Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Dopo la prima serie dedicata alla sentenza della corte d’assise di Bologna che ha condannato all’ergastolo Paolo Bellini per la strage di Bologna, il Blog mafie pubblica una seconda serie che si concentra sul ruolo dei mandanti


In questo processo A.N. riassume un ruolo fondamentale nella vicenda in quanto rappresenta l'anello di congiunzione tra il vertice finanziario-organizzativo della strage di Bologna, costituito dal binomio piduista Licio Gelli - Federico Umberto D'Amato e la figura di Paolo Bellini, il quale, come si vedrà, fu un militante operativo di Avanguardia Nazionale, dalla metà degli anni Settanta.

Questa tesi che la Corte assume come del tutto plausibile e ragionevole è sviluppata con specifico riferimento ai dati probatori nella requisitoria dell'accusa. Il leader assoluto di A.N., abbiamo detto, era Stefano Delle Chiaie. Abbiamo già parlato - e ne diremo tratteggiando specificamente la figura di D'Amato - dell'operazione "manifesti cinesi".

I pubblici ministeri la definiscono «immagine plastica del legame triangolare esistito tra la coppia D'Amato - Tedeschi (protagonisti dell'appunto Bologna) e Stefano Delle Chiaie nell'ambito di una condotta di terrorismo psicologico, tipica della cosiddetta strategia della tensione: nel caso di specie, esponenti di Avanguardia Nazionale svolsero un 'attività di propaganda fittizia proveniente, in apparenza, da militanti comunisti filocinesi con un duplice scopo: alimentare il clima di preoccupazione rivolto all'estremismo politico e, soprattutto, indebolire il partito comunista inscenando una sacca di contestazione alla sua sinistra; il tutto sotto la regia di Federico Umberto D'Amato».

Una tipica operazione ante litteram, suggerita come tipica nel manuale Westmoreland. Vincenzo Vinciguerra ha narrato la storia di Delle Chiaie, uomo legato ai servizi segreti di Spagna, Portogallo, America latina, ovunque fosse necessario sostenere azioni golpiste repressive e di sostegno ai regimi militari fascisti in Europa e in Sudamerica.

E naturalmente con i servizi italiani e americani in Italia impegnati nell'azione di guerra non ortodossa contro il comunismo. Un uomo non inquadrato in una specifica organizzazione: non risulta che fosse in Gladio né nell'Anello o nel Supersismi; egli metteva tuttavia la sua organizzazione al servizio di tutte le operazioni sporche che neppure quelle organizzazioni in qualche modo legate a vertici istituzionali potevano compiere. Abbiamo visto gli esempi citati da Vinciguerra.

Costui è la fonte più importante del legame di Stefano Delle Chiaie con gli apparati di intelligence dello Stato. Vinciguerra è il solo a dare notizie di prima mano sulle attività illecite del Delle Chiaie, rivelando aspetti della sua attività altrimenti inconoscibili.

Vinciguerra ha testimoniato come anche l'organizzazione di Delle Chiaie fosse uno strumento degli apparati deviati dello Stato, con ciò che ne è conseguito dal lato della rivisitazione della sua posizione.

Come si è visto, in varie altre parti di questo scritto, nel corso dell'esame del 26.05.2021, Vinciguerra ha illustrato e confermato il significato delle lettere dal carcere scritte negli anni Ottanta a Stefano Delle Chiaie; un significato esplicito, nonostante la consapevolezza della sua condizione di sottoposto a censura epistolare.

È in atti la missiva del 2/8/1988 (...) nella quale il Vinciguerra si rivolge al Delle Chiaie da ex amico e camerata esprimendo disappunto ed inquietudine per "l'inserimento di A.N. e tuo in una strategia complessiva che mi appare sempre più manovrata dai servizi e, in particolare, da James Angleton e da Vito Miceli". In dibattimento (ud. 26.05.2021) Vincenzo Vinciguerra ha definito Avanguardia Nazionale organica agli apparati dello Stato.

Il quadro probatorio non è più quindi saltuario e occasionale ma fondato su una testimonianza diretta che riporta le parole di Delle Chiaie e ne spiega il significato. Sappiamo ora che il rapporto esistente tra Federico Umberto D'Amato e Stefano Delle Chiaie, suggerito da più fonti, è descritto nella relazione della Commissione parlamentare d'inchiesta sulle stragi, di cui abbiamo lungamente parlato e di cui viene riportato uno stralcio nella Memoria dei pubblici ministeri:

"La testimonianza di Vinciguerra sulle collusioni tra D'Amato e Delle Chiaie - e quindi tra A.N. e Affari Riservati - ha trovato una straordinaria e autorevole conferma in quella di Guglielmo Carlucci, ex dirigente degli Affari Riservati, nonché stretto collaboratore di D'Amato, recentemente scomparso. È utile riportare integralmente il contenuto delle dichiarazioni di Carlucci citando ampi brani della sentenza-ordinanza del GI di Venezia, Carlo Mastelloni: Sulla gestione di fonti interne o infiltrati coltivati dai funzionari del Ministero dell'Interno in servizio alla Div. AA.RR. nel corso della deposizione del 15 maggio 1997 il dr. Carlucci ha ricordato che il Delle Chiaie era solito frequentare il dr. D'Amato sia quando il funzionario era vice direttore che nei tempi successivi in cui era assurto alla carica di direttore della Divisione, trattenendosi con il prefetto nei locali dell'ufficio. In alcune occasioni lo stesso Carlucci aveva assistito ai colloqui intercorsi tra i due. Secondo le percezioni del Carlucci, a cui il Delle Chiaie era stato presentato, D'Amato e la Divisione Affari Riservati agevolavano il capo indiscusso di Avanguardia Nazionale per il rilascio di passaporti, per concessioni del porto d'armi e di quant'altro, interessando in discesa gli organi competenti della Questura di Roma ed estendendo questo tipo di intervento anche a qualche amico dell'estremista.

Nel corso degli incontri il Delle Chiaie forniva notizie che il D'Amato, dopo essersi fatto descrivere le singole personalità degli appartenenti al gruppo di A.N., trasfondeva in appunti che poi inoltrava, per lo sviluppo, alla Sezione competente al fine di stimolare i conseguenti controlli da espletare in direzione dei militanti attraverso la Squadra centrale o Ufficio politico o direttamente al Capo della Polizia che, ove del caso, a sua volta li inoltrava al Ministro.

Era dunque Delle Chiaie un suo confidente, nonché infiltrato nella struttura di estrema destra. Si trattava di un rapporto personale ed esclusivo di D'Amato: "un contatto rischioso”: ma ritenuto dallo stesso D'Amato e dal Carlucci "indispensabile".

Anche se il teste ha risposto di non aver mai sviluppato appunti provenienti dal Delle Chiaie all'esito di ogni commiato, cui egli aveva modo di assistere, il commento seguito alla visita espresso dal prefetto era sempre nel senso che il contatto con Delle Chiaie «poteva essere utile per noi».

E non v'è dubbio come debbano essere apprezzate le conclusioni dei pubblici ministeri secondo cui quello appena indicato è "un riscontro diretto fornito dal dr. Carlucci pertinente a un rapporto di cui si è eternamente sussurrato, ma anche dibattuto spesso nelle aule di Giustizia e che nel corso di questa istruttoria ha avuto un'autorevole conferma processuale caratterizzata da una ricchezza di particolari e ben inquadrata nello spazio e nel tempo: «Nel 1966 allorché io pervenni al Viminale il rapporto tra D'Amato e Delle Chiaie era già in corso", nonché logicamente articolata: "il predetto, anche se si diceva che era un violento, non è mai stato arrestato, anche se inquisito».

Sono tutte considerazioni che sono state già sviluppate, sull'imprendibilità di Delle Chiaie e sui suoi rapporti coi servizi, di cui quello con D'Amato era solo la punta: in precedenza abbiamo visto i rapporti col SID di Labruna, le connessioni con i servizi spagnoli, francesi, con l'Aginter press, che ora vanno portate a sistema nel momento in cui D'Amato e Delle Chiaie operano sullo stesso piano, un piano sul quale si colloca anche Gelli, ricordando gli incontri e i contatti dello stesso Gelli con Delle Chiaie secondo quanto risulta dal racconto di Nara Lazzerini, sul quale avanti.

A proposito del rapporto manipolatorio tra Federico Umberto D'Amato e Stefano Delle Chiaie è richiamata la perizia De Lutiis elaborata nell'ambito del processo ltalicus bis, trasmigrata negli atti delle indagini su Brescia, acquisita agli atti del nostro processo. La memoria ne riporta un passo ma tutta la relazione De Lutiis è di estrema importanza ai nostri fini.

Lo facciamo nostro: A questo proposito è da rilevare quanto affermato dal capitano Antonio Labruna dinanzi al giudice Mastelloni: «Mi accorsi già nel corso dell'istruttoria che non erano stati documentati alla A.G. i soggetti denunciati (per il Golpe c.d Borghese, n.dr.): per esempio, i componenti di Avanguardia Nazionale, Delle Chiaie e Maurizio Giorgi; aggiungo che tutti i componenti di Avanguardia Nazionale non furono denunciati per il golpe, benché ne fosse stata evidenziata una struttura palese ed una occulta e operativa in funzione del golpe».

In questa testimonianza, Labruna conferma l'esistenza della doppia struttura, la finalizza al golpe ed evidenzia le protezioni di cui gli aderenti ad Avanguardia Nazionale avrebbero goduto. Il nodo principale, per quanto riguarda questa organizzazione, concerne infatti i rapporti, sempre negati da ambedue le parti, con l'Ufficio Affari Riservati del Ministero dell'Interno. Esistono peraltro varie testimonianze che invece sostengono l'esistenza di questo rapporto.

Lo stesso Labruna, dinanzi allo stesso giudice, aggiunge alcuni particolari: «So che la struttura di Avanguardia Nazionale, non denunciata per i fatti del Golpe Borghese, era pilotata dall'Ufficio Affari Riservati retto dal D'Amato.

Tanto mi risulta per avermelo detto sia Guido Paglia, attuale Vice Direttore del "Giornale" - presentatomi dal generale Ma/etti - che stilò anche una relazione scritta, - che Guido Giannettini, con cui ebbi più contatti a far data dal settembre 1972: il Giannettini mi riferì che Avanguardia Nazionale collaborava con l'Ufficio Affari Riservati e, all'uopo, mi fece una relazione scritta che io consegnai a Ma/etti( ... .). Capo di Avanguardia Nazionale era Stefano Delle Chiaie, che, ripeto, era una fonte dell'Ufficio Affari Riservati».

Guido Giannettini conferma questa voce e afferma: «Circa i rapporti diretti tra il capo dell'Ufficio Affari Riservati dr. D'Amato ed il Delle Chiaie, di tanto ebbe a parlarmene il giornalista, collaboratore de Il Tempo e di altri giornali, Edgardo Beltrametti, deceduto, così come anche altri colleghi.

Ricordo che anche il capitano Labruna mi addusse che il D'Amato era in rapporto con Delle Chiaie, "manovrato" dal predetto e dal suo ufficio, ritengo attraverso finanziamenti. Dagli anni sessanta in poi era arcinoto, negli ambienti politici e giornalistici, che il D'Amato manipolava Delle Chiaie e la struttura di Avanguardia Nazionale di cui il Delle Chiaie era il dirigente». Pur tra lievi contraddizioni, Giannettini e Labruna si attribuiscono vicendevolmente il ruolo di fonte della notizia ...

Labruna confermò il fatto dinanzi a vari magistrati. Citiamo per tutti la sua deposizione dinanzi al giudice Salvini: «Ritornando alla posizione di Delle Chiaie, ripeto ciò che ho detto più volte, cioè affermo formalmente che era un agente dell'Ufficio Affari Riservati. Non sono il solo a dirlo. Lo afferma anche il Paglia nella sua relazione, il Giannettini in una sua relazione, l'Orlandini nelle registrazioni che ho consegnato al G.I di Milano. Lo diceva anche il Niccoli, probabilmente anche nelle registrazioni».

Non deve trarre in inganno il fatto che Labruna e Giannettini in parte si attribuiscano la stessa notizia. A parte che entrambi citano altre fonti, si tratta in realtà del possesso di quelle informazioni che sono patrimonio conoscitivo comune di persone che operano in un medesimo contesto nel quale le notizie che circolano devono essere necessariamente vere perché le medesime persone devono agire con medesimi scopi, per cui necessitano di informazioni comuni attendibili.

Vedremo come anche le fonti aperte consultate da questa Corte confermano questa tesi […]. Questo materiale in ultima istanza documenta la relazione, personale e diretta - si potrebbe dire di reciproca strumentalizzazione, visti i favori che Delle Chiaie riceveva secondo la testimonianza di Carlucci - tra l'eversore e il poliziotto: la pluralità e la convergenza delle varie fonti di prova e, soprattutto, il contributo dichiarativo offerto dal dott. Gabriele Carlucci, funzionario che lavorava a stretto contatto con il D'Amato, non lasciano spazio a ricostruzioni del fatto alternative.

Avanti al giudice Mastelloni, Carlucci ha sostenuto la necessità di quel rapporto, "utile per noi" e per la possibilità di tenere sotto controllo un'organizzazione all'interno della quale potevano esserci degli esaltati. Ma non si può negare che D'Amato fosse elemento spregiudicato e non avrebbe esitato un attimo a usare i suoi crediti con Delle Chiaie per chiedergli servizi di qualsiasi natura quale quello di mettergli a disposizione un uomo che in un dato momento di un certo giorno fosse a sua volta disposto a compiere una certa azione, come cooperare a una strage o a un frammento della relativa condotta.

In questo contesto i riscontri sono fomiti, cercando all'interno della immensa mole di dati contenuti nel maxi file di oltre due mila pagine nel quale sono riversate le informative dell'ispettore Cacioppo per l'autorità giudiziaria bresciana, autentica miniera di informazioni tratte dai fascicoli delle principali indagini e dei processi per le vicende stragiste e golpiste degli anni Settanta.

Ne tratteremo nell'ultimo capitolo con maggiori dettagli. Qui va detto che l'informativa riportata è dell'11 gennaio 2005 e riguarda l'audizione di Vincenzo Santillo e di Renato Nespoli, ex ispettori di P.S. in servizio presso l'Ufficio Politico della Questura di Roma, che dichiararono quanto segue, in merito al tema di prova in esame: Santillo: Per noi dell'Ufficio Politico il Delle Chiaie "cantava" sia con qualcuno del nostro ufficio che con il Dr. D'Amato del Ministero dell'Interno ... Era notorio che Delle Chiaie era in contatto con il Ministero dell'Interno ed in particolare con D'Amato (...).

Nespoli: Di Delle Chiaie posso dire che, allorché giunsi all'Ufficio Politico - siamo nel 1965 - ebbi l'impressione che questi transitava per gli uffici come fosse la casa sua. Più di una volta lo invitai a lasciare l'ufficio. Anzi una volta lo cacciai proprio dalla mia stanza. Ricordo che aprì la porta senza chiedere alcun permesso. Capii che l'interlocutore di Delle Chiaie era il dirigente ... Devo dire che l'impressione che ebbi sulla presenza di Delle Chiaie all'Ufficio Politico mi portava a pensare che Delle Chiaie fosse in organico all'Ufficio Politico. Ricordo che anche all'interno della Direzione Nazionale del MSI era voce diffusa che Delle Chiaie fosse pagato dall'Ufficio Affari Riservati (...).

Abbiamo già visto come l'idea che gli ex funzionari dell'Ufficio Affari Riservati abbiamo voluto far passare a proposito di questa relazione tra D'Amato e Delle Chiaie sia inattendibile. Delle Chiaie era tutt'altro che un infiltrato di D'Amato in quella che era a tutti gli effetti la sua organizzazione.

Non era subordinato a D'Amato; la strumentalizzazione era reciproca; i due operavano all'interno dello stesso campo, quello filoatlantico e della difesa ad oltranza dell'Occidente contro il comunismo. Vinciguerra ci ha spiegato come questa scelta della destra extraparlamentare di mettersi al servizio delle componenti estreme del regime politico che avrebbero volentieri ristretto gli spazi della democrazia, pur di escludere qualsiasi alternativa a un regime di assoluta fedeltà all'amico americano, aveva snaturato la carica antisistema di quella forza che era a tutti gli effetti una forza di complemento, sia pure del tutto autonoma.

Tale autonomia era necessaria per coinvolgere nuove leve, disponibili ad agire nell'interesse di un progetto, essenzialmente di conservazione dello stato di cose esistente, sia pure con l'uso della violenza e del terrore come forza di bilanciamento e di intimidazione, rispetto a prospettive di cambiamento.

Corretto pare pertanto il giudizio formulato dalla procura generale, secondo cui l'attività svolta in Avanguardia Nazionale dal Delle Chiaie per conto del D'Amato non può essere paragonata a quella di un mero informatore che, dall'esterno, si infiltra in un'organizzazione criminale per carpirne i segreti e svelarli alla pubblica autorità, in modo che questa possa svolgere il suo compito istituzionale di prevenzione e contrasto dell'attività delittuosa.

Stefano Delle Chiaie era effettivamente, «a differenza di un qualsiasi informatore o infiltrato, il capo assoluto ed indiscusso di A.N. ed incarnava il vertice politico-decisionale strategico dell'attività riferibile a tale formazione eversiva. In altre parole, Stefano Delle Chiaie era la personificazione di Avanguardia Nazionale». Dirigeva l'organizzazione secondo suoi piani che prevedevano anche l'alleanza tattica ma di lungo periodo con il Ministero degli interni.

Avanguardia era stata costruita da Delle Chiaie in anni lontani, in concomitanza con la nascita della strategia della tensione nei primi anni Sessanta, in ossequio a quelle esigenze di mobilitazione efficace contro il "pericolo comunista" che era, secondo ciò che ha raccontato l'ex Ministro Taviani, l'ossessione dei circoli oltranzisti del nostro paese e di cui fu espressione principale il presidente della Repubblica Antonio Segni. […].

E' del tutto evidente che se questo era il clima, le preoccupazioni, lo stato di diffidenza all'interno delle istituzioni, la considerazione in cui veniva tenuto un ministro dell'Interno solidamente anticomunista ma leale come Taviani (debole era il minimo appellativo che gli veniva rivolto), dare mano libera alla costituzione in ambito sociale di gruppi, organizzazioni, militanza che di quello spirito si facevano portatori, senza gli impacci dei ruoli istituzionali, era il minimo che potesse accadere. Ed infatti, il Convegno del Pollio al quale partecipa Delle Chiaie non è altro che il coagulo tra teoria, pezzi di Stato e truppe dell'eversione nera che si fa interprete di quell'esigenza, rappresentata persino dal presidente della Repubblica in carica, fino a pochi mesi prima (nell'interregno sostituito dal presidente del Senato Merzagora, appartenente anch'egli, secondo il giudizio storico, all'oltranzismo atlantico).

Non può dunque affermarsi che il Delle Chiaie possa essersi infiltrato nel movimento politico da lui stesso guidato ed incarnato, per poi allearsi con l'organo dello Stato che avrebbe dovuto combatterlo.

Vi fu, nei fatti, una forma di alleanza tra Federico Umberto D'Amato e Stefano Delle Chiaie (come dimostra anche l'operazione "manifesti cinesi") che non scaturì da un fenomeno di infiltrazione, ma fu dettata da interessi comuni e convergenti nell'ambito di quella strategia della tensione condivisa dal vertice di Avanguardia Nazionale e da organi deviati dello Stato, della quale ebbe contezza lo stesso Vincenzo Vinciguerra agendo all'interno della destra eversiva ed al fianco del "camerata-amico" Stefano Delle Chiaie.

Le anzidette deviazioni sono state ancora una volta riferite da una fonte assolutamente attendibile come l'ex ministro dell'Interno Paolo Emilio Taviani.

Le sue dichiarazioni tardive rispecchiano una realtà alla quale lo stesso fu l'unico che cercò di reagire con provvedimenti energici come lo scioglimento di Ordine nuovo. Quella realtà era però radicata e trovò un nuovo referente nella Loggia P2, ben più determinata dell'incerta e ondivaga direzione dei vertici democristiani.

D'altra parte Taviani nelle dichiarazioni successive del 2001 descrive l'esistenza del servizio segreto ufficioso dell'Anello, di cui peraltro mostra di avere scarsa contezza. Ed invece si trattava di un gruppo di eversori ampiamente disponibili per qualsivoglia azione di supporto ad iniziative di modifica dall'interno dell'assetto istituzionale. Dall'incertezza che dimostra uno dei politici di maggior polso, come ministro dell'Interno, si comprende come D'Amato possa essere stato per oltre venti anni il dominus del Ministero dell'interno, avendo trovato piena sintonia con un altro Ministro che lo spionaggio e le azioni extra ordinem le teorizzava, Francesco Cossiga. […].

La conclusione dei pubblici ministeri trova fondamento negli elementi indicati che fanno di D'Amato l'autentico dominus in continuità venti anni dei servizi segreti civili, prescindendo dal contingente ministro in carica, incontrando la connivenza o l'incapacità di controllo dei mutevoli vertici politici.

In tale posizione poteva certamente dare il suo contributo a un piano decisivo di stabilizzazione autoritaria dell'Ordine politico in una fase in cui fortissima si fece la spinta alla sfida decisiva sul piano internazionale (la politica estera di cui parla Taviani), alla resa dei conti con il blocco sovietico, il cui felice esito alla fine degli anni ottanta si interseca con l'azione interna degli uomini della P2, sciamati dopo il 1981 nelle file dei diversi partiti nei quali s'imposero, agitando le politiche del Piano di Rinascita, di cui Gelli negli anni successivi rivendicò il copyright rispetto a politici di successo:

«Gli atti di causa indicano oggi che il piduista Federico Umberto D'Amato fu l'organizzatore - attuatore di un progetto criminale finanziato dal binomio piduista Licio Gelli-Umberto Ortolani e culminato con la strage di Bologna; indicano anche, nei termini e con le modalità descritte, che in tale progetto entrarono personaggi delle tre formazioni eversive dei Nuclei Armati Rivoluzionari, di Terza Posizione e di Ordine Nuovo.

Considerato il contesto operativo ed economico in cui maturò la strage del 2/8/1980, nonché il ruolo di spicco assunto da Federico Umberto D'Amato a livello di raccordo tra i soggetti finanziatori ed i servizi segreti deviati che assicurarono copertura agli esecutori materiali del crimine, logica vuole che al lucroso progetto prendessero parte anche persone facenti capo ad A.N., formazione strettamente legata a D'Amato attraverso Stefano Delle Chiaie; ed è questo che accadde, come meglio vedremo esaminando la posizione di Paolo Bellini» (memoria dei pm).

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