- Ora c’è la certezza: è proprio l’attrice Lodovica Rogati, già condannata a quattro anni per calunnia e stalking in primo grado (prescritta, ha pagato oltre 50mila euro le due persone che aveva accusato di essere stupratori e trafficanti di droga) la donna che ha detto a Fanpage di essere stata violentata dal senatore.
- I documenti giudiziari specificano pure che il lungo messaggio intimidatorio arrivato al cellulare di Richetti che ha fatto scattare la denuncia del senatore proviene da un telefono intestato proprio a Rogati.
- La donna quest’anno è finita a processo per minacce e diffamazione contro un dirigente sanitario diffamato gravemente anche sui siti dell’ospedale dove l’uomo lavora
Le carte giudiziarie dello scandalo politico che ha travolto gli ultimi giorni della campagna elettorale, partite dalle accuse di molestie sessuali rivolte dalla testata Fanpage a un senatore, chiudono almeno per ora il caso di Matteo Richetti.
Il presidente di Azione è stato indicato da una donna come colui che, il 16 novembre del 2021, ha abusato di lei negli uffici del Senato. E come il politico che – insieme ad apparati dello stato che hanno ordinato una perquisizione in tempi record – avrebbe ordito «un atto di natura intimidatoria nei confronti della persona che voleva denunciare una molestia», come ha scritto il direttore di Fanpage Francesco Cancellato.
Analizzando il fascicolo della magistrata della procura di Roma Alessia Natale si definiscono i pochi dettagli rimasti oscuri dopo gli articoli di Domani questo giornale, che hanno tentato negli ultimi giorni di fare chiarezza sull’andamento dei fatti e sui profili dei protagonisti della vicenda.
Innanzitutto, è proprio l’attrice Lodovica Rogati, già condannata a quattro anni per calunnia e stalking in primo grado (prescritta, ha pagato oltre 50mila euro le due persone che aveva accusato di essere stupratori e trafficanti di droga) la donna che ha detto a Fanpage di essere stata violentata dal senatore. Un’evidenza che lei ha ufficialmente negato anche a Domani ma smentita dalle carte processuali.
Non solo: i documenti giudiziari specificano pure che il lungo messaggio intimidatorio arrivato al cellulare di Richetti che ha fatto scattare la denuncia del senatore proviene da un telefono intestato proprio a Rogati.
Il verbale di perquisizione del 14 gennaio 2022 dice che il controllo ha dato «esito negativo» - come ha ripetuto il direttore di Fanpace Cancellato in tv – soltanto perché la polizia postale non ha trovato in casa della donna alcun dispositivo, nemmeno il cellulare. Come mai?
Lo spiega la stessa Rogati a verbale il giorno dei controlli: «Il mio iPhone è stato già sequestrato dai carabinieri durante un’altra attività di perquisizione eseguita presso la mia abitazione avvenuta qualche settimana fa. Era per un caso di malasanità in relazione alla scomparsa di mia madre».
In pratica, già nel verbale della polizia postale Rogati (la cui notifica è stata pubblicata da Fanpage, e anche se in parte è stata oscurata è identica a quella del fascicolo sull’attrice indagata per stalking e diffamazione contro Richetti) ammette era già indagata in merito a un’altra vicenda giudiziaria. Un caso che riguarda un dirigente sanitario che l’ha denunciata come Richetti, ma qualche tempo prima.
Reati a raffica
Secondo l’inchiesta sul «me too della politica» di Fanpage, la donna, dopo la violenza sessuale, avrebbe pure subito una sorta di intimidazione, mentre un «vicecapo della polizia avrebbe ceduto alle pressioni del politico per velocizzare l’iter della denuncia e arrivare alla perquisizione in tempi brevissimi». Accuse gravi: lo stato avrebbe perseguitato la vittima (che per Fanpage non è presunta, ma certa) d’accordo con il potente molestatore.
Le carte giudiziarie sembrano raccontare altro. Innanzitutto, il codice di procedura penale prevede che non è la polizia ad ordinare le perquisizioni ai sospetti, ma la procura della Repubblica.
Dopo la denuncia di Richetti del 29 novembre 2021, la pm Natale (sostituto procuratore specializzata proprio nei reati sulla violenza sulle donne, quelli contro la libertà sessuale, i minori e le persone vulnerabili) firma il decreto di sequestro a Rogati il 7 dicembre.
Lo fa per due motivi. Il primo è che il cellulare da cui è partito il 19 novembre, tre giorni dopo l’incontro tra il senatore e l’attrice in Senato, un messaggio di ingiurie e minacce contro Richetti è intestato proprio a Lodovica Rogati.
Un lunghissimo sms che non fa mai riferimento alle presunte molestie che sarebbero avvenute solo tre giorni prima, ma dove si legge, tra l’altro: «Ascoltami bene testa di cazzo, tu vivi nella melma...la cattiveria nella vita ritorna sempre ricordatelo. Se non mi chiedi scusa in ginocchio e continui a mentire a quella ritardata io ti spacco il culo! Mi avevi lì davanti ad accoglierti con tutto l’amore e la pazienza del mondo... e ci hai pisciato sopra... invece di ascoltare i miei consigli che ti stavo dando martedì (il 16 novembre 2021 era martedì in effetti, ndr) dove con delicatezza ed educazione cercavo di farti capire che il problema non sono gli altri ma il tuo comportamento... io sono un personaggio pubblico, mi conoscono tutti e non gliene frega un cazzo a nessuno se sono figa!».
Il messaggio si conclude con un presunto sms di un’altra persona che darebbe solidarietà sulla vicenda proprio a una certa «Lodo».
L’altra ragione per cui la pm che combatte i femminicidi (e poi la gip Maria Mosetti che ha dovuto confermare la decisione) ordinano la perquisizione è che Rogati sulle banche dati di polizia risultava già censita – si legge sempre nel fascicolo – «per numerosi reati, tra i quali diffamazione, minaccia, atti persecutori, violenza e minaccia ai pubblici ufficiali, interruzione di pubblici, servizi, sostituzione di persona, procurato allarme, insolvenza fraudolenta, lesioni personali, simulazione di reato», oltre precedenti segnalati dal questore di Roma nel 2011 per «lesioni personali e diffamazione».
È per questo motivo che la pm, visto «che sussistono gravi indizi in ordine ai reati contestati», decide di firmare il decreto.
Ai sospetti della magistrata va aggiunto come la segreteria della fidanzata di Richetti, che lavora ad Azione, aveva ricevuto, sempre il 19 novembre, una chiamata dal numero intestato a Rogati, «dove una voce femminile chiedeva informazioni sul suo conto, asserendo di essere una familiare di nome Federica».
Doppia perquisizione
Domani aveva già scoperto che l’accusatrice di Richetti aveva precedenti gravi per aver provato a distruggere con bugie infamanti l’ex ragazzo e un’altra persona, accusandoli di stupro. Questi precedenti erano facilmente individuabili su fonti aperte, come testate online e archivi di agenzie di stampa.
Ora si scopre pure che la donna quest’anno è finita a processo per minacce e diffamazione contro un dirigente sanitario difeso dall’avvocato Roberto Savino, che ha subito secondo l’accusa una vera e propria persecuzione da parte della ragazza, che è riuscita a diffamarlo gravemente anche sui siti dell’ospedale dove l’uomo lavora. Fatti che hanno portato all’uomo, dice Savino, «enormi problemi in famiglie e pure con l’Ordine dei medici. La ragazza ha un profilo seriale».
Fanpage non ha dato conto dei precedenti e della seconda perquisizione in poche settimane subita dalla donna da diverse forze di polizia e diversi pm. L’articolo e la video-inchiesta durata mesi si basa essenzialmente sulla testimonianza di Rogati e su alcuni messaggi auto-accusatori che Richetti ritiene «del tutto artefatti» e che Rogati non ha voluto mostrare a Domani (nega ancora di essere la testimone di Fanpage e giura che durante l’incontro col senatore «nessuno è saltato addosso a nessuno»)
Non li aveva mostrati neppure alla trasmissione Le Iene, che quindi aveva deciso di non approfondire la sua storia.
La perquisizione subita lo scorso gennaio è comunque cruciale. Rogati ammette che il numero è intestato a lei (nel contratto con Tim aveva indicato un indirizzo di Roma inesistente) aggiungendo però che lo stesso «è prevalentemente utilizzato dai suoi colleghi per motivi di lavoro».
Quando Domani ha chiamato l’utenza, ha risposto un domestico straniero che ha detto «di non sapere nulla di nulla».
Le accuse a Richetti
Inoltre, nel verbale finale la ragazza mette nero su bianco l’accusa al senatore Richetti, la stessa che poi ripeterà a Fanpage qualche mese dopo: «Ho conosciuto Richetti ad ottobre del 2021 quando voleva che entrassi dentro il suo partito Azione... per circa un mese mi ha corteggiato insistentemente con chiamate e soprattutto con messaggi... al mio continuo rifiuto, il senatore diventata sempre più molesto. Soltanto per chiudere la conoscenza, l’ho incontrato per l’ultima volta presso il suo ufficio di Palazzo Cenci il 16 novembre. Durante questo incontro Richetti ha tentato un approccio sessuale nei mei confronti baciandomi e mettendomi le mani addosso, a quel punto scioccata sono andata via... Poi in una telefonata Richetti, piangendo, mi ha supplicata di non raccontare a nessuno quello che lui aveva fatto in Senato. Sono in possesso della documentazione che dimostra tutto quello che ho dichiarato. Non ho ancora sporto denuncia in quanto proprio in questi giorni dovrò recarmi dal mio legale a trascrivere la querela». Che, però, non è mai stata fatta.
L'archiviazione
Ma come mai la pm Natale ha chiesto lo scorso maggio l’archiviazione delle accuse di Richetti, se il cellulare da cui sono partite le minacce è quello di Lodovica Rogati?
Perché i messaggi pesantissimi su Facebook e articoli anonimi su alcuni siti non hanno ancora un’origine certa, visto che Meta e Twitter hanno chiesto alla procura che indagava che fosse fatta una rogatoria internazionale. «L’unico elemento che collega Rogati alla vicenda è dunque l’intestazione della scheda telefonica da cui è partito il lungo messaggio WhatsApp inviato a Richetti il 19 novembre», scrive Natale.
«Non potendosi escludere l’uso promiscuo dell’utenza da parte di terzi, si deve ritenere equivoco l’elemento di prova e non idoneo a sostenere l’accusa in giudizio».
Più che accanirsi contro la ragazza come ipotizza Fanpage, dunque, sembra che il magistrato decida, al contrario, di evitarle l’ennesimo processo perché la prova è debole. Anche se non viene formulata alcuna ipotesi su chi altri avrebbe avrebbe potuto mandare a Richetti quel messaggio usando l’utenza di Rogati.
I soldi ad Azione
Possibile adesso che la donna, che prima di Fanpage ha incontrato autori Mediaset e parlamentari di Forza Italia a cui ha parlato delle presunte abusi, sia stata davvero usata da qualcuno per colpire Richetti e Azione a pochi giorni dalle elezioni politiche?
Secondo il leader di Azione Carlo Calenda, la macchinazione è sicura, ma prove ancora non ce ne sono. È certo però che alcuni politici hanno accompagnato la ragazza davanti a giornalisti tv, ma forse solo perché credevano nella sua storia e volevano che qualche giornalista la verificasse.
Domani però ha letto alcune comunicazioni n Rogati e politici di destra (chiedono l’anonimato, ma sono pronti a confermare tutto in caso di smentita) nelle quali l’attrice condivide l’inchiesta di Fanpage e poi chiede interessata «che cosa faranno» Calenda e Matteo Renzi «dopo questo casino».
Pretende dagli interlocutori, che ben conoscevano le vecchie accuse, di non fare il suo nome ma di diffondere quello di Richetti, sennò «lo avrei già fatto» quando tutti quei «coglioni mi dicevano di andare alla polizia e rilasciare interviste...a Mediaset non capiscono mai un cazzo».
Infine suggerisce che quando usciranno altre cose contro Richetti di Azione «il partito avrà chiuso, perché nessuno dei suoi finanziatori, tre in particolare, non daranno più un soldo a quegli stronzi».
Le scelte di Fanpage
Se Richetti fosse stato realmente calunniato come altre vittime di Lodovica Rogati, la storia diventerebbe un caso di studio su come accuse pesanti quali sono quelle di molestie, se non verificate con attenzione, possano creare danni giganteschi agli stessi movimenti che si battono contro la cultura patriarcale e gli abusi sessuali commessi d uomini in posizione di potere. Una piaga sociale e di genere che in Italia contribuisce a migliaia di violenze e centinaia di femminicidi ogni anno.
Dopo le inchieste con cui Domani dava conto del profilo criminale dell’accusatrice di Richetti e provava a verificare l’attendibilità dei due protagonisti della vicenda, i giornalisti di Fanpage hanno attaccato il nostro giornale per «aver scandagliato la vita privata» di una presunta vittima (mai scritto un rigo che esulasse da vicende giudiziarie pubbliche), e per aver fatto il nome della Rogati «su indicazione dei legali di Azione (falso, era negli atti processuali), «di mettere in dubbio la credibilità di una presunta vittima di molestie» (il lavoro del giornalista d’inchiesta è anche quello di verificare l’attendibilità di testimoni, soprattutto quando aprono enormi scandali politici, altrimenti siamo al linciaggio e alla barbarie).
Inoltre, non avremmo mai «appurato il legame tra la denuncia di Richetti e questa donna», e quindi non avremmo dovuto farne il nome (falso, tutto parte dal cellulare da cui è partito il messaggio con le minacce al senatore, intestato proprio alla loro fonte Lodovica Rogati).
Fanpage, che ha pubblicato un’inchiesta basata su una denuncia anonima contro un altro anonimo, conclude che Domani avrebbe inferto «violenza a mezzo stampa a una persona che fino a prova contraria ha alle spalle un’assoluzione e una per prescrizione», senza ricordare che Rogati ha pagato le parti civili che sono poi uscite dal processo, e soprattutto senza elencare la dozzina di precedenti che ricalcano il caso Richetti.
Perizia finale
Non si può comunque escludere che Lodovica Rogati sia stata comunque abusata, nonostante le sue bugie passate e la specializzazione nell’aprire profili social che appaiono e scompaiono, nel diffamare e inventare stupri.
Non sappiamo se abbia manipolato i presunti messaggi autoaccusatori attribuiti a Matteo Richetti pubblicati da Fanpage, oppure se questi siano veri.
Fossero autentici, la storia si capovolgerebbe un’altra volta e la calunniatrice Rogati si trasformerebbe di nuovo nella vittima di un politico molestatore.
Nella sua lunga carriera processuale, sarebbe la prima volta. Serve però una perizia tecnica della magistratura. Fino ad allora, la storia finisce qui.
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