La proprietà della casa è la maggiore fonte di accumulazione di ricchezza. Ora ci sono anche le detrazioni per le seconde abitazioni
- Disuguaglianza e povertà non coincidono, per questo riducendosi la disuguaglianza può anche aumentare la povertà
- La disuguaglianza non è solo reddito, ma anche altre dimensioni. In particolare, sono rilevanti ricchezza e casa. La proprietà della casa è la maggior fonte di accumulazione di ricchezza.
- Le politiche pubbliche non sembrano mirare a ridurre la disuguaglianza, ma al contrario alcune misure l’aumenteranno, come nel caso dell’ecobonus.
Ci sono tre punti che vale la pena tenere a mente quando si parla di come la pandemia abbia accentuato le disuguaglianze nel nostro paese. Il primo è che disuguaglianza e povertà non coincidono. Il secondo è che nell’affrontare il tema della disuguaglianza si debbano considerare altre dimensioni, come la ricchezza, di cui la casa è la componente principale.
Il terzo riguarda l’efficacia delle misure pubbliche. Su quest’ultimo punto è emblematica – in termini negativi – la recente misura dell’ecobonus che, sebbene gli intenti certamente condivisibili di riqualificazione energetica e riduzione del rischio sismico delle abitazioni, comporterà un ampliamento delle disuguaglianze già esistenti. Ma andiamo per ordine.
Rispetto alla distinzione tra disuguaglianza e povertà, spesso c’è confusione e i due concetti sono usati come sinonimi anche se non lo sono. La disuguaglianza indica la disparità tra le famiglie. Essa non può essere definita in termini assoluti ma solo relativi.
La disparità tra famiglie
Possiamo parlare di disuguaglianze, ad esempio, solo comparando la famiglia Bianchi composta da madre, padre e due figli con un reddito annuo di 16mila euro e la famiglia Verdi anch’essa di quattro persone, due adulti e due bambini, con un reddito di 80mila euro. La distanza tra i redditi delle famiglie Bianchi e Verdi influenza le condizioni economiche dei due nuclei che hanno opportunità di vita e benessere molti differenti. La povertà è invece la condizione per la quale la famiglia Bianchi non è in grado di accedere a uno standard di vita minimo accettabile.
In una crisi, come quella che stiamo vivendo, la famiglia Bianchi si può trovare con un reddito ridotto a 8mila euro e la famiglia Verdi a 40mila. Il divario tra redditi, ossia la disuguaglianza, è sì ridotta, ma solo la famiglia Bianchi cade in povertà. In altre parole, è possibile che tutta la popolazione si impoverisca ma al contempo diminuiscano le disuguaglianze. Secondo i dati di un’indagine straordinaria di Banca d’Italia nei mesi di maggiore diffusione del Covid oltre la metà della popolazione ha subito una contrazione nel reddito familiare, particolarmente grave per i lavoratori autonomi. Inoltre, emerge dall’indagine che più di un terzo degli individui non ha abbastanza soldi per pagare le spese per i consumi essenziali per 3 mesi.
Questi dati ci fanno pensare che il nostro paese si trovi a dover affrontare un grosso problema di povertà delle famiglie ma, paradossalmente, può veder diminuire la disuguaglianza (a meno che non ci sia un aumento di reddito rilevante per alcuni). In realtà va tenuto presente quando si parla di disuguaglianza – qui il secondo punto – che il reddito è solo una delle componenti della condizione di benessere delle famiglie. Le condizioni di vita sono definite infatti dalla disponibilità di molte risorse materiali e immateriali: reddito, casa, automobile, salute, titolo di studio, amici. Quando parliamo di disuguaglianze economiche dobbiamo considerare la ricchezza, di cui la casa è certamente l’elemento principale.
Le abitazioni sono, infatti, la componente fondamentale del patrimonio delle famiglie italiane che in oltre sette casi su dieci sono proprietarie della casa dove vivono pur con grandi differenze. Per fare un esempio, si pensi alla famiglia Neri composta anch’essa da due adulti e due bambini e residente in una città metropolitana del Nord Italia. È proprietaria dell’alloggio dove risiede ma anche di altri quattro immobili. Due sono le seconde case che usano per le vacanze, una in montagna e una al mare. Hanno poi ereditato dalla nonna un alloggio nella periferia della città che affittano a una coppia di stranieri con due bambini. Infine, hanno più recentemente acquistato – accedendo a un mutuo decennale a tasso fisso – un alloggio nel loro stesso quartiere centrale.
Lo affittano regolarmente tramite una piattaforma digitale. La famiglia Rossi invece ha acquistato – in questo caso con un mutuo variabile di 25 anni – in occasione del matrimonio un trilocale in un paese della seconda cintura. Stanno ancora pagando il mutuo e pensano a come faranno a risparmiare per poi aiutare i figli quando usciranno di casa.
Sia i Neri sia i Rossi sono famiglie proprietarie, ma in maniera radicalmente diversa. Tra i vari elementi che definiscono la complessità delle due situazioni uno cruciale fa riferimento al fatto che il nostro è un sistema in cui le banche concedono soldi a chi i soldi già li ha. La diffusione dei mutui è così andata aumentando negli ultimi 15 anni soprattutto tra coloro che hanno più risorse e la presenza di mutui in Italia non rappresenta un indicatore di fragilità, ma di forza sul mercato finanziario. In questo sistema quando la disponibilità e la sicurezza di reddito diminuisce, cresce la difficoltà a fare investimenti nell’abitazione per la fascia più fragile della popolazione.
È dunque verosimile un ulteriore aumento delle disuguaglianze di ricchezza. Per questa ragione è auspicabile, particolarmente in questo quadro, un intervento pubblico che miri al sostegno delle famiglie più in difficoltà, ossia quelle in affitto.
Niente tasse sui proprietari
Arriviamo così al terzo punto, la risposta delle politiche pubbliche al tema della disuguaglianza. Come fanno i governi a ridurre i divari di individui e famiglie? In due modi. Il primo è ex-ante. Si evita che alcuni accumulino troppo o troppo poco. Sono queste le politiche ad esempio di salario minimo o di tetto massimo ai salari. Il secondo modo è invece ex-post attraverso tassazione e redistribuzione. Chi ha accumulato molto più di altri è tassato e parte della sua ricchezza è data tramite trasferimenti e servizi a chi non ha accumulato niente o troppo poco.
Oggi la situazione nel nostro paese è molto squilibrata. Già adesso la disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza è circa il doppio di quella nel reddito. Secondo i dati Oxfam, nel 2019 in Italia il 10 per cento più ricco possedeva da solo oltre 6 volte la ricchezza del 50 per cento più povero e la quota di ricchezza posseduta dalla fascia dei ricchissimi – 1 per cento più ricco – superava tutta la ricchezza complessiva del 70 per cento più povero.
Per intervenire in questo quadro, bisogna prendere una parte di ricchezza dai Neri e trasferirla ai Rossi e soprattutto ai Bianchi. Tuttavia, sono molte le famiglie – anche tra i Bianchi - che si dichiarano contrarie a politiche di tassazione più incisive e la parola patrimoniale evoca come minimo reazioni di resistenza. Oltre all’aspetto sul come vengono reperite le risorse è però interessante considerare come vengono distribuite. Come si riducono le disuguaglianze?
Come detto poco fa, dando risorse e aiuti ai più poveri. Dunque, evitando tutte le misure di sostegno date a pioggia che non tengono conto della distribuzione delle risorse economiche. E rimanendo sul tema della casa, possiamo considerare con una certa criticità gli incentivi per la ristrutturazione delle seconde case introdotte di recente. In sostanza, nel decreto Rilancio si è prevista una detrazione al 110 per cento per gli interventi di efficientamento energetico, fotovoltaico e di messa in sicurezza sismica da utilizzare anche per le seconde case.
Proprio in questi giorni si troveranno in Gazzetta Ufficiale i decreti, rivisti dopo le osservazioni della Corte dei Conti, che contengono i requisiti tecnici per il Superbonus e il Sismabonus al 110 per cento, nonché la procedura per ottenerli. In pratica se la famiglia Neri vuole ristrutturare la casa in montagna, sostituendo vetri e infissi o cambiando la caldaia ormai difettosa, può farlo con il sostegno dello stato. E può farlo anche la famiglia Verdi, a patto di potersi affidare a professionisti, più cari, in grado di consentirgli di muoversi all’interno dell’intricata procedura di richiesta del bonus.
Chi certamente non può farlo è la famiglia Bianchi, che vive in affitto, e che non trae alcun beneficio da questa misura. Va considerato anche che nel nostro paese dal 2016 è stata abolita per le prime case (indipendente dal loro valore, con poche eccezioni) l’Imu, l’Imposta Municipale Unica, che era la tassa che riguardava la proprietà.
L’esenzione dall’Imu è estesa alle seconde case dove risiedono i parenti in linea diretta entro il primo grado. In sostanza in un paese, dove i proprietari di casa – indipendentemente dal reddito e dal numero di proprietà – non sono tassati, si offre una misura di detrazione per le seconde case. Da questo quadro allora ci possiamo aspettare che le disuguaglianze di ricchezza continueranno ad aumentare. Speriamo almeno che qualcuno abbia il coraggio di cominciare a parlare seriamente di patrimoniale.
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