L'Annaloro dopo aver quasi ultimato la costruzione di un grande stabile era entrato in società con Buscetta Vincenzo, fratello di Buscetta Tommaso, che aveva conferito soltanto l'apporto di lire 7.000.000. Al momento dello scioglimento della società da lui voluta il Buscetta Vincenzo aveva preteso la restituzione dell'intera somma conferita, nonostante i lauti guadagni ottenuti. Il di lui fratello Tommaso aveva, dal suo canto, acquistato per sole Lire 5,000.000 due appartamenti, il cui valore era di gran lunga superiore
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Da oggi – per circa un mese – pubblichiamo sul Blog mafie l’ordinanza di rinvio a giudizio “Torretta+120”, che ricostruisce dinamiche e omicidi della mafia di Palermo
In analoga situazione si era venuto a trovare il costruttore edile Annaloro Giuseppe il quale per i ricatti subiti era andato incontro a ingenti perdite economiche che da una posizione di floridezza lo avevano condotto praticamente al fallimento.
L'Annaloro, infatti, dopo aver quasi ultimato la costruzione di un grande stabile era entrato in società con Buscetta Vincenzo, fratello di Buscetta Tommaso, il quale aveva conferito soltanto l'apporto di lire 7.000.000. Al momento dello scioglimento della società da lui voluta il Buscetta Vincenzo aveva preteso la restituzione dell'intera somma conferita, nonostante i lauti guadagni ottenuti. Il di lui fratello Tommaso aveva, dal suo canto, acquistato per sole Lire 5,000.000 due appartamenti, il cui valore era di gran lunga superiore.
Oltre che dai fratelli Buscetta l'Annaloro aveva subìto angherie anche ad opera di La Barbera Salvatore, tristemente conosciuto nell'ambiente mafioso, il quale aveva acquistato da lui un magazzino esteso 350 metri quadrati per il prezzo di lire 5.000.000 che non aveva pagato e simulato di avere effettuato forniture al venditore per l'importo di lire 12.000.000.
Dolce Filippo, amico di Alberti Gerlando, di Lipari Giovanni di Calò Giuseppe, di Buscetta Tommaso e di Fiorenza Vincenzo, era stato imposto all'impresa di costruzione "Spata & Giammaresi" come persona di fiducia per il disbrigo di pratiche amministrative e contabili.
Per quanto riguarda l'omicidio del Garofalo e del Conigliaro, i verbalizzanti inoltre riferivano che l'iniziativa di Torretta Pietro per attirare nell'agguato le vittime, risultava dalle ammissioni di Giulla Antonino, amico sia del Torretta che del Conigliaro e del Garofalo.
Il Ciulla dopo insistente diniego aveva finito per ammettere di essere stato lui a comunicare al Conigliaro ed al Garofalo che il Torretta doveva parlare con loro e di avere sollecitato nel suo negozio una comunicazione telefonica del Conigliaro al Torretta.
Nel corso delle indagini venivano tratti in arresto Magliozzo Tommaso, Dolce Filippo, Lipari Giovanni, Di Martino Francesco, Lazzara Gaetano, Lazzara Salvatore, Badalamenti Pietro, Di Dia Salvatore, Choffo Ignazio, Bontate Fresco Paolo, Sciortino Giovanni, Artale Salvatore, Marsala Giuseppe, Ciunta Salvatore e Galeazzo Alfredo, i quali tutti negavano di essersi associati al fine di commettere delitti.
Contro le persone denunziate si iniziava procedimento penale istruito con il rito formale e veniva emesso mandato di cattura.
Si procedeva altresì contro Mancuso Salvatore per associazione per delinquere aggravata contestata con mandato di cattura, in considerazione del contegno equivoco del Mancuso il quale, essendo intimo amico di Diana Bernardo, la sera del 22 giugno 1963 lo aveva accompagnato sulla sua macchina e successivamente, dopo il ferimento, lo aveva trasportato in ospedale, dandosi subito dopo alla fuga per sottrarsi alle indagini della polizia giudiziaria.
Con rapporto del 9 settembre 1963 i verbalizzanti lumeggiavano la personalità di Di Peri Giovanni, prospettando i suoi trascorsi, la sua losca attività e la sua qualità di persona socialmente pericolosa. Da tale relazione, in particolare, risultavano i rapporti intercorrenti tra il Di Peri e la famiglia Greco dei Ciaculli, alla quale egli era intimamente legato tanto da essere stato denunziato per associazione per delinquere unitamente a Greco Salvatore nel 1956.
Con rapporto del 12 settembre 1963 il Nucleo Polizia Giudiziaria dei Carabinieri di Palermo riferiva in merito alla personalità di Mancuso Salvatore argomentando la sua appartenenza al gruppo mafioso di Resuttana Colli, e quindi alla fazione della zona occidentale della città, mentre il suo amico Diana Bernardo, ucciso il 22 giugno 1963, faceva parte del gruppo mafioso di Palermo Orientale.
Da tali elementi, posti in relazione con l'assurda condotta del Mancuso in occasione dell'omicidio del Diana, i Carabinieri prospettavano l'ipotesi che il Mancuso non dovesse essere estraneo all'organizzazione del delitto.
Durante le ricerche degli imputati latitanti, il Commissariato di P.S. "Orto Botanico" di Palermo accertava che in un fondo in contrada "Badia" tenuto in affitto dall'imputato Gambino Francesco avevano trovato asilo in precedenza costui ed il suo congiunto Sirchia Giuseppe e nella casa colonica del fondo rinveniva armi e munizioni appartenenti al Sirchia ed al Gambino, secondo la dichiarazione del teste Scibona Francesco.
Il Sirchia ed il Gambino venivano denunziati per detenzione abusiva di armi con rapporto del 15 settembre 1963.
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