La scuola sta per ricominciare, eppure il clima di settembre – la miscela di entusiasmo per l’inizio dell’anno e nostalgia per la fine dell’estate – è viziato dall’aria pesante che circola nelle scuole italiane.

Organizzando il prossimo meeting della rete Educare alle Differenze, ci troviamo a ragionare intorno alle nuove linee guida per l’educazione civica proposte dal ministero di Valditara, eppure molte delle insegnanti presenti non se la sentono di esporsi.

«La situazione è tesa, per ogni dirigente che ha rifiutato le linee guida, coerentemente con il parere del Consiglio superiore della pubblica istruzione (Cspi), ce n’è un’altra che le vuole già mettere in atto, e non sai cosa aspettarti», dice una di loro.

Un clima di paura e tensione che deriva anche dal nuovo Codice di comportamento dei dipendenti pubblici, che vieta qualsiasi intervento o commento che nuoccia all’immagine della propria scuola o della pubblica amministrazione in generale.

In che scuola stiamo tornando allora, questo settembre?

Il progetto per la scuola italiana che questo governo ha in mente è evidente: grattando lo strato di retorica –  anche un po’ incrostata –  che imbelletta il discorso pubblico intorno all’istruzione nel nostro paese, quello che appare sotto è un ingranaggio di riproduzione sociale al servizio di un sistema capitalista.

La scuola diventa infatti sempre di più un luogo dove produrre forza lavoro funzionale al mercato e dove trasmettere l’insieme di valori funzionali al potere, riproducendo una società di disuguaglianze.

Le Linee guida per l’educazione civica del ministro Valditara ne sono solo l’ennesima prova, disegnando i contorni di una cittadinanza che dovrebbe sentire di appartenere «a una comunità nazionale definita Patria», con tutto il portato di nazionalismo, colonialismo e razzismo che implica il concetto di nazione e che questo governo – e non solo – non si preoccupa di smentire.

Il documento, infatti, si propone di «supportare gli insegnanti nel lavoro dell’integrazione» e «favorire l’inclusione degli alunni stranieri», facendo finta di ignorare che quasi il 70% dei cosiddetti “studenti stranieri” è nato in Italia (dati MIM) e che questo paese continua sistematicamente ad escluderlo negandogli la cittadinanza e riproducendo una società razzista che passa anche per la scuola.

Le nuove Linee guida, inoltre, insistono sui concetti di sviluppo e crescita economica, sostituendo questo tema all’educazione alla sostenibilità ambientale che riguardava le precedenti indicazioni. La crisi climatica non viene mai menzionata, parlando invece, sporadicamente, di “trasformazioni ambientali e cambiamento climatico”.

Se le parole sono importanti, quelle delle nuove Linee guida indicano una precisa logica estrattivista, in cui si sceglie di tacere le reali cause della catastrofe ambientale e di affrontare la questione in maniera superficiale, puntando sui «comportamenti individuali» anziché sulle responsabilità sistemiche.

Nello stesso snodo fondante, titolato appunto «sviluppo economico e sostenibilità», si mettono insieme il rispetto per l’ambiente al rispetto per il «decoro urbano, [...] e per il ricchissimo patrimonio culturale, artistico e monumentale dell’Italia», un accostamento che porta tutto il sapore di beffa e di repressione nei confronti delle persone giovani che, mostrando davvero di avere a cuore il bene comune e lottando contro la crisi climatica, hanno attaccato opere d’arte e monumenti per attirare l’attenzione sul tema.

Quella indicata da Valditara è dunque l’educazione a una cittadinanza che «valorizza l’iniziativa economica privata e la proprietà privata», e «l’educazione finanziaria va intesa come momento per valorizzare e tutelare il patrimonio privato». Un’educazione neoliberista in piena regola che passa attraverso quello che dovrebbe essere il momento in cui affrontare i temi del bene comune e del vivere insieme.

D’altronde, nel sistema neoliberista la stessa scuola è concepita come un costo, una macchina da cui estrarre più valore possibile: è quello che abbiamo visto con la recente sentenza 1789/2024 del Consiglio di Stato, che ha dichiarato che l’inclusione scolastica per le persone con disabilità è auspicabile ma non vincolante, e dipende dal bilancio.

Infine, ma non per importanza, le Linee guida affrontano un tema che ci sta particolarmente a cuore e di cui ci occupiamo da anni: il contrasto alle violenze di genere. Nel documento sono citate come «violenza contro le donne», continuando a usare un linguaggio binario ed escludente. Le violenze di genere sono presentate come un dato di fatto, senza guardare alla matrice culturale che le genera e che riguarda tutte le soggettività che escono fuori dalle norme eterocispatriarcali. Anche qui, il contrasto alla violenza è accostato alla «conciliazione vita-lavoro», «all’occupabilità e imprenditorialità femminile», come se i corpi e le vite delle donne fossero importanti solo se inseriti in un sistema economico. Il tema, inoltre, andrebbe affrontato solo nella scuola secondaria di secondo grado, quando è noto che stereotipi e atteggiamenti alla base della violenza si formano già nei primissimi anni di vita.

L’Osservatorio di Non Una di Meno –  che ha già registrato per il 2024 64 femminicidi e 31 tentativi di femminicidio – riporta che la vittima più giovane aveva 17 anni, mostrando quanto la questione sia precoce e abbia bisogno di essere affrontata in maniera seria.

Questo governo e il ministero di Valditara vogliono dare risposte emergenziali, e pericolose, a questioni sistemiche, facendo ricadere sulla scuola il compito di gestire il disagio giovanile e le emergenze educative senza la disponibilità di strumenti e di risorse necessari per affrontarli.

Ma non solo. Vogliono anche trasformare la scuola in un luogo dove riprodurre una società di disuguaglianze, al servizio del mercato e di un sistema di potere conservatore e reazionario che opprime le differenze e osteggia ogni forma di pluralità.

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