- Non è comune per un museo mettere in mostra indizi, prove e ricostruzioni di atti criminosi. È però quanto il Museo de Arte Miguel Urrutia (MAMU) di Bogotà propone in questi mesi con la mostra Huellas de Desaparición (Tracce di sparizione).
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La mostra presenta tre casi emblematici di crimini commessi dallo stato contro persone e ambiente. Fatti drammatici e oscuri che hanno segnato la società civile colombiana degli ultimi cinquanta anni e che sono stati per lo più ignorati, dimenticati o insabbiati.
- La mostra inizialmente programmata dal 10 dicembre del 2021 al 25 Aprile di quest’anno è stata prorogata fino al 18 luglio per il grande successo di pubblico.
Non è comune per un museo mettere in mostra indizi, prove e ricostruzioni di atti criminosi. È però quanto il Museo de Arte Miguel Urrutia (Mamu) di Bogotà propone in questi mesi con la mostra Huellas de Desaparición (Tracce di sparizione). Curata della Commissione per la Verità insieme all’agenzia Forensic Architecture, la mostra presenta tre casi emblematici di crimini commessi dallo stato contro persone e ambiente. Fatti drammatici e oscuri che hanno segnato la società civile colombiana degli ultimi cinquanta anni e che sono stati per lo più ignorati, dimenticati o insabbiati.
La Commissione per la Chiarificazione della Verità, la Coesistenza e la Non Ripetizione (in breve Commissione per la Verità) è stata istituita nel novembre del 2018, come parte dell’accordo di pace tra il Governo colombiano e le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (Farc), e che metteva fine a decenni di conflitto armato. Forensic Architecture (Fa) invece è un gruppo di ricerca multidisciplinare dell’Università di Londra che indaga su violazioni di diritti umani e ambientali usando immagini satellitari, ricostruzioni multimediali, video interviste e rappresentazioni grafiche.
Una mappa
La mostra si apre con una mappa aerea gigantesca della foresta del Guaviare, nell’area centro meridionale della Colombia abitata dalle popolazioni Nukak. Sulla mappa sono sovraimpresse informazioni che dettagliano la cronologia e la geografia degli spostamenti forzati degli indigeni a seguito della trasformazione in pascoli o in piantagioni di coca della foresta amazzonica. La mappa nera su sfondo bianco del muro diventa un murales in cui si legge la progressiva e lenta sparizione di un mondo e di una cultura. La mappa della distruzione dei Nukak e delle loro foreste sottolinea l’oppressione coloniale, passata e corrente subita in Colombia dalle popolazioni indigene in una spirale di violenza in corso da cinquecento anni e che ha nutrito il conflitto armato del ventesimo e ventunesimo secolo.
l secondo tema che l’esposizione al Muma presenta è quello della capacità della terra di raccontare la storia. Il caso preso in esame è quello del Despojo, l’espropriazione forzata di terreni agricoli di piccoli coltivatori nel distretto di Antiochia nella parte nord occidentale del paese da parte della grande industria bananiera. A partire dagli anni ’80 questo territorio fu oggetto di bonifiche da parte di cooperative di contadini che trasformarono una parte delle grandi distese di paludi e mangrovie in piccoli appezzamenti agricoli, quando appoggiati dai sindacati e dall’esercito nazionale di liberazione (una guerriglia di identità maoista lucidamente narrata da Juan Gabriel Vásquez nel suo Volver la vista atrás a giorni in italiano con il titolo Guardarsi indietro) si appropriarono di terreni incolti su cui poi stabilirono. Queste piccole comunità furono negli anni a seguire oggetto di azioni di violenza e manipolazioni giudiziarie da parte dell’industria bananera.
La memoria
La mostra ricostruisce la memoria di questi eventi e la rintraccia con efficacia e dovizia nelle trasformazioni ambientali subite dalla regione: la costa erosa dal mare, la perdita di biodiversità, i resti di oggetti personali tra le radici dei banani. Combinando interviste ai sopravvissuti e ai mandanti degli eccidi con immagini satellitari, centinaia di testimonianze e migliaia di transazioni finanziarie, l’esposizione racconta il legame tra guerriglia armata, trasformazione del territorio e interessi fondiari in una rete vasta e complessa di guadagni, vittime e attori dello scempio del despojo.
Cajas negras de la desparición forzada (scatole nere della sparizione forzata) è il titolo della terza sezione della mostra. Qui Forensic Architecture ricostruisce in maniera capillare i fatti che seguirono l’occupazione del palazzo di giustizia da parte di membri del movimento rivoluzionario M-19, il 6 novembre del 1985, uno degli eventi politici e militari più eclatanti e traumatici degli ultimi decenni.
Le forze armate colombiane risposero all’occupazione da parte dei guerriglieri del M-19 con un assedio durato due giorni, durante i quali circa cento persone persero la vita mentre le fiamme devastarono il palazzo con la perdita totale dell’archivio legale.
La mostra presenta l’indagine sulle sorti dei diciotto prigionieri che furono arrestati dalle forze dell’ordine e che in seguito sparirono: tra di essi magistrati, avvocati, visitatori e semplici impiegati.
Le scatole nere del titolo della mostra rappresentano l’impossibilità di avere informazioni veritiere riguardo a quanto accadde agli arrestati. Una mostra dunque sulla mancanza di informazioni non come ostacolo alla ricerca ma come fatto centrale da cui questa si dipana. In tal modo la violenza contro le persone si sposa con la violenza contro le prove che in decenni di indagini e inchieste ufficiali furono insabbiate, occultate o addirittura distrutte.
Oltre a un grande modellino del palazzo di giustizia con le posizioni delle persone al suo esterno e al suo interno ricostruite grazia alla modellazione virtuale delle immagini televisive e alle registrazioni audio di quei giorni, in mostra è esposta una mappa di grandi dimensioni che traccia la cronologia degli occultamenti delle prove e la costante eliminazione di testimonianze a conferma che la violenza subita dalle vittime diventa crimine permanente finché la verità non è appurata e la sequenza dei fatti non viene spiegata.
Solo arte?
Portare alla luce storie che nel buio del silenzio giorno dopo giorno possono corrodere qualsiasi possibilità di pace sociale è il compito della Commissione per la Verità e questa mostra ne illustra metodo, materiali e risultati. Ospitata in uno dei templi dell’establishment Colombiano – il Muma della Banca centrale (Banco de la República) – la mostra espone non opere d’arte ma grafici, video, ricostruzioni fisiche e digitali di luoghi che furono teatro di gravi fatti di sangue. Tutto questo per ricordare così da poter poi dimenticare, a riprova che un museo d’arte è anche un luogo in cui le comunità possono riconoscersi e trovare pace.
E tutto questo in un momento di grande attualità elettorale, con un ex-guerrigliero del M-19 – Gustavo Petro - candidato di punta alla presidenza della Colombia.
Ma è arte? Forse no, ma le ricostruzioni in mostra sono rappresentazioni visive di un lavoro scientifico accuratissimo, si potrebbe dire la spettacolarizzazione della ricerca della verità e l’arte è anche questo. Visitando questa mostra vien da pensare che anche in Italia ci vorrebbe una grande esposizione che faccia luce sulle tante cajas negras che ancora ci avvelenano l’anima, passando da piazze, logge, aerei, rapidi e stazioni ferroviarie.
La mostra inizialmente programmata dal 10 dicembre del 2021 al 25 Aprile di quest’anno è stata prorogata fino al 18 luglio per il grande successo di pubblico.
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