Giovanni Brusca ha precisato di aver appreso che Mangano si era incontrato in quell’occasione soltanto con Dell'Utri e che egli (Brusca) non sapeva se quel messaggio, con tutta la sua carica intimidatoria, fosse stato poi ulteriormente recapitato a Berlusconi, ma che Dell'Utri si impegnò ad attivarsi nel senso richiestogli (“...Chiedo subito l‘attivazione per il 41 bis, se potevano fare qualche cosa, ma il motivo principale era di agganciare un altro canale politico”).
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà ampi stralci delle motivazioni della sentenza di secondo grado del processo sulla trattativa stato-mafia.
Venendo agli incontri antecedenti al maggio del 1994, sui quali ha riferito essenzialmente Brusca, si è testé dato atto del fatto che, comunque la si intenda, la questione non attiene (ancora) alla configurazione del reato come ribadito a chiare lettere dal giudice di prime cure: «Ed allora, alla stregua delle predette risultanze deve concludersi che l‘episodio riferito da Brusca, ma anche il primo viaggio di Vittorio Mangano a Milano dopo la richiesta di Brusca, il suo incontro con Dell‘Utri ed il successivo rientro in Sicilia, sono avvenuti prima che si fosse insediato il governo con la guida di Silvio Berlusconi nel successivo mese di Maggio 1994».
Ma per sondare le affinità nei comportamenti e al fine anche di cercare di dipanare la matassa sulla condotta successiva (cioè quella riferita agli incontri di Mangano e Dell'Utri dopo l’insediamento del governo Berlusconi ovvero degli incontri, non solo temporalmente diversi dai primi, ma realizzati anche attraverso un canale in parte differente da quello descritto da Brusca, essenzialmente sul quale ha riferito il collaboratore Cucuzza Salvatore) è bene scrutinare l’antefatto.
Ebbene anche in riferimento agli incontri antecedenti al maggio del 1994 va detto che né Brusca Giovanni né nessuno degli altri collaboratori di giustizia, che con le loro dichiarazioni hanno riscontrato sul punto Brusca, hanno offerto qualche elemento chiaro e tangibile che possa asseverare un contatto Dell'Utri/Berlusconi sulla tematica di interesse.
Dovendo fin da adesso aggiungere che la questione rilevante ai fini di questo processo e per ritenere (in prospettiva) l’intervenuta consumazione della azione delittuosa, non è riferita tanto all’accordo politico-elettorale (quell’accordo che la sopra citata sentenza della Corte di Appello di Palermo del giugno del 2010 non ha ritenuto provato divenendo sul punto irrevocabile), quanto, piuttosto, la consapevolezza da parte di Berlusconi, appunto già in questa fase preelettorale, della minaccia preventiva e doppiamente condizionata di cui si diceva tale da aver fatto da preludio (una sorta di premessa) alla ulteriore minaccia, ovvero quella promossa in seguito e solo dopo l’insediamento del governo presieduto dal predetto Berlusconi.
I ricordi di Brusca
Ma tornando a Brusca, egli ha riferito che, dopo alcuni giorni dall’incarico dato a Vittorio Mangano (“Per eccesso una decina di giorni, per eccesso quando dico a breve dico mesi. Posso pure sbagliare, quindici giorni, però penso meno di dieci giorni. Sì, sono stati giorni, le ripeto non è stata una risposta attesa nel tempo...”) il Mangano, tornato da Milano, gli disse che si era incontrato con Dell'Utri nei locali di una ditta di pulizie di tale Roberto (“Un certo Roberto che era titolare di un‘agenzia di pulizie che lavorava all‘interno della Fininvest e attraverso lui aveva contatto diretto per agganciare... quantomeno Dell‘Utri, poi non so se anche Berlusconi e via dicendo”) e che Dell'Utri, mostratosi perfino contento di quell’approccio, assicurò che si sarebbe attivato (“Quindi, ora io non so che tempo, si è organizzato fino due, tre giorni, l'appuntamento come ha fatto, questo non lo so. Ma, diciamo, che nell‘arco di giorni, una settimana, dieci giorni cosi massimo, ricevo già la risposta da Mangano che era andato, si era incontrato con questo... l‘appuntamento l’aveva fatto recandosi in un‘agenzia di pulizie, che a sua volta era amico di Vittorio Mangano che faceva anello di congiunzione per potere agganciare Dell‘Utri e Berlusconi, che questo qua a sua volta era un‘impresa che lavorava all‘interno della Fininvest. E mi ha detto che si era incontrato con Dell‘Utri, cosa che avevo menzionato di non dire, si era incontrato con Dell‘Utri dicendo che era contento e dice tutto contento, contento «Grazie, grazie, vediamo quello che possiamo fare» e da lì si è instaurato questo rapporto...”).
Il collaboratore Brusca, sollecitato dal pm nel corso dell’esame dibattimentale, ha precisato di aver appreso che Mangano si era incontrato in quell’occasione soltanto con Dell'Utri e che egli (Brusca), dunque, non sapeva se quel messaggio, con tutta la sua carica intimidatoria, fosse stato poi ulteriormente recapitato a Berlusconi quale destinatario finale di quella comunicazione (“Il suo interlocutore, che era Marcello Dell‘Utri. Tutto contento, soddisfatto e che avrebbe ripreso sia sul piano personale che su quello che era sul territorio di Cosa nostra, quello che mi ha detto Vittorio Mangano [...]”) ma che, comunque, Dell'Utri si impegnò ad attivarsi nel senso richiestogli (“Che da lì a poco si sarebbe allertato per quelle che erano le loro possibilità. In quel momento io chiedo... come si dice? Chiedo subito l‘attivazione per il 41 bis, se potevano fare qualche cosa, ma il motivo principale era di agganciare un altro canale politico”).
Va anche dato atto che la difesa del Dell'Utri ha sul punto osservato che: dalla deposizione del collaboratore emerge chiaramente come il messaggio ricattatorio, nelle intenzioni di Brusca, era diretto innanzitutto a Dell‘Utri «l’obiettivo era Marcello Dell‘Utri però il punto finale era Silvio Berlusconi»: sicché, volendo ammettere che la minaccia ci sia stata, secondo Brusca, Dell‘Utri ne sarebbe stato la vittima.
Delle riflessioni che risultano solo parzialmente condivisibili ed esattamente limitatamente al fatto che le sollecitazioni mirassero nell’immediato a Dell'Utri il quale, però, non era certamente (e come già puntualizzato) il soggetto “da minacciare” ma, semmai, il soggetto (“l’anello” di comunicazione”, come definito) deputato a farsi latore di quel messaggio secondo un passaggio finale che, tuttavia, neppure Giovanni Brusca ha potuto confermare ma che ha desunto dal fatto che Mangano lo aveva rassicurato dell’interessamento mostrato da Dell'Utri.
Per poter affermare, come fatto con la sentenza di primo grado, che “...la minaccia rinnovata dai mafiosi dopo l‘insediamento del governo presieduto da Silvio Berlusconi, infatti, trova le sue radici nelle promesse che Dell'Utri, sia assoluto protagonista della nascita ed affermazione della nuova forza politica, ebbe a indirizzare all’organizzazione mafiosa in vista delle elezioni politiche del 1994...”, non si può prescindere dalle dichiarazioni dello stesso Brusca il quale, a ben vedere, a proposito di quanto Mangano ebbe a riferirgli, dopo avere incontrato Dell'Utri, si è limitato a descrivere ciò che ha appreso dallo stesso Mangano e circa il fatto che Dell'Utri, mostrandosi “contento”, si era impegnato ripromettendosi di vedere quello che si poteva fare: “...Dietro questo fatto lui ritorna e dice tutto contento contento “Grazie, grazie, vediamo quello che possiamo fare”.
Se, dunque, neppure Giovanni Brusca (cioè il soggetto che a seguito della lettura del settimanale L’Espresso e comunque attingendo alle sue conoscenze maturate al riguardo ha dato un input essenziale a questa iniziativa criminosa) ha avuto una conferma diretta dell’interlocuzione finale con Berlusconi, è bene indicare – per come ha già fatto anche sul punto la sentenza di primo grado – che, allorché era stato sentito nel primo processo a carico di Dell'Utri, lo stesso Brusca, nel ripercorrere questa identica vicenda, aveva omesso di riferire perfino della sua conoscenza del contatto tra Mangano e Dell'Utri (“Se non mi ricordo quasi totale, però avevo tralasciato il contatto diretto Vittorio Mangano/Dell'Utri”).
In effetti quest’aspetto delle dichiarazioni del Brusca, pur con le evoluzioni che le contraddistinguono, non incrina la dimostrazione dei contatti Mangano/Dell'Utri in oggetto, poiché le perplessità al riguardo evincibili dalle dichiarazioni di questo collaboratore di giustizia possono essere superate in virtù dei riscontri, di cui più avanti ci si occuperà, riferiti al periodo anche successivo al maggio del 1994 e capaci di confermare, nel complesso, che Mangano si sia davvero incontrato con Dell'Utri per affrontare queste tematiche così scottanti e delicate.
Tuttavia è del pari evidente che, anche questa considerazione sul “passaggio intermedio” della comunicazione da Mangano a Dell'Utri, nulla di risolutivo possa aggiungere circa l’ulteriore esito, ossia se già in questo primo periodo - lo si ribadisce antecedente al maggio 1994 per come ricostruito essenzialmente dal Brusca - vi sia stata una relazione finale con Berlusconi quale destinatario della “minaccia preventiva” strutturata nei termini sopraddetti.
Le testimonianza di Monticciolo, Di Natale e La Marca
Ma riguardo ai riscontri alle propalazioni del Brusca, che, come visto, attengono specificamente questo periodo preelettorale, assumono anzitutto rilievo le dichiarazioni di Giuseppe Monticciolo il quale, se ha confermato di aver appreso da Mangano dei suoi incontri con i “politici” di Milano (personaggi politici di cui inizialmente lo stesso Monticciolo non ricordava neppure i nomi) e di avere appreso da Giovanni Brusca che si trattava di questioni attinenti al 41 bis ed alla confisca dei beni, ha altresì mantenuto memoria del fatto che secondo Bagarella, del quale aveva raccolto delle confidenze, sarebbe stato decisamente più rassicurante parlare direttamente con “u gRossu’, ossia con la persona di peso e politicamente più importante con ciò riferendosi a Berlusconi Silvio (“Mi sembra che uno dei tanti, che una volta disse Mangano, dove si lamentava, è stato che andava... praticamente, andava anche a Milano per poter parlare con Dell‘Utri. Infatti certe volte loro, cioè Bagarella diceva, era un po’ arrabbiato certe volte, ora ho cercato di averci un filo conduttore, e diceva che era meglio parlar direttamente con... lui diceva u gRossu. Poi ognuno deduca quello che...”).
Da queste così come dalle altre dichiarazioni del Monticciolo, se è possibile ottenere conferma dei viaggi fatti da Mangano per incontrare Dell'Utri (sebbene il nome di questo soggetto sia stato fatto tardivamente dal predetto Monticciolo), non vi è invece conferma circa il destinatario ultimo delle interlocuzioni e soprattutto circa l’esito delle stesse (“No, glielo chiedevano loro. L’ho detto prima, Brusca e Bagarella. Per deduzione se lui lavorava ad Arcore da Berlusconi, se parlava con Dell'Uitri, se la devo dir tutta quello più gRosso, politicamente è Berlusconi. Poi se fosse lui o non fosse lui e quello che si dicevano io non ero nella stanzetta lì con loro, quindi questo non lo so.”), non potendosi neppure trascurare quell’insoddisfazione, esternta da Bagarella allo stesso Monticciolo, secondo cui per dirimere ogni dubbio sul tema sarebbe stato auspicabile un contato diretto con Berlusconi.
Anche La Marca Francesco, se ha confermato il racconto di Giovanni Brusca in merito all’incarico conferito dallo stesso Brusca e da Bagarella a Vittorio Mangano e circa i viaggi di quest’ultimo a Milano, non ha potuto invece specificare nulla circa le modalità delle eventuali discussioni sul tema tra Dell'Utri e Berlusconi.
Le dichiarazioni del La Marca assumono un valore significativo poiché lo stesso apparteneva alla medesima “famiglia” mafiosa di cui Mangano faceva parte e nella quale proprio quest’ultimo, per un periodo, ha ricoperto il ruolo di reggente per volere di Bagarella e Brusca dopo che il precedente reggente, Salvatore Cancemi, nel luglio 1993, si era costituito ai Carabinieri.
Appunto in virtù di questa “comunanza mafiosa” il La Marca ha riferito di avere accompagnato Vittorio Mangano ad un incontro con Bagarella e Brusca. Se in riferimento a questa occasione il La Marca ha ricordato di essere stato personalmente presentato al Bagarella, il predetto collaboratore ha riferito che, dopo circa venti giorni da quest’incontro, il Mangano, dovendosi recare a Milano per discutere con dei politici al fine di ottenere benefici riguardo al regime del4l bis e al sequestro dei beni, Io aveva incaricato di sostituirlo per le incombenze che si fossero rese necessarie a Palermo durante la sua assenza.
Se, dunque, il La Marca ha svolto queste funzioni “di supplenza”, lo stesso ha riferito che il Mangano, rientrato a Palermo dopo quattro o cinque giorni, aveva comunicato che l’incontro a Milano aveva sortito esito positivo nel senso che se il partito di Berlusconi avesse vinto sarebbero stati tolti il 41 bis e la confisca dei beni, tuttavia precisando che non sapeva con quale politico il Mangano avesse interloquito: “Sì, quello che mi ha detto che ci ha mandato sia Brusca e sia Bagarella... Ce l’ha mandato là a Milano sia Brusca e sia Bagarella per parlare di queste cose, però io onestamente non lo posso dire se è andato a parlare con Berlusconi o con qualche altro. È andato a Milano a parlare con un politico, non so chi era, non ce l’ho chiesto, non era carattere mio, per dire, ma con chi hai parlato? Questo sono a conoscenza e questo io dico Sì, per andare a parlare là a Milano per fare togliere il 41 bis con l’accordo e i sequestri dei beni”.
Sempre secondo La Marca, Vittorio Mangano, dopo essere tornato da Milano, si era incontrato ancora con Bagarella e Brusca per riferire loro l’esito del suo viaggio ed i predetti nell’occasione si erano mostrati molto soddisfatti (“erano tutti contenti” ... “erano contentissimi”), ostentando una contentezza che tuttavia il La Marca vedeva con qualche titubanza subodorando delle possibili “prese in giro”: […]. Ma il La Marca, esplicitamente sollecitato anche in controesame, ha ribadito di non sapere con chi si fosse incontrato Mangano a Milano (“Avvocato, io ripeto di nuovo, lui mi ha detto che andava a Milano, però non mi ha detto che stava andando con Berlusconi o con qualche altro. Io, siccome c’ho un carattere io molto riservato, non glielo ho detto ma con chi? Lui voleva parlare, ma io l’ho chiuso”). Neppure dalle dichiarazioni del collaboratore Di Natale Giusto, utilizzabili quale riscontro indiretto alle propalazioni di Brusca e La Marca, è possibile trarre maggiori ragguagli sul tema.
Più esattamente il Di Natale ha narrato che un giorno Guastella si era incontrato con il genero di Vittorio Mangano ed era ritornato nei suoi uffici (del Di Natale) per incontrare Bagarella mostrandosi perfino euforico perché aveva appreso che Mangano aveva dato assicurazione che finalmente si pRospettavano alcuni interventi legislativi a loro favore (“... È ritornato euforico dicendo che le cose si stavano mettendo benissimo in quanto aveva avuto assicurazioni da Vittorio Mangano che si sarebbe messo mani all’articolo 192 e avrebbero modificato la legge sui collaboratori di giustizia...”) e ciò per essere stato a sua volta rassicurato in tal senso da Dell'Utri (“Diceva che aveva parlato con Marcello Dell'Utri”).
Si tratta, come già è stato sottolineato con la sentenza di primo grado “...di un riscontro indiretto, perché, se non riguarda i momenti dell‘incarico inizialmente affidato da Brusca e Bagarella a Vittorio Mangano, concerne, però, un fatto temporalmente successivo che, tuttavia, non può che trovare le proprie radici nel necessario antecedente fattuale riferito da Brusca, non potendo di certo ritenersi che Vittorio Mangano avesse agito per un interesse collettivo degli associati senza l’impulso di coloro che, di fatto, all’epoca guidavano l‘organizzazione mafiosa (v. sopra Parte Terza della sentenza, Capitolo 14). Ed è ugualmente rilevante che in quell’occasione sia stato fatto espressamente il nome di Dell‘Utri quale interlocutore del Mangano perché è proprio per contattare Dell‘Utri che Brusca e Bagarella si erano rivolti a Mangano” (p. 4371).
Malgrado la difesa Dell'Utri abbia censurato il fatto che Di Natale ha riferito notizie che avrebbe appreso da Leoluca Bagarella e da Giuseppe Guastella, i quali a loro volta avevano riferito di informazioni apprese dal genero di Vittorio Mangano [...], anche da tale fonte risulta che Dell'Utri ha incontrato Mangano fornendo rassicurazioni sugli interventi normativi che sarebbero stati adottati (sebbene riferendosi al periodo successivo al maggio del 1994 che appresso verrà più ampiamente esplorato). […]. Né maggiori chiarimenti possono trarsi sul punto dalle propalazioni di Cucuzza Salvatore.
Malgrado, infatti, il collaboratore Cucuzza (di cui diffusamente si dirà più avanti) abbia riscontrato gli incontri di Mangano e Dell'Utri, di cui ha parlato Brusca, anche precedenti all’insediamento del governo Berlusconi, ugualmente egli non ha potuto specificare se a tali interlocuzioni, appunto Mangano/Dell'Utri, abbiano fatto seguito le ulteriori e conseguenti interlocuzioni Dell'Utri/Berlusconi.
Va anticipato che ci si confronta con una questione per molti versi speculare a quella centrale per l’imputazione adesso in disamina (vedi infra) che coinvolgerà le dichiarazioni dello stesso Cucuzza ma per gli incontri successivi alla nomina del governo Berlusconi e che non trova, anche per i fatti pregressi, esauriente risposta, perlomeno in termini di certezza probatoria.
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