Giuffrè usa l’etichetta “cordata di Provenzano” per indicare il gruppo ristretto di “consiglieri”, di “persone lungimiranti” che, a partire dall’inizio degli anni novanta, viene chiamato a raccolta riservatamente dall’anziano boss per le questioni più delicate. Quel trust di cervelli deve aiutarlo a tessere la trama per recuperare consenso e intrecciare nuovi legami dopo le stragi del 1992 e del 1993...
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Per una ventina di giorni pubblichiamo ampi stralci della sentenza in rito abbreviato dell’inchiesta Gotha del 2006, quando a Palermo finiscono in carcere vecchi boss e nuove leve due mesi dopo l’arresto di Provenzano Bernardo.
Provenzano, in realtà, è cauto coi politici. Non si fida. Ai suoi uomini manifesta la disillusione verso questa categoria di persone. Però si rende conto che è importante averli dalla propria parte. Con prosa sgrammaticata rivela il suo ambivalente stato d’animo al latitante Salvatore Genovese, in un “pizzino” risalente all’ottobre del 1997: “Ora tu mi informi che hai un contatto Politico di buon livello, che permetterebbe di gestire molti e grandi lavori, e prima di continuare tu volessi sapere come la penso io: Ma non conoscento non posso dirti niente, ci vorrebbe conoscere i nomi? E sapere come sono loro combinati? Perché oggi come oggi non c’è da fidarsi di nessuno, possono essere Truffaldini? possono essere sbirri? possono essere infiltrati? E possono essere sprovveduti? E possono essere dei grandi calcolatori, ma se uno non sa la via che deve fare, non può camminare, come io non possono dirti niente”.
Truffaldini, sbirri, sprovveduti, calcolatori. Non è una visione propriamente lusinghiera della classe politica. Senza il conforto di una conoscenza diretta o informazioni precise sulla persona, fidarsi del politico pare un azzardo per definizione. E poi bisogna avere le idee chiare sul cosa si vuole prima di interagire con la politica. Sapere cosa chiedere, come chiederlo e in che modo ottenere la promessa dell’adempimento.
Per questo motivo, il leader corleonese arrestato a Montagna dei Cavalli crea una “cordata riservata” che studia il modo di interagire con la politica ed elabora le linee guida dei progetti possibili. Ne parla Antonino Giuffrè, che ha percorso buona parte della sua carriera criminale a contatto con Binnu. Giuffrè usa l’etichetta “cordata di Provenzano” per indicare il gruppo ristretto di “consiglieri”, di “persone lungimiranti” che, a partire dall’inizio degli anni novanta, viene chiamato a raccolta riservatamente dall’anziano boss per le questioni più delicate. Quel trust di cervelli deve aiutarlo a tessere la trama per recuperare consenso e intrecciare nuovi legami dopo le stragi del 1992 e del 1993.
Provenzano li sceglie per le loro esperienze professionali, per i contatti con ambienti istituzionali e per la fedeltà assoluta alla causa di Cosa Nostra. Per molto tempo, di certi argomenti, gli uomini dell’entourage possono parlane solo con l’anziano leader.
Dai racconti di Giuffrè in quel gruppo, composto anche da Tommaso Cannella e Pino Lipari, spicca la personalità di Antonino Cinà, il medico che per un lungo periodo aveva curato Salvatore Riina da suoi acciacchi. Nei foglietti rinvenuti nel covo di Montagna dei Cavalli Cinà è il numero 164. Giovanni Brusca gli attribuisce la responsabilità di aver stilato il famigerato papello, cioè la lista di richieste che Riina avrebbe sottoposto allo Stato dopo la strage di Capaci.
Cinà regge il mandamento di San Lorenzo e, ad avviso dell’anziano “uomo d’onore” di Caccamo, è la “mente politica” dell’entourage. Gruppo in cui Giuffrè annovera pure l’onorevole regionale Giovanni Mercadante, anche lui medico, eletto nel 2001 nelle liste di Forza Italia e in grande ascesa nel partito nei mesi che precedono il rinnovo del parlamento siciliano del 2006.
Il 2006 è un anno cruciale per la politica italiana e regionale.
Cambierà la composizione di Camera e Senato, si rinnoverà l’Assemblea regionale Siciliana, si rinnoveranno tanti consigli comunali. Cosa Nostra è in stato di fibrillazione, gli uomini di Provenzano sono in stato di “all’erta”.
Il “Gotha” è chiamato a scelte importanti che lasceranno il “segno” per gli anni venturi.
L’Italia bipolare probabilmente è ad un bivio. Ma in Sicilia il Polo delle Libertà è ancora forte di quel 61 a 0 del 2001, con una componente UDC che, oltre ad esprimere il presidente della regione, costituisce quasi un terzo dell’elettorato nazionale di quel partito. La decisione sulla coalizione da votare sembra scontata, c’è una netta preferenza per il Polo delle Libertà. Piuttosto, bisogna decidere se “internalizzare” la rappresentanza politica, ossia se mobilitare il proprio peso elettorale in favore di membri interni alla associazione da presentare come candidati, appoggiando quindi persone legate da stretti vincoli di amicizia o parentela al capo o ai capi delle cosche, come nel caso del rapporto tra Mandalà e Campanella; oppure stipulare patti di scambio con politici esterni alla associazione su singole questioni, lasciando autonomi i contraenti e quindi evitando una esposizione pubblica troppo evidente; o ancora, se far confluire i voti su alcuni candidati a loro insaputa, al solo fine di tentare di accreditarsi nei loro confronti per iniziative future o per lanciare un segnale ad altri politici.
Non collateralismo ma leadership, è questo l’orientamento prevalente.
E allora la prima scelta appare come la più congeniale. Internalizzare la rappresentanza significa essere più forti nella costituzione di lobby politicomafiose da utilizzare in posizioni chiave della vita economica, politica ed istituzionale allo scopo di monopolizzare o di controllare le risorse e i servizi strategici di una data comunità o di un dato settore.
Nel box di lamiera, dove sono installate le cimici della polizia, Rotolo, Cinà, Bonura e altri affiliati discutono senza riserve di quegli argomenti sin dal luglio del 2005.
Si incomincia a tessere la trama. I boss vogliono essere pronti per il momento cruciale in cui si giocherà la partita.
Pretendono posti nel consiglio comunale e in quello provinciale. Scelgono candidati per le elezioni ormai prossime e si attivano per affiancarli a uomini influenti dello schieramento del Polo delle Libertà, in particolare di Forza Italia e dell’UDC.
Sembra essere ancora una volta Cinà a ragionare con lucidità sul tema del giorno.
La polizia lo ascolta mentre pianifica la strategia politica di Cosa Nostra con Nino Rotolo. Parlano del deputato regionale Giovanni Mercadante, primario dell’Ospedale Civico.
In cambio dell’appoggio elettorale offerto dalle cosche per le elezioni del rinnovo dell’ARS, Mercadante dovrà sostenere al consiglio comunale il prescelto dei boss, Marcello Parisi, consigliere di circoscrizione e nipote dell’associato mafioso Angelo Rosario Parisi.
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