La cosa che continuava a nutrire, al meglio, la sua brama di sapere era la familiarità nel maneggiare quegli strumenti che fanno nascere i fatti dalle idee, quali la concretezza dell’analisi, rivolta a fornire indirizzi, suggerire strategie, produrre azioni
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà parte del libro Sulle ginocchia, edito da Melampo, riguardo la storia di Pio La Torre scritta dal figlio Franco
Ho imparato da quell’esercizio che la bontà di una tesi sta nella qualità di ciò che la determina e nei risultati che produce.
Una tesi può apparire affascinante, sinché non crolla, precipitando nel vuoto che la sostiene. In politica, nella migliore delle ipotesi, quel che resta è la velleità di uno slogan, buono per le vendite di fine stagione.
Il processo di formulazione, accompagnato da approfondimento, analisi e sintesi, era quello che lo interessava di più. Mi chiedeva sempre come fossi giunto a quella conclusione, se conoscessi questo autore o quei fatti, o se avessi considerato quell’aspetto e tenuto conto di ipotesi alternative. Non mancava, poi, la parte dedicata agli effetti, che potevano scaturire da affermazioni e scelte conseguenti. Ero sicuro che quanto andassi affermando potesse essere di qualche interesse oltre
il mio ristretto gruppo di riferimento? Le conclusioni cui ero giunto avrebbero risolto i problemi di qualcuno? Perché, se volevo affrontare le questioni, oltre il mio orizzonte, dovevo spingermi sino a dove potessi vedere e comprendere cosa ci fosse al di là. Perché se il mio intento è di capovolgere una tesi, ne devo conoscere storia e contenuti, per arrivare a individuarne le criticità o ciò che non condivido, e costruirci sopra la scelta in grado di cambiare la prospettiva, di aprire gli occhi verso nuovi orizzonti. La dialettica, che bellezza!
Il suo stile era asciutto, senza sacrificare gli elementi utili a sostenere quanto intendeva affermare, e non rinunciava a denunciare responsabilità, cause di guasti e comportamenti esecrabili, come si sforzava, sempre, di formulare proposte e rimedi. La concretezza era il suo limite per gli appassionati di articolati ragionamenti, che scavavano nel profondo dei problemi. Era il primo ad esserne consapevole ma era altrettanto convinto che, dopo aver scavato, bisognasse riportare qualcosa in superficie.
Conosceva il fascino esercitato dalla passione per lo studio, il piacere derivato dalla conoscenza, la soddisfazione guadagnata dalla padronanza degli argomenti, la soddisfazione dell’andare sino alla radice dove nascono le visioni.
La cosa che continuava a nutrire, al meglio, la sua brama di sapere era la familiarità nel maneggiare quegli strumenti che fanno nascere i fatti dalle idee, quali la concretezza dell’analisi, rivolta a fornire indirizzi, suggerire strategie, produrre azioni.
Se non c’è risultato, se l’analisi, per quanto approfondita possa essere, non contribuisce alle “future sorti e progressive”, rimane un esercizio, sicuramente utile all’intelletto ma sterile politicamente.
Questa, che sto provando a raccontare, è tutta un’altra storia o, almeno, io non la considero un esercizio ordinario di scrittura. Non voglio pormi su un piano superiore, rispetto a chi legge. Non voglio affrontare questa storia, quella della sua vita e del suo impegno politico esprimendo giudizi e tirando conclusioni.
Sin dall’inizio di questo mio tentativo, il ruolo mi suonava stonato e non lo volevo assumere. Insomma, anche io ho dovuto prendere atto che continuavo ad aprire e chiudere gli occhi, con il risultato che non riuscivo a vedere.
Tra le tante, una difficoltà che non sono riuscito a risolvere: scrivo mio padre, papà o Pio La Torre? Per cui, li troverete tutti.
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