Sapevate che uno dei sistemi di trasporto pubblico migliori a livello globale è quello di Bogotà, capitale della Colombia? La sua storia inizia nel 2000, quando il sindaco Enrique Peñalosa, impegnato nel cambiare la reputazione della propria città, avviò un vasto  programma di investimento in infrastrutture di mobilità. Il piano prevedeva l’istituzione del cosiddetto TransMilenio: una inedita rete municipale di “autobus a transito rapido”, ossia con corsie preferenziali, per rimpiazzare una miriade di piccoli operatori privati.

Un sistema simile non era mai stato testato su scala urbana e una delle ragioni del suo successo fu una gestione innovativa del processo di assegnazione degli appalti. Una scelta che può tutt’ora insegnare molto agli amministratori urbani italiani ed europei. Gli appalti sono infatti snodi fondamentali dei meccanismi di governo, ma spesso funzionano con il pilota automatico. I politici tendono a indirizzare i fondi disponibili verso fornitori con un’esperienza comprovata. Si tratta di un metodo affidabile, che riduce i rischi ma circoscrive decisioni future alle pratiche del passato.

Il capitale di rischio

Chepa Beltran - VWPics

Come fare allora? In altri ambiti, esiste un modello collaudato a cui le città possono attingere per accelerare l’innovazione urbana: quello del venture capital, il cosiddetto capitale di rischio. Nato negli Stati Uniti del secolo scorso, questo modello ha inciso in maniera formidabile sull’evoluzione del settore privato degli ultimi decenni. In una prima fase, i fondi di venture capital mettono a punto diverse “scommesse” su un ventaglio di aziende innovative o startup. In seguito, investono in modo crescente sulle idee che stanno avendo successo: queste ultime, infine, vengono fatte crescere con ulteriori iniezioni di fondi.

Il venture capital ha fornito sostegno straordinario a giovani imprese private che altrimenti avrebbero avuto difficoltà a reperire finanziamenti. In maniera analoga esso può svolgere un ruolo importante nei progetti guidati dal settore pubblico. Certo, è necessario imporre dei limiti a ciò che il capitale di rischio può andare a finanziare, così da proteggere l’interesse comune ed evitare possibili ricadute negative sulla res publica. Fatti questi doverosi distinguo, ci sono almeno due modi in cui il venture capital può intervenire su scala urbana.

Due vie

/ANN ARBOR, MI - The City of Ann Arbor, Michigan, the newest LED Cityx(R), expects to install more than 1,000 LED streetlights beginning next month. The City anticipates a 3.8-year payback on its initial investment. The LED lights typically burn five times longer than the bulbs they replace and require less than half the energy. The LED streetlights currently installed in Ann Arbor are based on the New Westminster Series made by Lumec, Inc., which contain LED light engines from Relume Technologies, Inc. The light engines are based on the performance-leading Cree XLampx(R) LED. (PRIMEZONE)/

Il primo modo è l’apertura diretta delle città al mondo del capitale di rischio, in forme diverse. In giro per il mondo numerose aziende, spesso legate a centri di ricerca universitari, stanno affinando soluzioni innovative in settori tra cui l’edilizia abitativa, la logistica, la produzione alimentare, il trattamento delle acque, le energie rinnovabili o la mobilità. Proprio in quest’ultimo campo emerge il caso di Singapore. Nel corso degli anni, il fondo sovrano locale ha avviato investimenti e collaborazioni con alcune startup della mobilità, permettendo loro di utilizzare lo spazio urbano come una sorta di laboratorio a cielo aperto. Da queste sperimentazioni è nata per esempio nuTonomy, un’azienda fondata da miei colleghi del Mit e produttrice di auto a guida autonoma, poi venduta nel 2017 per la cifra di 450 milioni di dollari (producendo tra l’altro ritorni finanziari non indifferenti per le casse della città-stato asiatica).

Il secondo modo in cui le città possono imparare dal capitale di rischio ha a che fare con l’applicazione della sua metodologia a un’ampia varietà di problemi. L’opportunità è quella di gestire gli appalti in maniera innovativa. Pensiamo a quanto sta già accadendo rispetto all’illuminazione urbana, dalle strade agli edifici. Nel 2006 la città di Ann Arbor, nel Michigan, è stata la prima negli Stati Uniti a installare lampioni a led a basso consumo, scardinando i modelli tradizionali. Oggi molte imprese si aggiudicano gare d’appalto per sostituire i vecchi apparecchi nelle città con tecnologie più sostenibili, con vantaggi per la municipalità (riduzione dei costi), per gli installatori (aumento dei clienti) e per l’ambiente (data l’elevata quota di energia consumata proprio per illuminazione).

Soluzioni ambiziose

I nuovi appartamenti del distretto di Maxvorstadt nella città di Monaco. Photo by: Frank Hoermann/SVEN SIMON/picture-alliance/dpa/AP Images

La metodologia del capitale di rischio è adatta a far emergere idee ambiziose. Di fronte a problemi di grande portata, le amministrazioni comunali possono sponsorizzare approcci innovativi. Per esempio, nel 2019, la municipalità di Helsinki stava cercando di ripensare il sistema di teleriscaldamento metropolitano. La capitale finlandese dipende infatti ancora da impianti a carbone, nonostante si sia data l’obiettivo di raggiungere la neutralità in termini di emissioni entro il 2030. Invece di attingere dal repertorio di soluzioni esistenti, l’ex sindaco Jan Vapaavuori lanciò quello che in inglese si chiama “moonshot”, un appello per idee innovative. Una delle proposte vincenti di quel concorso, in cui è coinvolto il nostro studio di progettazione CRA – Carlo Ratti Associati, prevede la creazione di un arcipelago di isole galleggianti in grado di immagazzinare energia termica da fonti rinnovabili e reimmetterla nel sistema nei momenti di bisogno. Attualmente il progetto è in fase pilota, come nelle fasi iniziali del venture capital, per essere poi testato e realizzato nella sua interezza.

Da oltre diecimila anni, le città sono il principale vettore di progresso del genere umano. La vorticosa complessità del mondo urbano e le grandi sfide dei prossimi anni, prima fra tutte quella del cambio climatico, ci impongono di mettere a punto forme mentali nuove per costruire un domani più innovativo e inclusivo. Senza abdicare alla missione del pubblico, ma anzi rafforzandone la sua primazia e il suo ruolo di regia, c’è qualcosa che possiamo imparare dal mondo del venture capital.


Scienziato e designer, Carlo Ratti dirige il Senseable City Lab al MIT di Boston ed è partner fondatore dello studio di progettazione CRA-Carlo Ratti Associati (Torino e New York). Il suo ultimo libro Urbanità. Un viaggio in quattordici città per scoprire l’urbanistica (2022, pp. 96, euro 15) è stato appena pubblicato da Einaudi.

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