Dai drogati emarginati al consumo ricreativo senza più stigma sociale, convinti (sbagliando) che se tutto fa male, allora niente fa male
- In Italia le anfetamine si diffondono con il diffondersi delle “patologie” da società industriale avanzata. Un servizio della Rai del 1959 affronta il problema per la prima volta: si intitola Difendiamoci dalla città. Il boom dei consumi sta per iniziare ma ancora larga parte della penisola vive senza stress, anche se è affamata, povera e analfabeta.
- Le nevrosi si combattono nel tempo libero, ma come?
- Una delle risposte che arrivano da oltreoceano la propone l’industria farmaceutica, le anfetamine. Nel 1962 si inizia a parlare di anfetamine anche in Italia, le pep pills.
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15 June 2021, North Rhine-Westphalia, Cologne: Ecstasy tablets in the shape of skulls lie on the table at the customs office. Customs seized ecstasy tablets with a street value of 1.3 million euros at Cologne/Bonn airport. (To dpa/lnw: "Customs discovers record amounts of ecstasy and cannabis at the airport") Photo by: Oliver Berg/picture-alliance/dpa/AP Images
La prima puntata di Breaking bad viene trasmessa in TV il 30 gennaio 2008. La serie, destinata ad avere un successo immenso, è solo una delle centinaia di fiction che parlano di droghe. Ma qua la protagonista è una sostanza “nuova”, la metanfetamina. Crystal meth. Metanfetamina in cristalli.
Così come sono “nuove” le sostanze prodotte artigianalmente da un gruppo di ricercatori disoccupati in Smetto quando voglio, film di Sydney Sibilia del 2014.
«In Italia una droga per essere definita tale dev'essere censita nell'elenco delle molecole illegali del ministero della Salute», dice Pietro Zinni, il protagonista all’inizio del film. «Cocaina, eroina, anfetamina, metadone, ecstasy e più o meno altre 200 molecole fanno parte di quell'elenco. Se una molecola non è in quella tabella allora la puoi produrre, la puoi assumere, ma soprattutto la puoi vendere.»
Leggiamo sull’Atlante delle Dipendenze (Gruppo Abele, 2014): «Le “nuove droghe” hanno rappresentato un autentico punto di svolta nei consumi di sostanze psicotrope illegali. Sino al momento della loro comparsa, il panorama italiano delle assunzioni di sostanze stupefacenti illegali si presentava in forma sostanzialmente dicotomica: da un lato gli oppiacei, ed in particolare l'eroina, che evocava scenari connotati da marginalità, devianza, esclusione, malattia e morte; dall'altra consumi di sostanze definite “leggere”, i derivati della cannabis, la cui illegalità veniva già allora messa in discussione. (…) La comparsa delle metamfetamine e delle altre party drugs sovverte l’ordine intorno al quale si erano andate strutturando le politiche nazionali sulle droghe e i relativi servizi dedicati».
Nuove ma non troppo
Le cosiddette “nuove droghe” sono diverse e non sempre davvero nuove. Il caso più emblematico in questo senso è rappresentato dall’anfetamina e dai suoi derivati.
Anfetamina e metanfetamina sono molecole dalla struttura molto simile all’adrenalina. Stimolano, quindi, il sistema nervoso in modo estremamente caratteristico.
Da ognuna di queste molecole è possibile trarre una serie infinita di derivati. Alcuni assai pericolosi, altri, come la più nota, ovvero l’Mdma, in modo indefinibile, anche se Lancet ha messo la sostanza al 18° della sua classifica di rischio, ben dopo il tabacco o le anfetamine per dire.
Dal sito www.sostanze.info: «Le metanfetamine sono un gruppo nutrito di sostanze chimiche di sintesi la cui composizione molecolare può essere molto simile ma determinare effetti diversi. Ice, shaboo, crystal meth (metanfetamine), ecstasy (Mdma), fanno parte tutte della stessa grande famiglia. Possono essere ingerite, iniettate, fumate sotto forma di cristalli purissimi (ice)». Rispetto al crack, a cui assomigliano per diversi aspetti, l’effetto dei cristali persiste per ore invece che per pochi minuti. L’uso cronico di alcune provoca psicosi.
Secondo lo storico americano David T. Courtwright, la storia dell’anfetamina è particolarmente istruttiva e vale la pena raccontarla, perché è un buon viatico per capire la sottile separazione fra farmaco e droga (che in inglese si dicono con la stessa parola) e le incredibili responsabilità dell’industria farmaceutica nell’abuso di sostanze legali in alcuni frangenti della nostra storia recente.
Anfetamina e metanfetamina vengono sintetizzate nei primi anni del Novecento «suscitano l’interesse dei militari di diverse nazioni (tedeschi, giapponesi, americani) sia nel secondo conflitto mondiale, sia durante la guerra fredda; in particolare l’Mdma e l’Mda vengono brevettate come pillole per controllare l’appetito, forse proprio per mantenere segreti gli imponenti effetti psichici, magari utilizzabili in campo bellico.
Sta di fatto che le due molecole appena citate non verranno mai commercializzate e solo a partire dal 1967 vengono ri-sintetizzate da Alexander Shulgin, che si definirà il “patrigno” dell’Mdma». L’Mdma viene introdotto nelle cure psichiatriche per sostituire l’Lsd dichiarato illegale, poiché presenta delle proprietà empatogene ed entactogene, ovvero favoriscono la comunicazione, la socialità, l’introspezione.
L’anfetamina, invece, è prodotta dall’industria farmaceutica a partire dagli anni Trenta del secolo scorso. Il suo primo uso è stato come farmaco decongestionante. Presto i medici si accorgono che chi fa uso di anfetamina fatica a prendere sonno e ha meno appetito.
Subito viene intravista la possibilità di indicazioni più estese: Cartwright racconta di come, nel 1946, le anfetamine siano prescritte per 39 patologie diverse che vanno dalla pressione bassa al mal di mare alla dipendenza da caffeina.
Patologie recenti
In Italia le anfetamine si diffondono con il diffondersi delle “patologie” da società industriale avanzata. Un servizio della Rai del 1959 affronta il problema per la prima volta: si intitola Difendiamoci dalla città ed è il ritratto perfetto di un futuro prossimo che la provincia italiana ancora stenta a immaginare: il boom dei consumi sta per iniziare ma ancora larga parte della penisola vive senza stress, anche se è affamata, povera e analfabeta.
Uno degli slogan più noti della pubblicità degli anni seguenti sarà «Contro il logorio della vita moderna». Bene, dice il giornalista Ugo Zatterin, «Per restare in corsa, per non essere travolti, si viene aggrediti dallo stress. Assillo, ansia, fatica che esauriscono e rendono disadattati alla nostra epoca. Così diventano vittime di «nevrosi».
Una parola nuova, alla quale anche l’Organizzazione mondiale della sanità ha prestato attenzione. Le nevrosi si combattono nel tempo libero, dice Zatterin, ma come? Una delle risposte che arrivano da oltreoceano la propone l’industria farmaceutica, le anfetamine. Nel 1962 si inizia a parlare di anfetamine anche in Italia, le pep pills.
Insieme alle benzodiazepine rappresentano la grande rivoluzione della farmacopea degli anni Cinquanta: medicinali come il Valium vengono prescritti per ogni forma di disagio anche se in Italia continuano a essere preferiti i barbiturici come il Luminal o il Veronal. Il moderno «drogato» dunque usa tutte le sostanze, legali e illegali, ed è un po’ malato un po’ deviante, un po’ sofferente un po’ edonista.
Scriverà qualche anno dopo, a proposito di questo passaggio storico, il sociologo Guido Blumir «Un numero enorme di giovanissimi (decine di migliaia) si familiarizza con lo psicofarmaco; nelle farmacie si trova di tutto; in casa, le madri cominciano a usare tranquillanti.
Oltre al cocktail tranquillanti-alcol, vanno a fiumi il Revonal (della Bracco) e gli altri sonniferi a base di metaqualone; i barbiturici; e, nettamente al primo posto, le anfetamine».
La 3,4-metilendiossimetilanfetamina (MDMA) viene posta sotto controllo dalla Food and Drug Administration statunitense dal 1984, nell’Aprile1986 viene dichiarata illegale dagli USA e di lì a poco proibita anche negli altri Paesi, compresa l'Italia.
La droga dell’amore
Sul finire degli anni Ottanta, scrive il sociologo Claudio Cippitelli «inizia la storia delle metanfetamine in Europa: nel 1987 sbarcano a Ibiza a bordo degli zainetti dei dj nordamericani che contengono i dischi sui quali è incisa la techno, la sonorità che veicolerà la diffusione dell’Mdma nel nuovo mondo del loisir notturno». L’ecstasy.
La stampa nostrana ne racconta l’avvento: la chiama droga dell’amore. Ma per poco: nel 1988 già l’allarme è diffuso. Viene definita la nuova droga dello yuppie, rimedio per virilità in crisi. In realtà si diffonde soprattutto fra i ragazzi nelle discoteche e nei rave.
Il sociologo Aldo Bonomi definirà questa trasformazione della scena notturna romagnola degli anni Novanta «il distretto del piacere». Nel distretto del piacere 400.000 persone consumano ecstasy. Inizia l’allarme sociale: le morti del sabato sera, lo sballo, le pasticche popolano le cronache degli anni Novanta.
Ma quello che sta accadendo è ben diverso come fa notare Maria Teresa Torti, docente di Sociologia all’Università di Genova, nel suo libro Abitare la notte.
Attori e processi nei mondi delle discoteche: «abitare la notte, è come indossare una dimensione mentale, una dimensione dello spirito, andare oltre i confini del tempo e dello spazio che delimitano la soglia tra il buio e la luce. È come nel ballo, quando la musica investe totalmente la sensibilità dell’io, penetra il cervello e fa vibrare il corpo: esiste solo la musica e il corpo che si culla a tempo».
Se tutto fa male niente fa male.
In questo scenario nuovo l’allarme impedisce di valutare quello che sta accadendo, cioè una trasformazione radicale del consumo di sostanze in un poli-consumo dove, molto spesso, le gerarchie di pericolosità vengono ignorate: se tutto fa male niente fa male.
La stigmatizzazione da parte della stampa della club culture, dei rave, la conseguente costruzione di un immaginario mediatico e sociale di grande allarme, senza però alcun approfondimento serio, oscura completamente il dato forse più interessante, ovvero il fatto che le «pasticche», con la loro forma del tutto identica a quella di un medicinale, rivoluzionano la relazione con le sostanze psicotrope, «normalizzandola», spoeticizzandola.
Giovani anni 90. Terzo rapporto Iard sulla condizione giovanile in Italia esce nel 1993 e afferma che «è negli atteggiamenti e nei comportamenti nei confronti dell’uso di sostanze psicotrope che si stanno diffondendo nuovi modelli culturali».
I dati riportano che «quasi un giovane ogni cinque non esclude l’esperienza del consumo di droghe leggere, mentre quasi uno ogni trenta non esclude il consumo di droghe pesanti».
Eppure non sono “drogati” come siamo stati abituati a considerarli fino a quel momento. L’analogia fra droga e devianza è messa in discussione sia dal punto di vista quantitativo (sono troppi per essere «devianti») sia qualitativo (il loro profilo sociale risulta essere indistinto).
L’uso occasionale di droghe è del tutto slegato da condizioni di svantaggio e di emarginazione, per diventare un’esperienza normale per tanti ragazzi e ragazze.
Uno dei nodi problematici della diffusione illegale di queste sostanze è il fatto che vengono prodotte molto spesso in laboratori improvvisati e clandestini.
Con sostanze da taglio che vanno dalla caffeina, a sostanze tossiche, come il piombo e la calce, che possono aumentare il rischio d'intossicazione acuta.
«Per questo motivo, da molti anni gli operatori che intervengono in contesti del loisir notturno, sia commerciali (discoteche, discopub, ecc.) sia auto-organizzati (centri sociali, free festival, rave, ecc.), invocano un cambiamento nella legislazione che consenta loro, al pari dei colleghi di altre nazioni, di effettuare il drug checking (o pill test) test, ovvero l’analisi sul campo delle sostanze psicotrope presenti sul mercato illegale».
Il drug checking in Italia è nei fatti inesistente come pratica diffusa di riduzione del danno. Pochi coloro che lo fanno gratuitamente nei luoghi di consumo di sostanze, eppure, secondo l’autorità europea in tema di dipendenze (Emcdda) va assolutamente incoraggiata ogni iniziativa volta a ridurre i rischi dell’assunzione di droghe dalla composizione chimica incerta.
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