Nessun curricolo è innocente. La selezione di cosa vale la pena portare tra i banchi - che siano programmi o indicazioni - non è mai neutrale: è sempre una scelta arbitraria, che riflette le idee, le credenze e i valori di chi la compie. Le Indicazioni Nazionali del 2012 si declinavano su due pilastri evidenti: l’europeismo e la consegna di fiducia alla funzione docente a cui veniva riconosciuta ampia libertà di scelta nella costruzione dei saperi.

Una costruzione sempre raccomandata in funzione delle competenze e dei contesti, situata e critica che si distanziava dall’accumulo di astratte cognizioni stuccate sull’altare della tradizione. Forse la vera urgenza che ha spinto il ministro Giuseppe Valditara e il suo entourage a mettere mano alle Indicazioni, lungi dall’essere la necessità di aggiornamento propinata ai giornali (perché non occuparsi della riforma dei gradi superiori che attende dai tempi biblici una revisione dei curricula?), sta nella troppa libertà con cui si sostanzia la funzione docente e gli spazi di partecipazione delle comunità scolastiche.

Soprattutto nella fascia dell’obbligo che è quella che ha sfornato, in più di mezzo secolo di scuola antifascista e democratica, le innovazioni sociali più trasformative del nostro paese: il tempo pieno, la scuola media unica, le metodologie didattiche inclusive, gli spazi di coprogettazione e le scuole aperte ai territori.

E in effetti i propri valori il nostro governo li ha ben chiari: sono il neoliberismo, con l’interesse privato posto davanti a quello pubblico; il nazionalismo, con il rigido rispetto delle regole e l’obbedienza che non lascia spazio al pensiero critico; sono l’ordine, l'ossessione securitaria e il decoro. Lo abbiamo visto con le Linee guida per l’Educazione Civica e lo vedremo, senza fare divinazioni, con le prossime Indicazioni Nazionali per il Curricolo.

Se il governo ha ben chiari i propri valori, ha anche chiara la centralità del curricolo per propagandarli. E non a caso dalle dichiarazioni rilasciate da Valditara emerge nettamente il passo all’indietro, di metodo, dell’intera operazione: non solo e non tanto nei soliti richiami alle culture di destra - come le ha chiamate Furio Jesi - nella triade Bibbia, Roma imperiale e Tolkien - ma nell’idea che compito del ministero sia disegnare l’architettura dei saperi, dettare i contenuti delle discipline, irrigimentare l’epistemologia di una nazione.

Un sogno totalitario che le persone studenti devono assimilare sin dall’infanzia con la ripetizione a memoria e l’assuefazione a modelli di acquiescenza, il conformismo, il culto dell’autorità costituita a suon di voto in condotta. Il ruolo della scuola diventa allora quello di riprodurre, acriticamente, la visione del mondo imposta dall’alto; una visione funzionale al potere e al suo mantenimento.

Il prodotto non può che essere una scuola che esclude la pluralità e le differenze, che uccide la libertà di parola e il pensiero critico ponendosi come unico obiettivo l’omologazione.

Una scuola che esiste già: con Terragni come garante dell’infanzia e con gli attacchi alla libertà di insegnamento e la censura del corpo docente, la rana è già bollita. Le soggettività trans* sono sempre meno tutelate e sempre più invisibilizzate; e le notizie che arrivano da oltreoceano non fanno che aggiungere preoccupazione e sconforto. In questo contesto, l’operazione che Valditara sta portando avanti con la riscrittura delle Indicazioni Nazionali è l’ennesima palla demolitrice lanciata contro la scuola italiana, per disintegrarne il mandato educativo, per distruggere ogni orizzonte di promozione sociale.

È un’operazione i cui contenuti sono coerenti con il metodo con cui è realizzata: senza mettere al centro l’esperienza delle scuole e delle persone che le attraversano, ignorando la pluralità di voci, di visioni, di conoscenze che oggi coesistono nella nostra società e nei contesti educativi. Questo non può che acuire i conflitti e aumentare il disagio, allargando fratture e spaccature, silenziando ogni possibilità di dialogo.

Nessun curricolo è innocente: quello che verrà fuori dalla nuove Indicazioni Nazionali di Valditara, però, rischia di essere un curricolo profondamente colpevole.

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