- L’ong Re:Common ha scoperto che Eni, Enel e Snam hanno partecipato alla cabina di regia del ministero degli esteri chiamata a definire le posizioni del nostro paese nei negoziati internazionali per il clima. Una notizia che riapre il dibattito sull’influenza delle big del fossile nella transizione ecologica.
- Il ministro per la transizione ecologica Cingolani ha esposto in parlamento le sue linee programmatiche. Il tono è ambizioso, ma preoccupano gli scivoloni su batterie e nucleare.
- Il Regno Unito si prepara ad ospitare la Climate and Development Ministerial, il summit dedicato ai paesi resi più vulnerabili dalla crisi climatica. È uno degli eventi preparatori della Cop26.
Le Conferenze delle Parti, o Cop, sono gli incontri annuali organizzati dalle Nazioni Unite per concordare efficaci politiche di contrasto al riscaldamento globale. A novembre 2021 in Scozia si terrà la ventiseiesima edizione, presieduta congiuntamente da Italia e Regno Unito. La Cop di quest’anno è particolarmente importante per due motivi: è la prima dallo scoppio della pandemia ed è chiamata ad aggiornare gli Accordi di parigi, ovvero la più avanzata intesa mai raggiunta in tema di lotta alla crisi climatica. Ecco una carrellata di notizie a cui dovremmo fare attenzione.
La cabina di regia alla Farnesina
L’ong italiana Re:Common ha scoperto l’esistenza di una cabina di regia presso il ministero degli Esteri chiamata “Ambiente e clima”. Sarà questo organo a definire le posizioni della delegazione italiana alla Cop26. Secondo la no profit - che ha ottenuto le informazioni tramite una richiesta di accesso agli atti - alle riunioni della cabina di regia partecipano, oltre ai rappresentanti di vari ministeri, uomini di Eni, Snam ed Enel. «Decine di funzionari pubblici, nove esponenti dell’industria fossile, e dalla società civile? Nessun invitato» dicono da Re:Common.
Non solo: la Farnesina avrebbe negato la divulgazione dei verbali di quegli incontri per evitare di «pregiudicare le relazioni dell’Italia con i partner». La cabina di regia, inoltre, è coordinata dalla Direzione generale per la mondializzazione. Una direzione che, secondo un’altra rivelazione di Re:Common, ospita al suo interno anche dipendenti Eni.
«Di quali interessi terrà contro il governo italiano nell’ambito dei prossimi negoziati sul clima? Quelli di aziende come Eni e Snam, o della tutela del Pianeta e della salute delle persone?» conclude l’ong.
Il neo-ministro Cingolani
Martedì 16 marzo, durante un’audizione congiunta delle commissioni ambiente e attività produttive di Camera e Senato, il Ministro per la transizione ecologica Roberto Cingolani ha presentato le linee programmatiche del suo dicastero. E’ una novità che lo stesso ministero gestisca contemporaneamente le deleghe sull’ambiente e sull’energia, e proprio per questo era particolarmente importante seguire l’incontro di questa settimana. Le posizioni che il nuovo governo prenderà in politica interna possono iniziare a dirci qualcosa su quanto ambiziose saranno le posizioni dell’Italia alla Cop26.
Ampio spazio è stato dato ad un problema tutto italiano: l’eccessiva lentezza nella realizzazione di nuovi impianti di energia rinnovabile. «In Spagna la domanda relativa agli impianti eolici è stata tre volte maggiore rispetto all’offerta, mentre da noi è stato aggiudicato meno di un quarto della capacità messa a gara» ha detto il ministro, promettendo la revisione del sistema delle aste, procedure che offrano tempi certi per le valutazioni di impatto ambientale («anche nelle aree a vocazione agricola non sottoposte a vincolo», aprendo apparentemente la strada al fotovoltaico nei campi) e corsie preferenziali per i progetti contenuti nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
Cingolani ha parlato di aggiornare gli obiettivi del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (Pniec) - che attualmente è molto al di sotto dei target comunitari (meno trentatré per cento di emissioni al 2030, contro il cinquantacinque previsto dall’Ue) - e di estensione dei sussidi alle rinnovabili. Ha promesso una filiera italiana dell’idrogeno e delle batterie. E proprio le batterie sono una buccia di banana su cui perfino un accademico (forse troppo?) come Cingolani è scivolato, sottolineandone il problema smaltimento. Qualunque addetto ai lavori potrebbe rassicurare il ministro, spiegandogli come i moderni sistemi di accumulo siano perfettamente recuperabili. E ve n’è solo che l’interesse, data l’altissimo valore delle terre rare che contengono.
Per quanto riguarda la mobilità ha detto di puntare su «biocarburante, biometano, idrogeno ma soprattutto sull’elettrico». Non ha approfondito invece il tema degli allevamenti intensivi su cui era intervenuto con durezza nei giorni precedenti. «La sostenibilità deve essere non solo ecologica, ma anche sociale» ha concluso il ministro, auspicando soluzioni che non penalizzino chi attualmente lavora nel settore dei fossili.
In generale, sono rimasti senza risposta i principali quesiti posti dagli ecologisti. Non si è parlato di stop alle trivelle o ai metanodotti; non sono stati indicati tempi certi per l’eliminazione dei sussidi ambientalmente dannosi; non si è proposta la decarbonizzazione al 2035. Per questo sono arrivate a stretto giro le critiche di Greenpeace e Legambiente. A irritare le associazioni sono soprattutto i ripetuti riferimenti alla fusione nucleare, una tecnologia vicina secondo il ministro ma considerata ancora futuristica dagli attivisti. Dubbi che trovano riscontro nella comunità scientifica. Da Iter (International Thermonuclear Experimental Reactor), attualmente il più avanzato progetto mondiale sulla fusione, affermano che si potrà arrivare alla fusione stabile - forse - nel 2035. Ma, se l’aritmetica non ci inganna, mancano 15 anni, quelli cruciali per agire a detta dei climatologi. «La fusione nucleare non c’entra niente con la transizione ecologica» ha subito commentato Giuseppe Onufrio, direttore di Greenpeace Italia.
Infine è d’obbligo menzionare l’excursus sui negoziati internazionali. Il ministro ha citato Pre-Cop e Youth4Climate - gli incontri organizzati dall’Italia in ambito Cop26 - e ha promesso di portare sul tavolo del G20 «i temi della tutela della biodiversità, del contrasto alla desertificazione, dell’inquinamento solido marino, della finanza verde, dei sussidi ambientalmente dannosi, delle smart cities, della mobilitazione di flussi finanziari e delle soluzioni basati sulla natura».
Intanto in UK
Mercoledì 31 marzo il Regno Unito ospiterà un summit virtuale, nell’ambito dei lavori preparatori per Cop26, centrato sul supporto ai paesi resi più vulnerabili dalla crisi climatica. L’incontro, chiamato Climate and Development Ministerial, sarà presieduto dal Presidente della Conferenza delle Parti Alok Sharma e dal Ministro degli esteri inglese Dominic Raab.
Sul tavolo ci sarò l’accesso ai finanziamenti per il clima, la risposta agli impatti del cambiamento climatico per i paesi più deboli, la sostenibilità del debito alla luce degli investimenti necessari per la transizione ecologica.
«Una delle mie massime priorità come presidente della Cop è quella di sostenere un'azione globale per i paesi vulnerabili in prima linea nel cambiamento climatico» ha detto Alok Sharma «e la Climate and Development Ministerial è una pezzo fondamentale di questo approccio».
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