Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Dal 29 luglio è iniziata la prima serie dedicata alla sentenza della corte d'assise di Bologna che ha condannato all'ergastolo Paolo Bellini per la strage di Bologna e ha squarciato il velo su alcuni mandanti.


Una lettura assai vicina alla verità sugli attentati del 12 dicembre è quella che proviene dalle indagini del giudice Salvini e poi dalla sentenza della Corte di assise di Milano del 2001.

A proposito delle dichiarazioni di un dei collaboratori della destra giudicati più attendibili, Edgardo Bonazzi, nella sentenza-ordinanza del 1998, p. 71 e ss. leggiamo:

"Con riferimento all'esecuzione degli attentati del 12.12.1969, GIANNETTINI, nel carcere di Nuoro, aveva confidato a BONAZZI che gli attentati erano collegati ad un imminente progetto golpista, ma che gli esiti gravissimi della strage di Milano, non previsti da chi l'aveva organizzata, avevano di fatto penalizzato il progetto in quanto la risposta del Paese era stata troppo forte e di segno contrario rispetto a quello atteso (dep. 15.3.1994,);

"Sempre durante la comune detenzione e pur con grande cautela, limitandosi a cenni allusivi, in un primo momento nel 1975 FREDA e in seguito nel 1979/1980 AZZI e GIANNETTINI, avevano fatto capire a BONAZZI che il taxista ROLANDI era stato un testimone soggettivamente in buona fede, ma che la persona da lui vista sul taxi non era VALPREDA, bensì un militante di destra che gli assomigliava molto e che era stato utilizzato per tale specifico compito (dep. 15.3.1994;7.10.1994,).

"Si trattava, secondo gli accenni di AZZI poi confermati più precisamente da CONCUTELLI nel 1981 nel carcere di Novara, di un ex-legionario di origine siciliana frequentatore dell'ambiente milanese del MS.I e noto, anche per la comune origine geografica, allo stesso CONCUTELLI (dep. 7.10.1994; 25.2.1995);

"Sempre da Nico AZZI, di cui BONAZZI ha più volte sottolineato la serietà e la credibilità come militante, aveva appreso che l'appoggio logistico a Milano per coloro che erano giunti per eseguire gli attentati era stato fornito da Giancarlo ROGNONI

"Ciò era stato facilitato dal fatto che ROGNONI aveva lavorato nella filiale della Banca commerciale (ove era stata rinvenuta, in un sottopassaggio, la seconda bomba inesplosa) e quindi aveva potuto fornire a chi stava per entrare in azione la descrizione della struttura interna della filiale e le indicazioni utili a collocare l'ordigno nel punto più adatto (dep. 7.10.1994; 4.2.1995; 25.2.1995).

"Giancarlo ROGNONI, che secondo AZZI, dopo gli attentati, aveva subito temuto di essere individuato e inquisito, ha effettivamente lavorato quale cassiere, per alcune settimane, presso la filiale di Piazza della Scala della Banca Commerciale e nel dicembre 1969 era ancora dipendente di un'altra filiale dello stesso istituto di credito (cfr. nota della Digos di Milano in data 31.10.1994, vol.8,fasc.12).

"Poche settimane dopo gli attentati del 12.12.1969, Giancarlo ROGNONI, il 5.1.1970, senza specificarne le ragioni, si era improvvisamente dimesso dal suo impiego presso l'istituto; "la rivelazione più importante e conclusiva contenuta nelle dichiarazioni di Edgardo BONAZZI è tuttavia giunta con la deposizione resa in data 22.2.1996 dinanzi a personale del R.O.S. Carabinieri, nell'ambito della quale il testimone ha fornito altri particolari a sua conoscenza in merito non solo agli attentati del 12.12.1969, ma anche alle stragi successive sino a quella alla Stazione di Bologna. "Dopo avere premesso che non gli era stato possibile dire in precedenza tutto quanto a sua conoscenza per le "naturali remore" esistenti nei confronti di persone con cui aveva condiviso difficili momenti di detenzione, remore che avevano comportato del tempo per far maturare una completa deposizione, Edgardo BONAZZI ha rivelato l'ultima e decisiva notizia appresa da Nico AZZI durante le discussioni avvenute sul tema delle stragi, discussioni facilitate dal carisma che lo stesso BONAZZI, nel corso degli anni, aveva acquisito all'interno del/ 'area dei detenuti di estrema destra.

"Nico AZZI gli aveva esplicitamente detto che Delfo ZORZI era stato l'autore materiale della strage di Piazza Fontana, mentre gli attentati romani di quella stessa giornata erano stati "curati da uomini di Stefano DELLE CHIAIE".

"Quest'ultimo, tuttavia, aveva previsto solo attentati di valenza simbolica poiché eventi più gravi e sanguinosi, come erano avvenuti per una variazione del programma operativo, avrebbero reso più difficile la partenza del progetto golpista che avrebbe dovuto scattare subito dopo gli attentati e che era stato in effetti abbandonato e ripreso solo l'anno successivo con il tentativo del Principe Junio Valerio BORGHESE.

"Sempre secondo il racconto di AZZI, gli elementi veneti che avevano operato avevano usufruito di una base a Milano per l'ultimo innesco dei timers e tali notizie erano state confermate a BONAZZI anche da Guido GIANNETTINI, unitamente all'indicazione del ruolo di Pino RAUTI quale coordinatore sia del gruppo veneto sia del gruppo "La Fenice".

"Inoltre BONAZZI aveva appreso, nel 1975 da Franco FREDA, che questi conosceva molto bene Delfo ZORZI e che era amareggiato poichè "riteneva l'allontanamento dall'Italia di ZORZI una defezione".

"In proposito si ricordi, del resto, che Guido GIANNETTINI, pur mantenendo un atteggiamento di sostanziale "chiusura" in relazione alle nuove emergenze processuali, ha raccontato di essersi incontrato con Franco FREDA a Roma, nel 1968 o 1969, per ragioni connesse all'infiltrazione del gruppo di FREDA all'interno dell'estrema sinistra e, in tale occasione, di averlo accompagnato in Via del Corso ove FREDA si era incontrato con un giovane camerata veneto presentato a GIANNETTINI con il nome di ZORZI (int. GIANNETTINI, 17.3.1995).

"Franco FREDA, sentito da questo Ufficio in merito alle nuove emergenze processuali e ai reati prospettabili nei suoi confronti in relazione all'arsenale custodito nel casolare di Paese, ha cercato di spostare la data della sua conoscenza con Delfo ZORZI al 1970, e cioè ad un momento successivo agli attentati (int.14.10.1994), ma è stato ulteriormente smentito dall'esame di una delle sue agende sequestrate nel corso della prima istruttoria e ancora allegata agli atti del processo di Catanzaro.

"Infatti in tale agenda è appuntato l'indirizzo di Delfo ZORZI a Napoli, corrispondente al luogo ove egli abitava nel 1968 appena giunto in tale città per seguire il corso di Lingue Orientali, e altresì il numero di telefono di casa e d'ufficio del padre di ZORZI, a Mestre, risalente ad un momento precedente il 1969, a conferma di quanto stretti e assidui fossero i rapporti fra i due negli anni decisivi per i fatti oggetto delle indagini in corso.

"Tornando alle dichiarazioni di Edgardo BONAZZI, successivamente alle deposizioni ora esposte nei loro contenuti salienti, che collegano fermamente ROGNONI a ZORZI e ZORZI a FREDA, il testimone, anche dinanzi alle altre Autorità Giudiziarie competenti, ha reso ulteriori dichiarazioni di grandissima portata per le indagini relative alla strage di Brescia e di notevole interesse per le indagini relative alla strage di Bologna.

"Non è certo questa la sede per analizzare tali ultime dichiarazioni, mentre sembra opportuno spendere qualche parola sulla posizione assunta da Nico AZZI, fonte della parte più rilevante delle notizie riferite da Edgardo BONAZZI.

"Nico AZZI, sentito alcune volte da questo Ufficio e più a lungo e più approfonditamente, anche in confronto con Edgardo BONAZZI, dalla Procura della Repubblica nell'ambito della nuova indagine sulla strage di Piazza Fontana, ha confermato solo in parte e non nei loro profili salienti, le dichiarazioni del suo ex-compagno di detenzione.

"Tuttavia, per quanto è possibile esporre in sintesi in questa sede, egli non ha, in linea generale, smentito BONAZZI accusandolo di avere fatto dichiarazioni di fantasia o non corrispondenti al vero, ma ha sostanzialmente e più volte ribadito di non poter o voler offrire conferme in quanto ciò avrebbe comportato danneggiare la posizione di camerati e di rompere il vincolo ideologico e di amicizia che tuttora unisce AZZI all'ambiente dei camerati ex-ordinovisti, vincolo che non consente una formalizzazione processuale delle proprie conoscenze dinanzi a qualsivoglia Autorità Giudiziaria.

"Certamente anche Nico AZZI è ben lontano dal condividere la scelta delle stragi e degli attentati sanguinosi come metodo di lotta politica ed ha anch'egli operato sulla storia dell'estrema destra personali riflessioni critiche, ma, almeno sino a questo momento, sembra ritenere che il dibattito e la critica in merito a tali avvenimenti debbano restare interni al mondo che, direttamente e indirettamente, ne è stato protagonista.

"E' comunque evidente che la sostanziale "non smentita" da parte di Nico AZZI, testimone di riferimento, delle affermazioni di Edgardo BONAZZI, rende queste ultime pienamente utilizzabili sul piano processuale e affidabili, soprattutto nel momento in cui, pur muovendosi da un diverso punto di vista e cioè quello delle dinamiche carcerarie all'interno del ristretto mondo dei detenuti di estrema destra, si integrano comunque perfettamente con la descrizione diretta degli avvenimenti offerta da Carlo DIGILIO, Martino SICILIANO e Tullio FABRIS.

"Vi è solo da rammaricarsi che la decisione di Edgardo BONAZZI di "dissociarsi" non sia maturata prima e cioè quando erano ancora in corso i grandi processi relativi alle stragi e all'eversione di destra.

"Infatti, sia nel corso delle istruttorie e dei dibattimenti riguardanti la strage di Piazza Fontana sia in altri procedimenti riguardanti altri gravi episodi di strage, alcuni collaboratori, sovente e forse con troppo scetticismo non creduti, e soprattutto Sergio CALORE e Angelo IZZO avevano indicato in Edgardo BONAZZI colui che avrebbe potuto confermare molte delle loro più importanti affermazioni, ma il silenzio e 1'atteggiamento di negazione mantenuti all'epoca da BONAZZI non avevano consentito di acquisire conferme forse decisive ali 'interno delle dinamiche processuali.

"Se la scelta di BONAZZI fosse intervenuta in tale fase, quando la partita processuale era ancora aperta, forse l'esito di alcuni dibattimenti sarebbe stato diverso.

Anche la sentenza della Corte di assise di Milano ricostruisce i fatti nei termini esposti nella sentenza del giudice istruttore. In un capitolo il giudice istruttore si diffonde sull'attendibilità della testimonianza de relato di Bonazzi con particolare riferimento al ruolo e alla responsabilità di Giancarlo Rognoni. I risultati delle indagini istruttorie sono complessivamente confermati nella successiva istruttoria dibattimentale.

È noto come la strage di Milano fu caratterizzata dal depistaggio, essendo stata inizialmente attribuita dagli inquirenti dell'epoca, con prove manifestamente inattendibili e manipolate, ad anarchici e gruppi di sinistra. Le sentenze hanno da tempo accertato questa verità storica sulle responsabilità dei gruppi di Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale e sul depistaggio attuato indirizzando le indagini nella direzione dei circoli anarchici.

La strage di Milano del 12 dicembre è la prima manifestazione eclatante della strategia della tensione. Altri episodi vanno messi in evidenza sul piano storico-giudiziario per inquadrare correttamente il contesto della strage del 2 agosto 1980.

© Riproduzione riservata