- L’agenda Draghi a disposizione dei partiti non esiste, ma Mario Draghi una sua agenda per queste elezioni ce l’ha eccome.
- La priorità è assicurarsi che Giorgia Meloni non disperda l’eredità del suo governo e ridurre al minimo i danni che Matteo Salvini può causare, senza lasciare troppi spazi alle polemiche del mai amato Giuseppe Conte.
- Primo messaggio a Giorgia Meloni: conferma come ministro dell’Economia Daniele Franco .
L’agenda Draghi a disposizione dei partiti non esiste, ma Mario Draghi una sua agenda per queste elezioni ce l’ha eccome: assicurarsi che Giorgia Meloni non disperda l’eredità del suo governo e ridurre al minimo i danni che Matteo Salvini può causare, senza lasciare troppi spazi alle polemiche del mai amato Giuseppe Conte.
La sua conferenza stampa dopo il Consiglio dei ministri recupera il format ricorrente del regolamento dei conti attraverso messaggi molto poco cifrati e un’ironia abrasiva che non lascia spazio ad ambiguità e repliche.
Primo messaggio a Giorgia Meloni: conferma come ministro dell’Economia Daniele Franco (“Complimenti ancora, mi auguro che il prossimo governo abbia un ministro bravo come lui”: debito che scende almeno in euro, miliardi recuperati per le bollette senza fare nuovo deficit ecc).
Meloni ha un problema per il ministero dell’Economia, deve rassicurare i mercati ma non ha nessuno in squadra adatto, togliere Fabio Panetta dal board della Bce sarebbe un suicidio, perché l’Italia avrebbe ancora meno peso nel momento in cui rischia di essere più attenzionata dagli investitori (e solo la Bce garantisce tassi bassi).
Draghi offre la soluzione: Franco può restare, e magari pure Roberto Cingolani, nel pacchetto, il ministro della Transizione ecologica un tempo in quota Cinque stelle e ora apprezzato dalla destra perché della transizione ha una visione assai minimalista.
Il premier non vuole complicare la vita alla leader di Fratelli d’Italia, ma ci tiene a fissare punti fermi: leggi sulla concorrenza, mappa delle concessioni (una volta emerse le storture, è più difficile prorogarle), tempi certi per il rigassificatore di Piombino osteggiato dal sindaco di Fratelli d’Italia che confida nel prossimo governo per evitarlo.
Per usare l’espressione di Rino Formica, Draghi sarà pure il “lord protettore” di Giorgia Meloni, ma è prima lord e poi protettore.
Contro Salvini
Messaggi vari a Salvini: abbiamo fatto un decreto da 31 miliardi, quelli che chiedevi, e senza scostamento di bilancio, cioè senza nuovo deficit. E così il leader della Lega perde il suo principale argomento di campagna elettorale. Draghi conferma che era giusta la posizione di Giorgia Meloni, cioè la richiesta di intervenire ma senza scostamenti.
Però sgombra anche il dibattito dalla non-notizia sui finanziamenti russi a partiti stranieri: i 300 milioni di cui ha scritto il Washington Post non riguardano partiti che competono in queste elezioni, ha assicurato il segretario di Stato Anthony Blinken a Draghi.
Ma poi chiarisce che il governo non condivide affatto la linea di Salvini sulle sanzioni da revocare. Quelle servono, assicura il premier, che poi rassicura: il centrodestra non è solo la Lega, “ci sono tanti punti di vista, vuol farmi dire che quello di Salvini prevale su quello di Fratelli d’Italia e Forza Italia? Non lo posso dire”. Per fortuna che c’è Meloni, insomma.
Messaggio a Giuseppe Conte, il cui consenso personale deriva dalla gestione della pandemia e delle successive misure economiche: si può gestire l’emergenza senza regali.
Draghi annuncia che le imprese in difficoltà con i costi della crisi energetica potranno avere accesso a prestiti agevolati dalle banche, ai tassi dei Btp, senza commissioni, con garanzia statale gratuita. Un modo per rateizzare le bollette, senza socializzare le perdite attuali (mentre i profitti precedenti e successivi restano ben privati).
Poi contributo da 150 euro a 22 milioni di italiani che guadagnano meno di 20.000 euro, inclusi incapienti. “Questa è l’agenda sociale del governo che ho avuto l’onore di presiedere”. Messaggio: i Cinque stelle hanno fatto cadere il governo perché indifferente alle ricadute sociali della crisi, ma se lo avessero lasciato lavorare i più fragili avrebbero avuto soltanto benefici.
Quindi Draghi toglie in un attimo il principale argomento di campagna elettorale di Conte (cioè che la vera sinistra è quella dei Cinque stelle contro i draghiani del Pd).
Altro messaggio a Conte: le scuole si sono aperte senza problemi, come l’anno scorso, a differenza che in passato. «Queste cose sono successe perché il ministro dell’Istruzione Bianchi ha iniziato a lavorarci a gennaio, non due mesi prima».
A tutti i partiti Draghi chiarisce due cose: il governo è pienamente operativo, fa cose, molte delle quali non sono filtrate sui giornali, senza la solita ridda di bozze, indiscrezioni polemiche. La seconda cosa che chiarisce è che il premier incide sulle elezioni e sullo scenario con l’azione dell’esecutivo, non con la sua persona, con le sue ambizioni, o con ambiguità sul suo futuro. Sarebbe disponibile per un altro incarico?, gli chiedono in conferenza stampa. «No». E basta. Un no che sottintende: il governo Draghi sta finendo davvero, e lo rimpiangerete. Tutti.
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