- Perché riceviamo la versione di vaccino confezionata per il mercato americano e non quella specifica per l’Europa? Perché di questa, di fatto, non ce n’è.
- L’impianto di produzione – come riferisce Health Policy Watch citando un rapporto per gli investitori datato 9 maggio – è stato smantellato proprio prima che scoppiasse questa nuova emergenza per fare spazio a due nuove linee di produzione, quella di un vaccino contro la rabbia e di uno contro l’encefalite delle zecche che la società scandinava aveva acquistato da Gsk.
- Se anche si volesse fare marcia indietro – e speriamo che ci si stia pensando – le prime nuove forniture non potrebbero arrivare prima del 2023.
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AP Photo/Richard Vogel
Nelle due circolari con cui il ministero della Salute ha indicato la strategia vaccinale che per il momento si intende seguire contro il vaiolo delle scimmie, c’è un piccolo dettaglio che lascia immaginare quanto sarà difficile in Europa avere le dosi sufficienti a fermare l’epidemia, che fuori dall’Africa colpisce duro soprattutto qui.
Sebbene infatti entrambi i documenti facciano riferimento alla donazione dei vaccini da parte della Commissione europea, il prodotto di cui si parla non è Imvanex, cioè il vaccino autorizzato da Ema in Europa, ma Jynneos, quello registrato negli Stati Uniti.
Tra i due non ci sono differenze sostanziali. Vengono dalla stessa azienda, Bavarian Nordic, con sede in Danimarca, e sono costituiti da virus vaccinico vivo Ankara, modificato in modo da non potersi replicare. I due nomi rispecchiano solo le diverse procedure e qualifiche richieste dalla Food and Drug Administration americana e dall’agenzia europea al momento di autorizzarli.
Vaccino fantasma
Perché allora riceviamo la versione confezionata per il mercato americano e non quella specifica per l’Europa? Perché di Imvanex, di fatto, non ce n’è.
L’impianto di produzione – come riferisce Health Policy Watch citando un rapporto per gli investitori datato 9 maggio – è stato smantellato proprio prima che scoppiasse questa nuova emergenza per fare spazio a due nuove linee di produzione, quella di un vaccino contro la rabbia e di uno contro l’encefalite delle zecche che la società scandinava aveva acquistato da Gsk. Se anche si volesse fare marcia indietro – e speriamo che ci si stia pensando – le prime nuove forniture non potrebbero arrivare prima del 2023.
Su circa 16 milioni di dosi disponibili al mondo, inoltre, circa 15 sono sotto forma di “bulk”, cioè di materiale ancora da infialare, mentre la maggior parte delle sole dosi “pronte” (circa 1-1,5 milioni) sono conservate nei depositi strategici degli Stati Uniti.
Sempre gli Stati Uniti, tramite accordi di prelazione e infialamento, dovrebbero riceverne, entro il 2022, fino a 14,4 milioni di dosi, la maggior parte di quelli presenti sul mercato, sufficienti comunque a vaccinare solo poco più di sette milioni di persone, dato che sono previste due somministrazioni.
D’altra parte, chi mai poteva preoccuparsi di fare scorte di un vaccino contro il virus del vaiolo, eradicato dall’Europa da oltre 50 anni? Solo poche settimane fa Ema si è affrettata ad autorizzare Imvanex anche contro monkeypox, alla luce dei dati di laboratorio che mostrano la capacità degli anticorpi indotti dal vaccino di neutralizzare anche questo virus.
L’agenzia statunitense, invece, aveva previsto fin dall’inizio questa possibilità, autorizzando Jynneos per entrambe le infezioni, sebbene in entrambi i casi fossero disponibili solo dati su animali o di laboratorio.
La miopia dell’occidente ha infatti ignorato per decenni che la circolazione del virus in Africa potesse rappresentare il presupposto di una minaccia per tutti, una emergenza di sanità pubblica di interesse internazionale, più precisamente una Pheic (Public Health Emergency of International Concern), come l’ha dichiarata l’Organizzazione mondiale della sanità lo scorso 23 luglio.
Di conseguenza, la preparazione contro entrambe le forme di vaiolo era limitata ai paesi più preoccupati per possibili attacchi di guerra biologica o bioterroristici.
Per questo in prima linea c’erano gli Stati Uniti, il cui Dipartimento della Difesa, tramite la Biomedical Advanced Research and Development Authority (Barda), tra il 2003 e il 2020 ha finanziato con quasi 2 miliardi di dollari lo sviluppo di elementi fondamentali per la realizzazione del vaccino contro il vaiolo delle scimmie da parte di Bavarian Nordic.
L’eventualità di una diffusione di questa infezione era talmente sottovalutata da tutti gli altri che nessun’altra azienda al mondo ha messo a punto altri prodotti analoghi.
Certo, esistono ancora scorte dei vecchi vaccini contro il vaiolo umano, in sigla Acam2000, che tuttavia non corrispondono agli standard di sicurezza a cui siamo abituati oggi.
Sarebbero pericolosi per donne incinte e persone con varie patologie, tra cui il comune eczema della pelle, ma soprattutto per chi è portatore di HIV, una caratteristica frequente soprattutto tra gli uomini che fanno sesso con altri uomini, in questo momento i più colpiti. Il loro uso sarebbe di nuovo giustificato solo davanti alla seria minaccia del vaiolo umano.
L’unico prodotto di seconda o terza generazione, autorizzato dall’Organizzazione mondiale della sanità anche per i bambini, è LC16, prodotto dalla giapponese KM Biologics. Ma il Giappone ha già messo le mani avanti: non ha nessuna intenzione di condividere con altri le sue scorte.
E L’Italia?
Se, come accusa il New York Times, anche gli Stati Uniti si sono fatti trovare parzialmente impreparati - ma hanno comunque già cominciato una campagna con le prime 800.000 dosi - il Vecchio continente quindi lo è molto di più.
La commissaria alla salute Stella Kyriakides ha annunciato l’acquisto di 110mila dosi che la Commissione europea sta distribuendo ai paesi più colpiti, partendo da Spagna, Germania, Portogallo, Belgio e Irlanda.
In Italia ne sono arrivate per ora 5.200, distribuite a partire dalle Regioni più colpite (Lombardia, Lazio, Emilia Romagna e Veneto), dove sono offerte a chi maneggia il virus in laboratorio e agli uomini che hanno comportamenti a rischio, contattati tramite le associazioni Lgbt e i check point di assistenza sanitaria. Altre 10.500 dosi circa dovrebbero arrivare per la fine del mese. In Africa, intanto, dove l’epidemia sta facendo molte più vittime che in occidente, non si vede per ora nessuna prospettiva. L’Organizzazione mondiale della sanità stima che per proteggere tutte le persone a rischio nel mondo ci vorrebbero fino a 10 milioni di dosi.
Sta quindi mediando con Bavarian Nordic per concedere ad altre aziende almeno la possibilità di intervenire nella fase detta “fill-and-finish”, ma se non se ne fa più, e quello che c’è è tutto prenotato per gli Stati Uniti, c’è ben poco da fare. Il governo Biden deciderà di dividerlo con il resto del mondo, mentre si cercano nuove alternative?
Anche il virus del vaiolo delle scimmie, come Sars-CoV-2, si può fermare solo con azioni coordinate a livello globale. Se lo si lascerà circolare, così che colonizzi roditori e conigli, diventerà sempre più difficile combatterlo. Come all’inizio del 2020, la finestra di intervento è breve. Speriamo che chi ha in mano il potere di agire non perda troppo tempo.
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