- La scuola dovrebbe garantire a tutti le stesse opportunità. Questo in Italia non avviene nemmeno in tempi normali.
- Con la pandemia, a parità di disagio per tutti, sono le famiglie con meno risorse economiche, sociali e culturali che faranno più fatica a contrastare i processi di disimpegno scolastico.
- Nel 2019 l’Italia era al quinto posto per percentuale di giovani tra i 18 e 24 anni che hanno lasciato gli studi senza conseguire il diploma. E mentre le scuole stanno per richiudere o hanno giò richiuso, questo governo, in continuità con il precedente, sembra darle scarsa importanza.
La chiusura delle scuole è imminente. Tra pochi giorni moltissimi ragazzi e ragazze inizieranno nuovamente la didattica a distanza, la dad. In alcuni territori le scuole sono già chiuse. La scelta di sospendere le lezioni in presenza ha delle buone ragioni. L’obiettivo esplicito, ampiamente comprensibile, è di contenere la diffusione dei contagi da coronavirus. Per perseguire questo scopo prioritario vengono accettati i rischi conseguenti alla chiusura delle scuole, in particolare per l’aumento delle disuguaglianze. Indipendentemente dalla prospettiva politica, tutti concordano sul fatto che, in una società democratica, la scuola debba fornire a tutte le studentesse e a tutti gli studenti le stesse opportunità di apprendimento e inclusione sociale. Molti inoltre ritengono che la scuola possa e debba “rimescolare le carte” dell’origine sociale, compensando le situazioni di svantaggio iniziale e facendo in modo che i risultati scolastici dipendano solo dal talento e dall’impegno dei singoli e non dalle condizioni socioeconomiche delle famiglie. Per questa ragione la scuola ha un ruolo fondamentale nel contrasto alla disuguaglianza e alla sua riproduzione tra le generazioni.
I genitori non dovrebbero contare
Questo ruolo si concretizza nel supportare e sostenere allievi e allieve provenienti da ambienti più svantaggiati, rimuovendo le barriere economiche ma anche di integrazione e di capacità di studio. La scuola dovrebbe garantire che non vadano “bene” a scuola solo i figli di genitori più istruiti, ma che tutti abbiano le stesse opportunità di imparare e, nel lungo periodo, acquisire i titoli di studio più alti che consentano loro di inserirsi in modo soddisfacente nel mercato del lavoro. In altri termini, avere genitori con la sola licenza elementare o laureati non dovrebbe fare alcuna differenza in termini di istruzione.
Risorse diverse
Nel nostro paese questo non avviene neppure in tempi normali. Con la chiusura delle scuole finirà si inaspriranno gli inaccettabili divari già esistenti.
Le ragioni sono molte e ormai ampiamente note. Le risorse tecnologiche e di connessione non sono distribuite equamente tra le famiglie, gli spazi domestici non sono uguali per tutti, con evidenti ricadute sull’efficacia e la qualità della didattica. Anche il ruolo dei genitori nella fruizione della didattica a distanza diventa fondamentale, almeno per i più piccoli e per quanti hanno difficoltà di apprendimento.
È chiaro però che, a parità di disagio per tutti, sono le famiglie con meno risorse economiche, sociali e culturali che faranno più fatica a contrastare i processi di disimpegno scolastico. E anche per gli studenti più grandi, le conseguenze saranno tutt’altro che lievi riproducendo di nuovo i divari sociali, in particolare attraverso l’abbandono della scuola.
Questo fenomeno era già drammatico nel nostro paese prima della pandemia, tant’è vero che erano numerose le misure a livello nazionale e europeo che miravano a contrastare la dispersione scolastica e che hanno visto ridurre la percentuale di abbandoni.
Tuttavia, ancora nel 2019 l’Italia era al quinto posto dopo Spagna, Malta, Romania e Bulgaria per percentuale di giovani tra i 18 e 24 anni che hanno lasciato gli studi senza conseguire il diploma. Tra questi, il nostro paese era quello con la quota maggiore di giovani che non lavoravano pur volendolo fare.
Il fenomeno dell’abbandono è preoccupante non solo per i singoli studenti, con più probabilità provenienti dalle classi più basse, ma per tutti, per gli alti costi economici che comporta in termini di competenze sprecate, aggravando anche le disuguaglianze sociali.
Davvero?
Adesso, con la nuova chiusura delle scuole, le situazioni di povertà educativa e di ampliamento dei divari tra studenti peggioreranno. Chi tutela il diritto all’istruzione garantito dalla Costituzione, all’inclusione, al contrasto delle disuguaglianze? Il nuovo governo, in continuità con il precedente, sembra dare ancora uno scarso valore alla scuola. E non solo. Manca completamente nell’agenda politica una discussione sulle conseguenze della mancanza di investimenti, progetti, supporti per la parte educativa e di socializzazione, accoglienza, difficoltà emotiva e psicologica.
Al momento, sembra contare solo la sicurezza sanitaria. Siamo tutti consapevoli - e speriamo d’accordo - sull’importanza di tutelare la salute fisica. Ma possiamo anche chiederci: davvero non c’è altro? Davvero non si poteva fare altro?
Se non è vero, che il governo non dà importanza alla scuola, auspichiamo che essa sia rimessa al centro del dibattito pubblico e dell’agenda politica, per la sua funzione di compensare le ampie differenze nelle dotazioni e nelle risorse a cui gli alunni possono accedere. Queste ultime, come detto, riproducono drammaticamente le disuguaglianze da una generazione a un’altra e l’esito prevedibile e ingiusto è che i figli dei ricchi saranno sempre ricchi e istruiti (e con buoni lavori e socialmente inclusi) e i figli dei poveri saranno sempre poveri e incolti (e disoccupati e socialmente esclusi).
A scuola non si va solo per imparare a leggere, scrivere e contare. A scuola si impara a essere cittadini, con diritti e doveri, si impara la socialità, l’emotività, il valore dell’interculturalità. “Materie” più che mai necessarie in un paese che sta affrontando tempi drammatici.
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