- Quando diciamo ai figli o ai nipoti in maniera più o meno velata cosa dovrebbero fare stiamo indirettamente fornendo un tassello che va a comporre un’idea di vita.
- La vita vissuta degnamente si costruisce a partire dalle piccole cose, e ogni indirizzo che diamo ai bambini va a comporre questa idea.
- Siamo incentivati ad avere opinioni forti, a coltivare delle convinzioni. Abbiamo la sensazione che se non le coltiviamo stiamo mentendo a noi stessi.
Sta per finire l’anno scolastico e parli con tua figlia per capire quale sport potrebbe praticare da settembre. Ginnastica artistica, danza, tennis, basket. Fare tutto non si può, e lei non ha le idee chiare. Naturalmente ogni sport è diverso e porta con sé un tipo di divertimento diverso, ma anche suo un sistema di valori. Per esempio ti sembra che certi sport si svolgano in un ambiente più sano di altri, o siano più validi per la formazione, o utili nella vita. Oppure pensi che per un bambino sia bello fare quello che fanno i suoi amici, e hai dei suggerimenti da dare in questo senso. Può sembrare una questione secondaria, eppure le tue opinioni vanno a comporre un disegno.
Quando diciamo ai figli o ai nipoti in maniera più o meno velata cosa dovrebbero fare stiamo indirettamente fornendo un tassello che va a comporre un’idea di vita. Stiamo dicendo loro che cosa sia, secondo noi, una “vita vissuta degnamente”: il tempo passato con gli amici, oppure lo sviluppo di certe qualità utili, o ancora l’importanza di confrontarsi con la competizione. O, al contrario, l’importanza di stare alla larga dalle gare, dallo stress. La vita vissuta degnamente si costruisce a partire dalle piccole cose, e ogni indirizzo che diamo ai bambini va a comporre questa idea. Il problema è che spesso noi adulti non sapremmo descrivere, in modo sintetico e definitivo, che cos’è la vita vissuta degnamente che sembra nascondersi fra i suggerimenti che diamo.
La frase “vita vissuta degnamente” fa venire in mente cose diverse a soggetti diversi. Ad alcuni richiama l’immagine di una persona molto anziana, al termine dell’esistenza, che con serenità saluta i propri cari prima di addormentarsi per sempre, circondata dalla gratitudine per il bene fatto. Altri pensano che questo quadretto sia cattiva letteratura, dove per cattiva letteratura intendo immagini stanche, trite. Per alcuni, allora, una vita vissuta degnamente sarà rappresentata da un giovane cantante rock che si esibisce in piena libertà su un palco. Oppure è un luogo che ci rende felici, nel quale vorremmo vivere. Una grande metropoli, una casa in mezzo al bosco.
O un’attività: guadagnarsi da vivere facendo quello che ci piace. Una bella storia d’amore. Un sacrificio per il bene comune. Il conforto dei beni materiali. Ci convincono, queste immagini? Forse sappiamo in cuor nostro sceglierne almeno una, intendo una fra queste o anche un’altra più riuscita che non ho nominato. Una volta trovata l’immagine che ci convince, dobbiamo provare a capire qual è il percorso che porta a realizzarla, non è facile, ma qualche linea la possiamo disegnare. Finito l’esercizio, però, ci resta addosso una specie di disagio. Forse “una vita vissuta degnamente” è un concetto che produce in modo naturale imbarazzo. Per colpa di questo imbarazzo ci sentiamo indeboliti, e talvolta, come genitori o educatori, ci troviamo a chiederci se i nostri insegnamenti non siano una farsa.
Al lato opposto della vita vissuta degnamente c’è il concetto di vita sprecata. “Una vita sprecata parla solo a sé stessa e riflette solo sui propri dubbi”. Questa frase di Theodore Zeldin risuona molto nella nostra epoca. Oggi ci sembra che tutti non facciano altro che portare avanti i propri dubbi e la propria posizione, un monologo magari esposto sui social, che ha inizio e fine dentro di sé. Siamo incentivati ad avere opinioni forti, a coltivare delle convinzioni. Abbiamo la sensazione che se non le coltiviamo stiamo mentendo a noi stessi, e che mentire a noi stessi sia un peccato gravissimo, perché la vita ha a che fare con la scoperta del sé e la difesa della nostra identità. Ma è così?
Leggi un romanzo che ti piace molto, e leggendolo provi la sensazione che sia vicinissimo a te, anzi, è come se lo avessi scritto tu. Con questo intendi che il romanzo mette in scena una versione di te. Ma potresti anche voler dire che leggendolo per un attimo ti trasformi in una persona diversa, riesci a immedesimarti. Il confine fra queste due attività è più labile di quanto si creda, e ci svela una potenzialità fondamentale degli esseri umani: essere sé stessi e contemporaneamente diventare altro da sé. Lasciare che gli altri siano sé stessi e contemporaneamente trasformarci negli altri quando vogliamo capirli per davvero.
Forse più che insegnare ai figli cos’è una vita vissuta degnamente dovremmo tenergli la mano mentre diventano altro da noi, nella certezza che la distanza che si crea fra noi e loro non sarà mai incolmabile, ma può essere anzi annullata in qualsiasi momento con un esperimento mentale di improvvisa vicinanza.
© Riproduzione riservata