Cinà e Rotolo. Questa volta i due non discutono di alleanze mafiose, di “tragedie” e “tragediatori”, di omicidi commessi e da commettere, e neppure di estorsioni. Il tema è la qualità delle pietre preziose, i prezzi, i luoghi di reperimento delle partite su cui mettere le mani. Cosa Nostra è inserita nel mercato clandestino dei gioielli
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Per una ventina di giorni pubblichiamo ampi stralci della sentenza in rito abbreviato dell’inchiesta Gotha del 2006, quando a Palermo finiscono in carcere vecchi boss e nuove leve due mesi dopo l’arresto di Provenzano Bernardo.
«Nino i brillanti migliori di oggi sono i cinesi non più gli ebrei… più bianco è perché questi che fanno i cinesi vengono dalla Russia e le miniere della Russia sono più pure di quelle del Sudafrica….l’indiano con brillanti cinesi, il taglio cinese è il più bello perché è più basso il brillante è più largo, ha la stessa caratura..».
È Cinà a fornire le informazioni a Rotolo. Questa volta i due non discutono di alleanze mafiose, di “tragedie” e “tragediatori”, di omicidi commessi e da commettere, e neppure di estorsioni. Il tema è la qualità delle pietre preziose, i prezzi, i luoghi di reperimento delle partite su cui mettere le mani. Cosa Nostra è inserita nel mercato clandestino dei gioielli.
Il regista degli investimenti è ancora lui, il boss di Pagliarelli. Il suo “braccio destro” nel settore dei gioielli si chiama Raffaele Sasso.
In passato, una “soffiata” lo aveva consegnato alla polizia di frontiera in arrivo da un paese straniero all’aeroporto di Punta Raisi. Nelle tasche della giacca nascondeva due involucri di carta con brillanti. Così, qualche giorno più tardi, la magistratura aveva aperto un procedimento penale per il reato di commercio clandestino in pietre preziose nei suoi confronti.
Sasso ci sa fare coi gioielli. Dopo le prime vicissitudine giudiziarie, passa qualche anno e la sua “carriera” continua agli ordini della mafia.
È l’uomo giusto. Nipote di un “uomo d’onore”, Settimo Mineo, Sasso non ha precedenti penali per vicende che riguardano Cosa Nostra. Per il capo è affidabile. «Era un ragazzo al di fuori di tutto.. questo ragazzo io me lo sono messo vicino», confida Rotolo al Bonura, spiegandogli che gli ha intestato una gioielleria in corso Calatafimi a Palermo.
In quel negozio lavora anche la moglie del boss, Antonietta Sansone. Gli investimenti vengono fatti coi soldi della organizzazione. Il nome lo mette il Sasso ma gli incassi giornalieri arrivano a Rotolo.
Il boss è contento del lavoro del suo collaboratore-prestanome. Lui è una grande risorsa per l’impresa mafiosa che opera nel mercato dei preziosi.
La polizia lo intercetta mentre parla con un certo “Filippo”, il 28 ottobre del 2005. I due stanno organizzando un traffico di brillanti: «…tre con cinque pietre da trenta, tre con cinque pietre da quaranta, tre con cinque pietre cinquanta, già sono segnati ottomila…se tu hai dieci pietre da cinquanta, settanta, un carato, tieni solo pietre da dieci, quindici e venticinque, e basta».
Sasso dimostra di muoversi con disinvoltura nel mercato clandestino: la qualità dei gioielli, i luoghi e i soggetti per reperirli, le rotte per le consegne. È un esperto delle speculazioni del settore. Grazie a lui, Rotolo ricicla e fa fruttare il denaro senza comparire ufficialmente.
È l’ennesima dimostrazione della articolazione al “plurale” degli investimenti mafiosi, ossia del superamento della “monocultura” imprenditoriale nel settore edile e dei lavori pubblici. Rotolo segue questa logica.
Così come Nicola Mandalà con la Enterprise Service, il quale entra nel mercato delle scommesse lecite e clandestine sugli eventi sportivi, di cui si è detto in un precedente capitolo.
Ormai l’imprenditore mafioso non concentra in un solo strumento le risorse di cui dispone. Cerca di inserirsi in reti commerciali piccole e grandi che gli consentono di mimetizzare meglio la sua consistenza patrimoniale.
Un atteggiamento che, sulla base di quanto ricordato parlando del “narcosistema” degli anni ottanta, ha determinato anche investimenti nelle regioni del centro-nord Italia in società finanziarie, aziende alberghiere, piccole e medie aziende manifatturiere, società sportive, discoteche.
Quello della diversificazione degli investimenti, d’altronde, è un leitmotiv delle società dei “corleonesi” dell’ultimo decennio anche sul territorio siciliano.
La linea viene riproposta con vigore proprio da Provenzano. Per il “vecchio padrino” la “strategia della sommersione” deve dar vita ad un maggiore dinamismo economico-finanziario di Cosa Nostra e, soprattutto, al suo ingresso nel capitale sociale di aziende di ogni tipo: dai grandi centri commerciali ai poli turistici, dallo smaltimento di rifiuti tossici alla sanità. Una indicazione presa alla lettera da molti “uomini d’onore”, tra i quali lo stesso Nicola Mandalà per cui la parola di Binnu “è come il vangelo”.
In effetti quel “fare impresa”, auspicato dal “grande capo”, produce progetti ambiziosi.
Emblematica ancora una volta l’iniziativa di Mandalà che promuove la costruzione di uno Shopping Center da 200 milioni di euro su 140.000 mila metri quadri di superficie, su una area di Villabate. Con la seguente composizione: centro commerciale Auchan, cinema multisala Warner Village, ristoranti, negozi.
Una società di Roma, la Asset Development, che alle spalle ha clienti di gran nome come il colosso della distribuzione francese Auchan e la Warner Bros di Hollywood, dovrà farsi carico di dare esecuzione al progetto di edificazione del centro. Nicola Mandalà e quelli della cosca di Villabate, invece, saranno chiamati a gestire le future attività interne all’ipermercato direttamente con le loro imprese.
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