A Wall Street la quotazione dell’azienda si è più che dimezzata dai massimi del 2021. Pesa la concorrenza cinese e la guerra dei prezzi. I dubbi degli analisti sulla strategia di crescita
Che cosa succede alla Tesla? A fine 2021 l’azienda guidata da Elon Musk era una delle predilette da Wall Street e valeva in borsa più di 1.000 miliardi di dollari. Ieri la capitalizzazione di mercato non superava i 480 miliardi di dollari.
L’ultimo anno è stato avaro di soddisfazioni per Musk. La stretegia di ripetuti tagli ai prezzi ha permesso al marchio Tesla di guadagnare quote di mercato e aumentare i ricavi, ma ha pesato sui profitti: gli utili operativi nel 2023 sono scesi del 35 per cento rispetto al record del 2022. Negli ultimi mesi, il calo generalizzato della domanda di auto elettriche ha coinvolto anche Tesla: le vendite del primo trimestre sono diminuite dell’8 per cento a 386mila unità.
Anche i compensi straordinariamente alti di Musk sono finiti nel mirino: a gennaio una giudice del Delaware ha bocciato il pacchetto di remunerazione varato nel 2018, che garantisce a Musk un compenso in dieci anni di 51 miliardi di dollari (poco meno di 50 miliardi di euro). Musk, che è anche maggiore azionista di Tesla con il 13 percento, cercherà di far riapprovare ai soci il maxicompenso nell’assemblea del 13 giugno.
Intanto, l’imprenditore si è mosso con la consueta rapidità per affrontare i problemi di mercato. Tesla ha varato un piano che prevede il taglio di oltre il 10 per cento dei 140mila dipendenti a livello mondiale. “Mentre prepariamo l'azienda per la nostra prossima fase di crescita, è estremamente importante esaminare ogni aspetto dell'azienda per ridurre i costi e aumentare la produttività”, ha scritto Musk in una nota in cui annunciava i licenziamenti.
Le turbolenze hanno coinvolto anche i vertici dell’azienda: dopo che l'annuncio dei tagli è trapelato, il vicepresidente senior di Tesla per i propulsori, Drew Baglino, ha dichiarato sulla piattaforma X che se ne sarebbe andato dopo 18 anni. Come riporta Automotive News, citando una nota di Morningstar, “dato che Baglino stava probabilmente lavorando sul motore elettrico per la nuova auto a prezzi accessibili, la riduzione del numero dei dipendenti potrebbe essere correlata a ritardi nel progetto”.
Ambizioni e realtà
Il progetto di cui si parla è quello della nuova Tesla da 25mila dollari, che gli analisti chiamano Model 2; la Borsa reclama da tempo un allargamento della gamma per poter mantenere il ritmo di crescita delle vendite. Il progetto è da tempo sul tavolo di Musk, che però lo ha finora rinviato.
I suoi dubbi sul Model 2 rivelano un’incertezza di fondo su quale sia la migliore strategia di crescita per Tesla. Musk dichiarò nel 2020 che Tesla punta a vendere 20 milioni di auto nel 2030; oltre dieci volte il livello delle sue vendite 2023 e il doppio di quanto venda attualmente il leader mondiale Toyota. La crescita esponenziale delle vendite doveva giustificare e rendere profittevole l’altrettanto rapido aumento della capacità produttiva.
Ricordiamo che Tesla nasce come produttore di una nicchia e solo dal 2017 ha lanciato Model 3 e Model Y, auto a portata di un numero maggiore di clienti; con loro, Tesla ha varato un sistema di produzione moderno ma costoso, che può essere redditizio solo con volumi di produzione elevati per ogni auto e ogni stabilimento. L’anno scorso Tesla ha fabbricato circa 1,8 milioni di Model 3 e Y (vetture con molti componenti in comune), un volume di produzione per singolo modello che nessun concorrente avvicina. In queste condizioni, quando le fabbriche girano a pieno regime i profitti aumentano a ritmi esponenziali: dai 2 miliardi di dollari del 2020 ai 6,5 del 2021 ai 13,6 del 2022.
Musk aveva previsto nel 2016 di poter espandere le vendite anche solo con due modelli ad alti volumi. In mancanza di un modello a prezzi più bassi (il Model 2, appunto), per mantenere la crescita Tesla è però stata costretta a lanciare una vera e propria guerra dei prezzi. A quel punto, i profitti sono calati e la borsa ha “punito” la nuova strategia.
Nel 2023 sono poi arrivati i primi sintomi di frenata per la domanda di auto elettriche. Particolarmente difficile la situazione in Cina, secondo mercato a poca distanza agli Usa: l’arrivo di concorrenti locali nei segmenti occupati da Tesla ha messo il gruppo americano sotto pressione.
Progetto Robotaxi
Cosa farà adesso Musk? La prima ipotesi è il rilancio con il Model 2, proseguendo la battaglia nei segmenti di mercato più affollati ma meno redditizi. Il patron di Tesla teme però che il segmento di auto elettriche a prezzi più bassi possa essere occupato dai costruttori cinesi, limitando le possibilità di profitto. L’imprenditore ha smentito le voci sul Model 2, ma ha detto che nei prossimi mesi arriveranno novità su un altro progetto a lui caro: un robotaxi a guida autonoma.
I robotaxi senza conducente sono un po’ il sacro graal della ricerca nel settore auto, con Tesla impegnata da anni in una battaglia con Waymo (Google) e Cruise di General Motors. Tesla ha puntato tutto sul suo sistema chiamato Autopilot, che non è ancora in grado di garantire la guida autonoma in tutte le condizioni, ma che è già in vendita come accessorio sulle vetture. Alcuni incidenti, anche mortali, hanno portato a cause di grande impatto mediatico negli Usa. Finora Tesla è stata accusata di falsa pubblicità per aver “venduto” il sistema come autonomo quando non lo è ancora.
Una cosa è certa. Nonostante negli anni Musk abbia diversificato gli investimenti, dai razzi di Space X al controverso acquisto di Twitter, ribattezzato X, l’imprenditore sudafricano rimane nel bene e nel male il deus ex machina della Tesla, e gli analisti lo sanno bene. «Con il calo dei margini di profitto e della domanda, Musk dovrà riprendere rapidamente le redini per riconquistare la fiducia», hanno scritto gli analisti finanziari della Wedbush, che attendono risposte dal report sul primo trimestre in arrivo martedì 23 aprile.
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