito” di Gerry Scotti.

Tutto è bene quel che procede bene. I tempi serrati di Conti hanno permesso di chiudere la serata prima degli ultimi anni evitando qualsiasi scarto inaspettato.

In azienda non dispiace la prospettiva di aggirare il rischio di un nuovo caso Ghali: «E poi, è un festival di canzoni, facciamole sentire ‘ste canzoni». Assicurazione ulteriore oltre alla gestione Conti, su questo aspetto, è l’autore Giancarlo Leone che – racconta un dirigente appoggiato al banco del bar al secondo piano dell’Ariston che nutre i giornalisti in sala stampa – è in prima linea ad arginare eventuali fughe in avanti: «Se qualcuno ha un’idea troppo audace, c’è lui che placa gli animi». E alla fine il festival, più che essere di stampo sovranista, pare piuttosto uscito dalla migliore tradizione della democrazia della prima repubblica.

Inavvicinabili

Sanremo è come anestetizzato, e in mancanza di ospiti che possano squarciare il velo della calma che il conduttore toscano ha calato sul teatro sanremese – anche Damiano David, partito come rockettaro irriverente quando ha vinto il festival insieme ai Maneskin qualche anno fa pare ormai un giovanotto curato mentre racconta il suo omaggio a Lucio Dalla – tanti cercano di stuzzicare l’organizzazione con qualche provocazione.

La calma della governance è olimpica. Antonio Noto spiega le regole del voto della stampa e del televoto come fossero gli exit poll da presentare nel salotto di Bruno Vespa, il vicedirettore prime time Claudio Fasulo – padrone di Sanremo – annuncia che il vincitore del festival la settimana prossima sarà ospite di Alessandro Cattelan, staffetta perfetta.

Conti, poi, sembra di Teflon, come il capo della Nato Rutte, che quando era premier olandese si era guadagnato il nomignolo di Teflon-Mark. Inscalfibile, Teflon-Carlo aggira senza difficoltà apparente i due unici ostacoli sulla sua via in conferenza stampa. Il più grosso: il titolo di Dagospia sul fatto che il videomessaggio del papa andato in onda prima del momento pacifista del festival in cui Noa e Mira Awad hanno cantato insieme Imagine (corrispettivo contiano del monologo nella liturgia Amadea) sia stato registrato in realtà mesi fa. Ma Conti ha disinnescato immediatamente la minaccia alla Rai, spiegando che il video gli è arrivato il primo febbraio. Cosa sia successo prima che il video venisse consegnato al conduttore non è dato sapere: in ogni caso, dice Conti all’indirizzo di chi pubblica l’indiscrezione, «quando hanno smesso di inquadrare le invasioni di campo, hanno smesso di farle». Messaggio chiarissimo.

Ma Teflon-Carlo non ha offerto appigli neanche a Enrico Lucci, che l’anno scorso aveva provocato un piccolo scandalo chiedendo ad Amadeus e Marco Mengoni se fossero antifascisti. Di fronte alla domanda se fosse disposto a ospitare Elon Musk sul suo palco, Conti ha spiegato di non essere interessato perché «non ho rapporti» con il miliardario. Che sia per il saluto nazista e la vicinanza dell’imprenditore sudafricano con AfD? Il conduttore non si è scomposto né esposto: «Ma cosa vuol dire? Non lo conosco».

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