Vaccini contro il Covid-19 per tutte e tutti. Ovunque, a prescindere dalla condizione socioeconomica. Una sfida resa ardua non solo dall’alto grado di diseguaglianza sociale a livello globale, ma anche dagli interessi economici delle aziende. L’unico modo per vincerla è un impegno effettivo degli stati ad anteporre a questi ultimi un approccio basato sulla tutela dei diritti umani. Attualmente, infatti, 9 persone su 10 in quasi 70 paesi a basso reddito rischiano di non avere accesso alla campagna di vaccinazione nel 2021; a denunciarlo, già alcuni mesi fa, è stata l’Alleanza per il vaccino popolare, rete di organizzazioni di cui fa parte Amnesty International. E se la possibilità di fruire dei vaccini nelle aree più svantaggiate del mondo potrebbe, nell’anno in corso, essere riservata solo a un decimo della popolazione che vi risiede, anche negli stati economicamente sviluppati vi è il rischio che le fasce più vulnerabili ed esposte al rischio di discriminazione e marginalizzazione sociale restino escluse.
La soluzione
Eppure, un modo per fare significativi passi avanti ampliando la produzione c’è: una deroga all’accordo Trips dell’Organizzazione mondiale del commercio, che regola gli aspetti commerciali relativi alla proprietà intellettuale, limitando di fatto la fabbricazione del vaccino. Trips già prevede tutele note come “flessibilità”, pensate per non ostacolare l’accesso tempestivo a prodotti sanitari salvavita, le quali possono essere applicate da ogni paese su base individuale, a seconda delle circostanze e del prodotto; tutele che, proprio per queste caratteristiche, oggi appaiono gravemente insufficienti a garantire una campagna di vaccinazione accessibile al più ampio numero di persone possibile, soprattutto nei paesi a basso e medio reddito.
Per questo Amnesty domanda, unendosi alla richiesta di Sudafrica e India, una deroga che consenta a ogni stato di non concedere né applicare brevetti e altri diritti di proprietà intellettuale collegati ai prodotti contro il Covid-19 fino al raggiungimento dell’immunità di gregge globale.
Il ruolo della società civile
La prossima settimana, l’uno e il due marzo, il Consiglio generale dell’Omc si riunirà e proseguirà la discussione su questo tema e anche il Consiglio Trips tornerà a riunirsi presto, il dieci e undici marzo. Ma senza un dibattito pubblico forte sull’argomento, riuscire a ottenere un cambiamento rilevante sarà ancora più difficile: se diversi paesi a basso reddito si sono espressi in favore di questa tipologia di richiesta; numerosi tra quelli in via di sviluppo o ad alto reddito si sono opposti per via della mancanza di indicazioni rispetto al fatto che l’accordo possa costituire una concreta barriera nell’accesso ai prodotti sanitari e farmaceutici relativi al Covid-19. Sordi alle preoccupazioni espresse dagli esperti in materia di diritti umani delle Nazioni unite, secondo i quali, al contrario, tali controversie sulla proprietà intellettuale e sui produttori oligopolistici rappresenterebbero questo tipo di ostacolo.
La questione è arrivata anche nel nostro Parlamento. Il prossimo 22 marzo sarà discussa una mozione a firma M5S che impegna il governo a sostenere questa proposta in sede di Organizzazione mondiale del commercio.
Non lasciare nessuno indietro
Lasciare indietro i più fragili, concentrando le risorse a disposizione sulle sole aree, geografiche e sociali, dove i riflettori sono puntati, ignorando quelle in ombra, non sradicherà la pandemia. Il Covid-19 non sarà sconfitto, solo arginato, pronto a tornare nei luoghi che, per primi, riusciranno a farlo indietreggiare in modo massiccio grazie a campagne di vaccinazioni efficaci rese possibili da un forte potere di acquisto.
L’unica sconfitta del Covid-19 passa per uno sforzo globale comune volto a garantire il pieno accesso, tra gli altri, al diritto alla non discriminazione, al diritto alla salute. Per tutte e per tutti, nessuno escluso. La vittoria allora, sarà doppia, sul fronte sanitario e sul fronte dei diritti umani.
© Riproduzione riservata