- Venerdì in meno di 24 ore cento associazioni si sono mobilitate per sottoscrivere un appello al parlamento e alla Commissione europea, alla commissaria per i Diritti umani del Consiglio d’Europa e al governo italiano, a sostegno delle donne polacche.
- Da oltre una settimana scendono in piazza in tutto il paese contro la sentenza che ha dichiarato che l’aborto è contrario alla Costituzione anche in caso di gravi malformazioni del feto.
- La richiesta che da tempo dalle attiviste polacche è di adottare una iniziativa decisa affinché i finanziamenti Ue siano negati agli stati che violano i diritti.
Venerdì in meno di 24 ore cento associazioni si sono mobilitate per sottoscrivere un appello al parlamento e alla Commissione europea, alla commissaria per i Diritti umani del Consiglio d’Europa e al governo italiano, a sostegno delle donne polacche che ormai da oltre una settimana scendono in piazza, in tutto il paese, contro la sentenza che ha dichiarato che l’interruzione volontaria di gravidanza è contraria alla Costituzione anche in caso di gravi malformazioni del feto.
La risposta immediata e l’adesione corale a questo appello sono anche determinate dalla pesante repressione che le manifestanti hanno subito in questi giorni dalle forze di polizia e dall’esercito, dispiegate in modo massiccio nelle strade della capitale e in tutto il paese.
Lo Strajk Kobiet (sciopero delle donne) avviene nel pieno della seconda ondata dell’emergenza Covid-19, in un momento che rende ancora più problematica l’espressione del dissenso, a causa delle note limitazioni agli spostamenti e agli incontri delle cittadine e dei cittadini. Nonostante queste ulteriori difficoltà, donne e uomini continuano a manifestare pacificamente.
Le donne polacche ci hanno chiesto aiuto; hanno bisogno del nostro aiuto e di quello delle donne di tutta Europa per essere ascoltate dalle istituzioni europee. La richiesta forte che da tempo proviene dagli attivisti e dalle attiviste polacche è quella di adottare al più presto una presa di posizione decisa affinché i finanziamenti europei siano negati agli stati membri che violano i diritti umani, e dunque alla Polonia, che viola il “rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell'uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze”, principi a cui è vincolata dagli articoli 2 e 7 del Trattato sull’Unione europea.
Con questo appello il mondo dell’associazionismo ha inteso in primo luogo esprimere ampia solidarietà alle donne polacche, a cui è negata la libertà di scelta e che vedono compromesso il diritto alla loro autodeterminazione, ma affermare che la limitazione dei diritti e delle libertà delle donne è una limitazione dei diritti umani che compromette la democrazia di tutte le cittadine e di tutti i cittadini europei.
La forza delle donne polacche, la loro tenacia, la loro unità nella difesa dei loro diritti, deve essere un monito per i movimenti femministi e femminili d’Europa e del mondo; insieme ed unite fermeranno i gravissimi attacchi alla loro autodeterminazione: la loro battaglia è la battaglia di tutte e tutti noi.
La lettera è stata sottoscritta da 100 associazioni femministe e femminili come “Se non ora quando?”, D.i.Re, Casa internazionale delle donne, Dalla Stessa Parte, Udi, Rete dei Telefoni Rosa, Rebel Network, Differenza Donna, Conferenza Nazionale delle Donne Democratiche, IF Iniziativa Femminista. Ma anche sigle diverse quali, ad esempio, Arci nazionale, Associazione Luca Coscioni, Certi Diritti, All Out, Dà voce al rispetto e Avvocatura per i diritti LGBTI - Rete Lenford.
A titolo personale hanno firmato la drammaturga statunitense Eve Ensler, la filosofa Michela Marzano, la sociologa Chiara Saraceno, l’accademica Elisabetta Camussi, la scrittrice Dacia Maraini e Silvia Cutrera e la coordinatrice Fish Gruppo donne.
A questo link la lettera con tutte le adesioni. English version.
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