«Il corpo principale della casa era in stile gotico: le finestre erano a sesto acuto e sormontate dalle cosiddette nervature ogivali, con foglie rampanti e altri elementi decorativi, come quelli che adornano i baldacchini delle tombe ricavate all’interno delle chiese».

Questa descrizione così minuziosa riguarda in realtà una casa di bambole, un oggetto da collezionismo che si rivelerà dotata di un potere diabolico. Chi ha la sventura di comprarla la vedrà animarsi nel cuore della notte, e mettere in scena degli spettacoli da Grand Guignol. È anche il caso dell’ultimo acquirente, il signor Dillet, il quale non sa se ciò che vede - guardando come dall’estremità sbagliata di un telescopio - sia vero o parte della sua immaginazione.

“La casa stregata delle bambole” è solo una tra le short story di M. R. James appena riportare in libreria con il titolo di Monito ai curiosi (Racconti edizioni, traduzione di Sara Bua e Matilde Piccinini). È un universo vittoriano dal sapore ormai classico, pullulante di fantasmi gentili e letti a baldacchino, guglie infestate d’edera e carrozze con i flambeaux, finestre a ghigliottina e saloni ricoperti da librerie.

L’hésitation

Il nodo centrale del fantastico è quel che lo studioso e critico Tzvetan Todorov definiva hésitation, cioè il dubbio da parte del lettore (e spesso del personaggio principale) di attribuire un valore razionale o irrazionale agli eventi narrati.

Il fantastico fu un genere in auge nel secolo dei lumi. Dalla poesia cimiteriale anglosassone si passò ai racconti tedeschi di Ernst Theodor Amadeus Hoffmann (per il quale, a posteriori, Freud parlò del perturbante).

Nel Novecento il sovrannaturale prese diverse direzioni, per lo più si rintanò nelle riviste popolari, nei pulp magazine, e venne retrocesso nella paraletteratura, tra science fiction, fantasy e b-movie horror.

Eppure non c’è niente che abbia condizionato tutta la grande letteratura moderna come il fantastico. Restando solo dentro i confini nazionali, diversi dei nostri prosatori più eleganti sono senza dubbio da annettere alla parte oscura della luna: le novelle strane di Luigi Pirandello, in cui gli eventi hanno una spiegazione logica ma partono da un fatto equivoco; i piccoli romanzi fiume di Giorgio Manganelli che narrano di inferni alternativi, universi paralleli e cosmogonie fittizie; le raccolte weird di Tommaso Landolfi, il cui immaginario sprofonda negli abissi del mostruoso e del disgustoso.

Ma la lista degli autori italiani novecenteschi sedotti dal fantastico è davvero lunga. Che dire delle ghost stories di Mario Soldati? O dei capricci visionari di Alberto Savinio? Delle fantasmagorie di Massimo Bontempelli? Del fantastico quotidiano di Dino Buzzati o di quello portoghese di Antonio Tabucchi? E su tutti, naturalmente, svettano le costruzioni formalmente positiviste dei libri di Italo Calvino, che però affondano le loro radici nell’incanto fiabesco.

Le case stregate

Tra tutti i topoi del fantastico, quello forse più abusato è relativo ai luoghi infestati, e anche M. R. James nei suoi racconti non si tira indietro. Probabilmente le case stregate sono sempre esistite. Di più, tutte le case sono stregate.

Già Plinio il giovane racconta che «in Atene c’era una casa spaziosa e confortevole, ma quanto mai sinistra. Nel silenzio della notte (…) ecco apparire uno spettro, un vecchio che veniva squassando le catene di cui era carico».

Qualche secolo dopo, il racconto che costituisce il modello della casa stregata in letteratura lo scrive Algernon Blackwood e s’intitola “La casa vuota”. C’è una casa che puzza di zolfo e malefici, c’è una coppia di ghostbuster (lo scettico e il credulone), c’è la spedizione per scoprire la verità in una notte argentea di luna piena.

Da lì in poi gli scrittori si divertiranno a fare scempio dell’archetipo. Edgar Allan Poe ne “La caduta della casa degli Usher” instaura un affascinante quanto mefistofelico parallelismo tra l’eccentrico Roderick Usher e la sua stessa dimora, al punto che quando il primo seppellisce prematuramente la sorella la seconda crolla (e il racconto finisce); Julio Cortázar in “Casa occupata” racconta di una coppia di fratelli che, vivendo insieme nella antica villa avita, non oppongono nessuna resistenza all’avanzare di una truppa di fantasmi (ma forse i fantasmi sono loro?); John Cheever nelle “Case al mare” senza neanche preoccuparsi più di tirare in ballo la categoria del sovrannaturale si limite a osservare che «La costa si piega a gomito, e posso vedere le luci delle altre villette infestata dai fantasmi».

Ipotesi postmoderna

Bisogna credere sempre alla letteratura, perciò oggi quei fantasmi, quelle streghe, quei demoni, non possono essersene andati dalle nostre case. Certo, oggi le nostre case hanno sembianze molto diverse rispetto ai castelli gotici alla Horace Walpole.

Per lo più sono diventate bed and breakfast. I vecchi mobili sono spariti dentro la pancia di apecar e camion, si sono dispersi in mercatini da quattro soldi o nelle cantine di antiquari senza scrupoli. Adesso al posto di tanti ricordi ci sono questi armadi e letti e comodini neutrali come pezzi di Lego.

Le mensole sono come punti di sutura per le ferite dei muri. Tutto il dolore è stato nascosto nel prêt à porter di Ikea ma i fantasmi sono sopravvissuti. Verosimilmente hanno preso le sembianze dei turisti ai quali affittiamo le case nottetempo. O forse, ai loro occhi, i fantasmi siamo proprio noi.

Noi che chiediamo i loro documenti al check in e li salutiamo sollevati al chek out, controllando che voucher e bonifici siano in ordine. Tornando alla “Casa vuota” di Algernon Blackwood, l’incipit è illuminante: «Certe case, come certe persone, hanno, chissà come, il potere di manifestare immediatamente la loro essenza». Oggi sarebbe anche un bellissimo attacco per una recensione su TripAdvisor. 

Tutta la letteratura è fantastica

Il fantastico non riguarda solo universi paralleli al nostro, regolati da leggi coerenti ma straordinarie, al contrario diventa davvero interessante quando s’intreccia alla realtà quotidiana. Tutta la letteratura realistica è fantastica senza saperlo. Mentre non c’è modalità letteraria che abbia a che fare con la realtà più di quella fantastica.

Insomma tutto il Diciannovesimo secolo è costellato di racconti fantastici di matrice romantica, a far da contrappeso all’Illuminismo e al suo senso, talvolta un po’ opprimente, di cieca fiducia nel progresso scientifico. I nomi e i titoli più in vista si possono anche recuperare attraverso alcune retrospettive antologiche: Racconti fantastici dell’Ottocento (a cura di Italo Calvino, Mondadori 1983), L’Italia magica (a cura di Franco Contini, Einaudi 1988), Storie di fantasmi (a cura di Fruttero e Lucentini, Einaudi 1960). Non è strepitosa letteratura fantastica Omero con la sua epica commistione tra umani e dei? Oppure Dante, col suo strampalato regno dei morti tutto beghe politiche? E che dire di Cervantes che si prese beffe del romanzo cavalleresco scambiando i mulini a vento per giganti dalle braccia rotanti?

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