Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Dopo la prima serie dedicata alla sentenza della corte d'assise di Bologna che ha condannato all'ergastolo Paolo Bellini per la strage di Bologna, il Blog mafie pubblica una seconda serie che si concentra sul ruolo dei mandanti


Nel trattare dei rapporti di Gelli con gli apparati della pubblica amministrazione attraverso i più importanti personaggi di vertice affiliati alla P2, la Relazione segnala i rapporti di Gelli con Federico Umberto D'Amato, iscritto alla P2, descritto come "presenza che emerge in tante vicende della vita italiana" in rapporti stretti e costanti "con molti degli uomini coinvolti nella storia e nell'attività della loggia, da Roberto Calvi a Francesco Pazienza, da Angelo Rizzoli a Mino Pecorelli, oltre che con Licio Gelli. Informazioni su D'Amato o raccolte dal D'Amato si rinvengono anche presso l'archivio di Gelli di provenienza uruguaiana. Sugli stretti rapporti tra D'Amato e Calvi,fino agli ultimi giorni di vita di quest'ultimo, riferiscono ampiamente i familiari di Calvi" (pag. 109).

Tra i tanti personaggi che ruotano attorno a Gelli, la Relazione indica in D'Amato una figura che si colloca sostanzialmente su un piede di parità con lo stesso Gelli, un uomo che si stacca, il solo che Gelli finanzia e menziona, come abbiamo visto, nel Documento Bologna, dove si indicano movimenti finanziari all'estero, essendo D'Amato un personaggio il cui livello si colloca ben oltre quello nazionale, come si evince dallo stesso rapporto con Calvi.

Dagli atti in possesso della Commissione si apprende che la penetrazione di Gelli nella pubblica amministrazione non era casuale poiché l'organizzazione prevedeva un "organigramma" dei "punti di interesse", "denotando un reclutamento ragionato che mira prima ancora che all'acquisizione di individui all'occupazione di centri di potere amministrativo determinati".

La penetrazione gelliana nella finanza, nelle banche e nelle relazioni finanziarie, oltre che nell'editoria, con l'asservimento ai programmi della P2 del gruppo Rizzoli-Corriere della sera, è nota ed è stata incidentalmente trattata nell'illustrazione del Documento Bologna. Analoga importanza va data a quanto accertato dalla Commissione sulle relazioni internazionali di Gelli, soprattutto il suo incredibile ruolo nell'ambito delle giunte militari che negli anni '70 prendono il potere in Argentina, Uruguay, Brasile, Paraguay. Gelli è il principale rappresentante di questi Paese in Italia e costruisce una fortuna personale in tali Stati.

È il consigliere economico presso l'ambasciata Argentina in Italia, traffica in armamenti e influenze. Alla P2 sono iscritti diversi esponenti di questi governi, tra cui l'Ammiraglio Massera. La testimonianza di Grassini sulla capacità di Gelli di porre i servizi segreti argentini a disposizione del SISDE è semplicemente incredibile, così come la testimonianza di Giancarlo Elia Valori sullo stupore dell'ex presidente argentino Frondizi, sull'influenza e il potere di Gelli sui generali sudamericani e soprattutto sui servizi segreti di questi Stati, che lo ricompensano donandogli ville (la residenza di Montevideo), appartamenti e altri benefit.

Per ciò che concerne l'influenza diretta sulla politica interna la Relazione evidenzia la capacità corruttiva che Gelli e la sua potente organizzazione esercitavano sulla vita interna dei partiti, condizionandola per ottenere orientamenti favorevoli ai suoi piani, anche attraverso il sostegno finanziario a singole personalità. Lo stesso dicasi per il sostegno diretto di singoli candidati e correnti in varie elezioni. Del resto, era un obiettivo esplicito del Piano di Rinascita democratica la conquista ai programmi dell'organizzazione di intere strutture di partito, attraverso l'investimento di una certa quantità di denaro.

La Commissione ribadisce quale fu il ruolo della Loggia e di Gelli fino al 1975, quando egli privilegiò la strategia dell'acquisizione del maggior numero di militari. È una segnalazione importante perché pone un punto fermo sull'attitudine del Gelli all'eversione che non esclude la strumentalizzazione degli attentati, sia pure in una logica ben più sofisticata e complessa di quella propria dei militanti delle organizzazioni neofasciste o di qualche ufficiale nostalgico dei regimi militari.

Scrive la Commissione: "Come abbiamo già osservato se è certo che Gelli ed ambienti della Loggia P2 hanno tramato con l'eversione nera, sarebbe peraltro giudizio politicamente incauto identificarli con essa, risolvendo così in modo semplicistico un più complesso rapporto, con fenomeni ed ambienti che appaiono piuttosto strumentalizzati, secondo una accorta strategia di inserimento che punta ad incentivarli, salvo poi a disinnescarli al momento opportuno. Traspare piuttosto dalla trama degli eventi un disegno che sollecita iniziative di valore eversivo, puntando al vantaggio politico di eventuali contraccolpi sul sistema, più che ad un reale suo impossessamento nel segno della restaurazione".

Si tratta di un punto di partenza che spiega la successiva fase, il ruolo della Loggia in questa nuova stagione; giustifica la persistente plausibilità in questo contesto dell'impiego ("strumentalizzare") dell'azione dell'eversione, tenuta come forza di riserva, disponibile per ogni necessità, anche contingente.

Il Piano di rinascita democratica segna l'inizio di una fase in cui il sistema viene "aggredito" dall'interno per disinnescare il successo che proprio in quegli anni, tra il 1975 e il 1976, la sinistra sembra acquisire nell'area dei ceti medi cui si rivolge l'azione del gruppo gelliano. Esso punta a due strumenti fondamentali: l'acquisizione dei mezzi di comunicazione e informazione influenti su quell'area e l'immissione nella Loggia di figure di primo piano (militari e della pubblica amministrazione). Entrambe le mosse sono rivolte a preparare il Paese a una svolta autoritaria, in grado di disinnescare l'apparente apertura politica di quegli anni, il tutto senza una contrapposizione formale, ma puntando su un mutamento del clima di opinione e sull'appoggio alla riforma da parte dei centri di potere reale, in modo da costituire una sorta di meccanismo di garanzia contro quella timida evoluzione politica, non contrastata apertamente ma sottoposta a controllo da parte di quel meccanismo di garanzia, riunito introno alla P2. Dimostrazione della valenza politica della Loggia, attuata in forma occulta con il controllo "anonimo e surrettizio" dell'azione di governo. Violenza eversiva dall'esterno e sottile eversione dall'interno rappresentano diverse tattiche di forzatura violenta nei confronti delle istituzioni. Il tutto all'insegna dell'ambiguità e dell'ambivalenza dei segnali e delle azioni inviati dall'interno dell'organizzazione attraverso gli strumenti di cui dispone, dal Corriere della sera alla manovalanza terrorista che, come sappiamo, è certamente nell'area di influenza di Gelli.

Segue nella Relazione una precisa descrizione e commento del progetto politico sotteso al Piano di Rinascita, cui si è fatto cenno in altra parte di questo lavoro, comunque inteso come programma di opposizione radicale al sistema, mediante la disarticolazione corruttiva dall'interno che non disdegna alcun mezzo, sempre in una logica di controllo e condizionamento e di non di esplicita responsabile proposta alternativa.

Rispetto all'analisi e alla ricerca della matrice e degli interessi che si sono coagulati per rendere possibile la strage del 2 agosto, è pregnante la nota conclusione della Commissione P2 sul ruolo della Loggia e di Gelli, snodo rispetto a strategie costruite altrove e di cui Gelli è stato il tramite.

Fondamentale il passo della Relazione a pag. l 54 sul ruolo di Gelli all'apice della sua influenza politica: "Questi è infatti il punto di collegamento tra le forze ed i gruppi che nella piramide superiore identificano le finalità ultime, e quella inferiore, ove esse trovano pratica attuazione, ed attraverso le quali viene orientata, dando ad essa di volta in volta un segno determinato, la neutralità dello strumento. Che questa funzione di travaso tra le due strutture non sia eccessiva per un personaggio quale Licio Gelli ci sembra indubbio: non solo egli viene a trovare una logica e concretamente accettabile collocazione, ma il fenomeno stesso nel suo intero appare non improbabile nella sua struttura complessiva e nelle sue finalità ultime. Questa interpretazione del fenomeno può essere feconda di risultati in sede analitica qualora non venga intesa in modo meccanico, come delimitazione netta di zone o aree di collocazione di ambienti e personaggi, ma piuttosto come esemplificazione illustrativa del ruolo di punto di snodo che il personaggio Gelli ha rivestito ponendosi come elemento di raccordo tra forze di varia matrice e di diseguale rilievo, che tutte hanno concorso alla creazione come alla gestione della Loggia Propaganda".

È una formulazione che può essere pedissequamente riportata alla prospettiva qui in esame, per comprendere quale complesso di forze ha lavorato per portare la manovalanza stragista alla stazione di Bologna. Così come resta valido il successivo passo, sempre letto nella prospettiva messa in campo dall'indagine della Procura generale della riscrittura del contesto in cui la strage è stata realizzata, per la prova delle residue positive responsabilità penali:

"Quali forze si agitino nella struttura a noi ignota questo non ci è dato conoscere, sia pure in termini sommari, al di là dell'identificazione del rapporto che lega Licio Gelli ai Servizi segreti; ma, riportandoci a quanto detto in proposito, certo è che la Loggia P2 ci esorta ad una visione della realtà nella sua variegata e spesso inafferrabile consistenza. Ne viene anche un invito ad interpretazioni non ristrette ad angusti orizzonti domestici, ma che sappiano realisticamente guardare ai problemi della nostra epoca, ed al ruolo che in essa il nastro Paese viene a ricoprire" (pag. 154).

© Riproduzione riservata