- Giovedì 3 dicembre verrà presentanta la nuova edizione del Rapporto sull’inclusione finanziaria curato da Banca Etica.
- Lo studio è basato solo su statistiche ufficiali (di Istat, BCE e Banca d'Italia, le ultime sono relative al 2018) e i risultati sono analizzati per l’Italia a partire dal 2012, anno culmine delle tensioni sui nostri titoli di stato.
- C'è molto da lavorare per la finanza etica in Europa, dunque, nella quotidianità e nella declinazione concreta di un modello inclusivo del fare banca.
Aumenta la difficoltà di accesso al credito e ai servizi bancari per imprese e persone. Il livello di inclusione finanziaria in Italia è di circa 4 punti percentuali al di sotto di quello osservato nel 2012. È quanto emerge dalla nuova edizione del Rapporto sull’inclusione finanziaria curato da Banca Etica, che verrà presentato il 3 dicembre in un evento online moderato dal direttore di Domani, Stefano Feltri, con la partecipazione di Lucia Schiona e Alessandro Messina (Banca Etica), Vittorio Pelligra (docente di Economia all'Università di Cagliari), Marco De Guzzis (amministratore delegato di Sardex). La ricerca sarà scaricabile dal sito di Banca Etica subito dopo la presentazione.
Lo studio è basato solo su statistiche ufficiali (di Istat, BCE e Banca d'Italia, le ultime sono relative al 2018) e arriva a sintetizzare in un indice originale di “inclusione finanziaria”, fino al livello regionale e provinciale, diverse variabili che misurano, da un lato, la penetrazione dei servizi bancari, come ad esempio la diffusione degli sportelli e l’utilizzo dell’online banking, e dall'altro le condizioni di accesso al mercato del credito.
I risultati sono analizzati per l’Italia a partire dal 2012, anno culmine delle tensioni sui nostri titoli di stato, quando lo spread BTP-Bund sfiorò i 600 punti base, e vero spartiacque per gli equilibri economici e finanziari della nostra economia: con la grave recessione che ne è scaturita, il progressivo restringimento del credito, i diversi crack bancari di istituti medio-grandi, il profondo processo di ristrutturazione del mercato bancario che ne è conseguito, ancora in corso.
Valutare le conseguenze che tutti questi eventi hanno avuto su famiglie e imprese, e in particolare sulla loro capacità di essere incluse nel circuito creditizio tradizionale, risulta di fondamentale importanza per chiunque abbia a cuore lo sviluppo dell’economia reale. Tanto più che nel corso del 2020 si è aggiunto alle difficoltà pregresse il nuovo e dirompente shock della pandemia da Covid-19.
Come in molte altre questioni che riguardano l’Italia, anche nella prospettiva dell’inclusione finanziaria il divario territoriale appare un fattore di grande rilievo.
L’Italia nord-occidentale e il Centro si confermano le macroaree che mostrano il livello più elevato di inclusione finanziaria, pur registrando - entrambe - un peggioramento delle condizioni rispetto ai punti di partenza. Però il peggioramento più marcato si osserva per il Nord-Est, con una variazione del -9,1%, che si può leggere come diretto risultato delle crisi bancarie che hanno colpito in modo specifico questi territori (le due venete vendute per 1 euro a IntesaSanPaolo).
Nonostante i generali deterioramenti per Nord e Centro della penisola, comunque, le condizioni di inclusione finanziaria al Sud e alle Isole restano le peggiori: nel 2018 circa 20 punti percentuali inferiori al livello di inclusione finanziaria osservato nella media nazionale del 2012.
Milano resta la provincia con il miglior indice di inclusione finanziaria, seppur in flessione. In seconda posizione si piazza la provincia di Roma, seguita da Siena, Brescia e Treviso. La provincia del Mezzogiorno che evidenzia la migliore posizione in classifica è Bari (41° posto), con un livello di inclusione finanziaria comunque inferiore alla media nazionale.
In coda alla classifica la provincia di Reggio Calabria, con un indice di inclusione finanziaria pari a circa il 60 per cento di quello medio nazionale. Seguono - a salire - le province di Enna, Crotone, Vibo Valentia e Agrigento.
Ciò che più rileva, e che lo studio ben dimostra, è che la caduta dell’inclusione finanziaria è interamente attribuibile all’offerta creditizia. Il credito si riduce, diventa più selettivo, discrimina segmenti di popolazione e di tessuto produttivo, in particolare le piccole imprese. In Italia come in Spagna. Per la prima volta, infatti, la ricerca presenta anche un'analisi di quanto accade nella penisola iberica, nella quale Banca Etica opera dal 2014. I fenomeni sono simili, così come le traiettorie del mercato bancario, che accomunano i due paesi: meno intermediari, meno sportelli, più concentrazione (cresciuta del 35 per cento in Italia, del 50 per cento in Spagna), forte riduzione dell'offerta di credito, crescita delle aree di vulnerabilità finanziaria, soprattutto per le persone più fragili: giovani, anziani, lavoratori autonomi.
C'è molto da lavorare per la finanza etica in Europa, dunque, nella quotidianità e nella declinazione concreta di un modello inclusivo del fare banca. E c’è molto da lavorare per i regulator e le autorità di supervisione, auspicando che inizino presto ad adottare il punto di vista di chi è a rischio di esclusione.
Il tempo a disposizione è infatti poco e questo studio di Banca Etica vuole aiutarci a prenderne coscienza.
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