Israele sta preparando la sua risposta contro l’Iran. Biden dissuade dall’attaccare siti nucleari e punta sulle sanzioni economiche. Prosegue l’invasione nel sud del Libano: morti i primi otto soldati dell’Idf. Esplosione a Damasco. Guterres è “persona non gradita”
«Siamo nel mezzo di una dura guerra contro l'asse del male dell'Iran, che cerca di distruggerci. Questo non accadrà, perché saremo uniti e, con l'aiuto di Dio, vinceremo insieme». Senza mezzi termini il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha ufficializzato uno stato di guerra aperta con il regime di Teheran dopo l’attacco avvenuto nella serata del 1° ottobre.
«Possiamo colpire ovunque in Medio Oriente», ha rimarcato il capo di Stato maggiore Herzi Halevi mettendo in guardia non soltanto l’Iran ma anche gli altri stati arabi che per il momento rimangono silenti e in attesa di capire l’entità della risposta israeliana. E l’attacco al centro di Damasco di ieri dove sono morte tre persone ne è l’ennesimo esempio. Secondo funzionari citati dai media israeliani la sensazione è che non passerà troppo tempo prima del contrattacco delle Idf, che punta a colpire le infrastrutture strategiche. Nel mirino impianti petroliferi e gasdotti.
Il presidente Usa Joe Biden ha ribadito il suo sostegno a Israele annunciando nuove sanzioni contro l’Iran e ha cercato di scoraggiare il suo alleato dall’attaccare siti nucleari: «Non li sosterrei».
Fronte Libano
L’attesa però non rallenta l’invasione israeliana terrestre nel sud del Libano. Nella giornata di ieri ci sono stati pesanti combattimenti a circa due chilometri dal confine tra i due paesi nella città libanese di Maroun al Ras, mentre l’aeronautica ha continuato a bombardare la periferia sud di Beirut con oltre undici raid. La conta delle vittime civili continua a salire, così come quella dei miliziani di Hezbollah: in totale oltre 1870 morti. Nella mattinata di ieri le forze armate di Tel Aviv hanno annunciato il primo caduto tra le loro fila, in tarda serata il numero totale è salito a otto. C’è il rischio che l’operazione militare israeliana in Libano non sia così «limitata» come comunicato.
L’Idf ha infatti ieri annunciato che invierà a nord la 36esima divisione, la brigata Golan, la 18esima brigata corazzata e la sesta brigata di fanteria. Centinaia di uomini in più per combattere in un territorio dove le milizie di Hezbollah sono avvantaggiate. Questo significa che nei prossimi giorni il livello dello scontro si alzerà rispetto a quello delle ultime ore. Non è un caso se decine di paesi hanno iniziato a evacuare i propri cittadini dal Libano.
La spaccatura iraniana
Intanto emergono nuovi dettagli legati all’operazione iraniana della scorsa sera che mettono in luce le divisioni interne al regime degli Ayatollah. Secondo un’inchiesta del New York Times, il neopresidente Masoud Pezeshkian sarebbe stato informato solo all’ultimo momento, a conti già fatti. Pezeshkian era più restio ad attaccare Israele a differenza dell’ala più conservatrice di Alì Khamenei.
Ma ha dovuto rivendicare l’operazione: «Abbiamo dimostrato che non stiamo scherzando con nessuno sull’onore e l’orgoglio della nazione iraniana, se il regime sionista vuole commettere un errore, riceverà una risposta più schiacciante», ha detto ieri. E ha aggiunto che il sistema di difesa israeliano è «più fragile del vetro». I danni sono ancora tutti da verificare, secondo quanto le Idf quasi tutti i 181 missili iraniani sono stati intercettati, alcuni hanno colpito basi militari causando danni a uffici e aree di manutenzione mentre l’arsenale militare sarebbe rimasto illeso.
Guterres non grato
In questo scenario complicato c’è una certezza. I caschi blu della missione Unifil rimarranno lungo il confine come ribadito ieri da Guterres. Lo scorso 28 agosto la missione è stata prolungata fino al 31 agosto 2025, poi ci sarà modo di ridiscutere il mandato come chiesto anche da diversi paesi membri. Ma caschi blu e diplomazia sembrano al momento inermi davanti alla ferocia delle parti in conflitto.
Il capo della diplomazia di Tel Aviv, Israel Katz ha attaccato il segretario generale delle Nazioni unite, Antonio Guterres, definendolo «persona non grata» e vietando il suo ingresso nel paese. «Chiunque non riesca a condannare inequivocabilmente l'odioso attacco dell'Iran contro Israele non merita di mettere piede sul suolo israeliano. Questo è un segretario generale anti-Israele che presta sostegno a terroristi, stupratori e assassini», ha affermato Katz in una nota. Un duro attacco contro Israele è stato quello della Cina che alla riunione del Consiglio di sicurezza convocato per la crisi in Libano ha detto: «In totale mancanza di rispetto della richiesta della comunità internazionale di cessare il fuoco,
Israele ha portato avanti le sue operazioni militari, con il risultato di espandere il conflitto». L’Italia è stato l’unico paese dell’area non Medio Orientale ammesso a parlare, forte anche del lavoro svolto nel pomeriggio dalla premier Giorgia Meloni che ha convocato d’urgenza i paesi del G7. «Una soluzione diplomatica risulta ancora possibile», è quanto trapela a fine incontro da Palazzo Chigi mentre a Gaza aumenta in silenzio il numero dei morti. Nelle ultime 24 ore si sono aggiunti al bilancio altre 51 persone.
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