Pontida è un appuntamento storico per per la Lega, finalizzato a dare voce alle idee e ad affermare la propria identità. L'evento non si riduce al comizio del leader, ma è un luogo di incontro e di confronto costruttivo in un periodo in cui sempre di più i dibattiti avvengono sui social
Domenica 17 settembre, militanti, dirigenti ed eletti della Lega si ritroveranno a Pontida per un appuntamento che da oltre trent’anni accompagna la storia del nostro partito.
Già questo lungo arco di tempo rappresenterebbe da solo un motivo di rispetto per il raduno di quella che attualmente è la forza politica più longeva rappresentata nel parlamento italiano. Un appuntamento che la Lega “si ostina a tenere in vita”, come scritto da questo giornale, perché costituisce l’occasione principale di incontro e di condivisione di una comunità.
Si tratta di una “tradizione inventata”, nella definizione di Eric Hobsbawm alla quale il professor Gianluca Passarelli associa impropriamente un significato negativo. Ciò che Passarelli dimentica è che su quelle che Hobsbawm chiama “tradizioni inventate” si sono costruite e consolidate non solo storie e ideologie politiche, ma anche nazioni e religioni. È una “tradizione inventata” perfino il santo Natale, festeggiato per volere dell’imperatore Costantino nel giorno fin lì consacrato al culto del Sol Invictus. Eppure nessuno oggi si sentirebbe di denigrare per questo i festeggiamenti del 25 dicembre.
Un appuntamento di idee
Senza voler proporre paragoni azzardati, voglio solo ricordare che la partecipazione al raduno di Pontida – al di là dei richiami storici e degli aspetti folcloristici che lo accompagnano – rappresenta per migliaia di persone un appuntamento importante per riaffermare la propria identità e dare voce alle proprie idee.
È lo stesso Hobsbawm a dirci che la “tradizione inventata” può avere successo solo «nella misura in cui riesce a comunicare su una lunghezza d’onda sulla quale il pubblico è già sintonizzato». E il successo di Pontida è innegabile.
Se centinaia di migliaia di persone hanno calcato il “sacro suolo”, è perché le idee che vengono rappresentate su quel palco e quelle che animano le discussioni a margine intercettano il pensiero, i bisogni e i desideri di una comunità che è reale, che con il proprio lavoro traina l’economia del paese e che merita una rappresentanza politica.
Il dito e la luna
Al pari delle Feste dell’Unità, della Leopolda, di Atreju e di altri appuntamenti simili, Pontida consente a dirigenti e militanti di incontrarsi e confrontarsi, in un periodo storico in cui le sedi di partito si svuotano e il dibattito si sposta sui social, nascosti dietro i monitor. Il comizio del leader in questi casi è forse l’evento che ha maggior rilievo mediatico, ma non esaurisce l’appuntamento in sé.
Chi viene a Pontida non lo fa per «reificare il capo», né tanto meno per «sostituire i passaggi congressuali», che proprio in questi mesi la Lega sta celebrando. Lo fa per ritrovarsi. Lo fa per farsi sentire dal resto del paese e da noi che li rappresentiamo nelle istituzioni.
L’unica «grottesca rappresentazione» è quella di chi per pregiudizio politico guarda solo il dito e ignora la luna. Per noi la luna si chiama autonomia, si chiamano piccole e medie imprese, si chiamano pensionati e lavoratori che faticano ad arrivare a fine mese, si chiamano agricoltori, si chiama lotta ai delinquenti e ai trafficanti di esseri umani. La Lega ha dato dignità e spazio a questi temi, anche quando altri si ostinavano a ignorarli.
È questo l’impegno che rinnoviamo ogni anno a Pontida e continueremo a farlo finché potremo contare sul sostegno dei nostri militanti.
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