Nel covo utilizzato da Mambro e correi per l'omicidio Straullu, ubicato nella palazzina di via Gradoli 96, vi erano altri 24 appartamenti di proprietà di società di consulenza del SISDE o comunque riconducibili a persone legate al Ministero dell'Interno. Un altro episodio: l'arresto dei brigatisti Faranda e Morucci, reduci dal covo di via Gradoli 96, nell'appartamento messo a loro disposizione da Giuliana Conforto, figlio del noto Giorgio Conforto
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Dopo la prima serie dedicata alla sentenza della corte d’assise di Bologna che ha condannato all’ergastolo Paolo Bellini per la strage di Bologna, il Blog mafie pubblica una seconda serie che si concentra sul ruolo dei mandanti
Una parte importante dell’istruttoria condotta dalla Procura Generale ha riguardato la prova che i covi dei NAR in via Washington a Milano e in via Gradoli a Roma erano conosciuti dai servizi con ciò che ne consegue in termini di mano libera lasciata agli eversori.
Il punto critico è se si sia trattato di coincidenze, casualità, negatività astrali, congenita inefficienza. Certo ci si può rifugiare in questa conclusione in mancanza della “pistola fumante” o di una confessione con consegna del corpo del reato. Anche perché formulare un’alternativa non è semplice e costringe ad approfondire l’analisi e la ricerca.
I pubblici ministeri non hanno dubbi: le scelte dei covi di via Washington e di via Gradoli sono state effettuate a ragion veduta da chi li abitava, facendo affidamento sulla sicurezza di quei luoghi; una sicurezza che, in effetti, consentì di fronteggiare situazioni di pericolo nelle quali doverosi interventi delle forze di polizia furono, invece, omessi.
L’“affidamento sulla sicurezza di quei luoghi” è un’inferenza logica, desunta tuttavia da una serie di precedenti che attingono il valore di massima, formulabile come segue: quanto più alta è la “coincidenza relazionale” tra covi eversivi e luoghi dell’intelligence, tanto più alta è la probabilità che quei covi non siano scoperti, perché in realtà ben conosciuti dai servizi e funzionali ai propri fini.
Questa massima di esperienza si riempie di contenuti fattuali e investigativi con le parole del colonnello Giraudo che ha parlato “copresenza” dei servizi segreti in contesti ambientali (ad esempio, covi) caratterizzati da attività eversive. I pubblici ministeri, a tale proposito, ricordano l’esempio del covo di Prospero Gallinari in via Massimi 91 a Roma, situato in uno stabile sede della TUMCO (Tumpaine Company), società di copertura dell’intelligence militare statunitense, su cui ha riferito il teste Giraudo nella medesima udienza.
Altra rilevante coincidenza è il covo utilizzato da Mambro e correi per l’omicidio Straullu, ubicato nella medesima palazzina (la numero 1 di via Gradoli 96) in cui vi erano altri 24 appartamenti di proprietà di società di consulenza del SISDE o comunque riconducibili a persone legate al Ministero dell’Interno, come evidenziato nello scritto di Sergio Flamigni, acquisito agli atti: un edificio che nel 76-77 era amministrato da Domenico Catracchia il quale, anche in seguito, continuò a riscuotere affitti e/o spese di riscaldamento di appartamenti del condominio e ad affittarne delle unità fino all’autunno del 1981.
Secondo le sue stesse parole, l’immobiliarista era uomo di fiducia (e “amico”) di Vincenzo Parisi, vice capo del servizio segreto civile, che “si serviva dell’agenzia del Catracchia per i suoi impicci” (intercettazione ambientale del 3/10/2019).
Ulteriore conferma, in un altro episodio di segno contrario, l’arresto dei brigatisti Faranda e Morucci, reduci dal covo di via Gradoli 96, nell’appartamento messo a loro disposizione da Giuliana Conforto, figlio del noto Giorgio Conforto.
È un episodio noto alla storia e alla politica ed oggetto di dibattito nelle commissioni parlamentari. I pm riportano uno stralcio dell’esame presso la commissione parlamentare d’inchiesta sull’affare “Mitrokhin” del senatore Francesco Cossiga, interessante perché l’ex presidente della Repubblica teorizza la libertà dei servizi di delinquere per i loro indeterminati fini.
Giorgio Conforto era agente “doppio”. Agiva per il KGB e per il SISMI. Anche ai tempi del fascismo era un infiltrato nell’OVRA. Ma non interessa questa storia né la vicenda dell’arresto di Morucci e Faranda, grazie alla delazione di Conforto o l’assoluzione di Giuliana Conforto dai reati a lei contestati per l’ospitalità data ai latitanti e alle loro armi.
L’opinione di Cossiga è che vi fu uno scambio: la delazione contro la protezione della figlia.
Ragionevolmente si poté sostenere che non ci fosse dolo da parte della donna, che cioè ignorasse chi fossero i due e dell’esistenza delle armi. Per i pubblici ministeri un dato attesta le molte facce e i molti giochi (ne vedremo di altri clamorosi) dell’Ufficio Affari Riservati di D’Amato; consiste nella circostanza che Giuliana Conforto nominò come difensore di fiducia l’avvocato Alfonso Cascone, il quale, sin dagli anni Sessanta era stato una fonte dell’Ufficio Affari Riservati del Ministero dell’Interno.
Tale circostanza è menzionata nell’informativa Cacioppo del 7/3/2006 dalla quale emerge che l’avv. Cascone era “un avvocato di sinistra che risultava aver difeso vari appartenenti a formazioni eversive di sinistra” e risultava essere stato anche una fonte dell’Ufficio Affari Riservati: si trattava, pertanto un “fiduciario manipolato direttamente da Federico Umberto D’Amato” (...).
Per i pm il silenzio e l’oblio calato sulla vicenda di Giorgio Conforto, agente del KGB cancellato per anni dalle cronache, per effetto di una scelta degli organi dello Stato che trattarono il caso dell’arresto di Giuliana Conforto, nonostante l’eccezionale gravità della vicenda, che riguardava addirittura il coinvolgimento di una spia dell’Unione Sovietica nel “caso Moro”, si spiega ancora una volta con l’intervento occulto di D’Amato; egli operò affinché la difesa fosse assunta da un avvocato noto come difensore di estremisti di sinistra, ma che in realtà era anche un suo fiduciario occulto.
La presenza di Dario Mariani nel covo di Via Washington 27 a Milano conferma, la collaborazione e la compenetrazione tra le due formazioni eversive (NAR e Terza Posizione), già emerso con riguardo alla figura di Luigi Ciavardini, confermato da Walter Sordi (aderente di TP, confluito nei NAR), che ne ha motivato la causa nella comune matrice estremista di destra e nell’inserimento del medesimo ambiente ristretto in cui operavano varie compagini.
Tutto ciò vale a riscontrare la non occasionalità della presenza di Sergio Picciafuoco (irriducibile di Terza Posizione come il Mariani) alla stazione di Bologna. Essa si spiega per la condivisione di attività operative tra i NAR e Terza Posizione e per la presenza di moventi comuni sui quali potevano far leva chi avesse voluto indirizzare le azioni dei terroristi; costoro non disdegnavano dal loro canto di mettersi a disposizione di chi avesse saputo motivarli e orientarli, come emerso in varie testimonianze di collaboratori.
Da questa articolata e puntigliosa disamina degli elementi di prova che collegano i servizi al gruppo dei NAR, la requisitoria dei pubblici ministeri trae la conclusione che è ragionevole “pensare a una strumentalizzazione o manipolazione di quel gruppo ancorata a puntuali dati di fatto. Si tratta di quel concetto esplicitamente enunciato dai vertici di Costruiamo l’azione di cui hanno parlato diversi collaboratori provenienti dalle file dell’eversione nera. Disponiamo ora di riscontri fondati su precisi contesti probatori, faticosamente ma con successo ricostruiti, nonostante ostacoli, reticente e parziali collaborazioni, che dimostrano come quei programmi furono effettivamente realizzati, per cui a partire da un determinato momento della storia e certamente prima del 2 agosto, così come nei primi anni Settanta chi avesse voluto progettare azioni stragisti disponeva della compagine di Ordine nuovo, la cui funzione abbiamo esaminato a lungo”. [...]
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