- Da quando sono state indette le elezioni la presidente di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni evita di nominare Autostrade per l'Italia (Aspi), uno scandalo gravissimo su cui prima tuonava ogni giorno.
- Se ne comprende la sottile ragion politica: non vuole innervosire Mario Draghi.
- I contratti impostati dal governo Conte e firmati dal governo Draghi ci faranno rimpiangere l'avidità dei Benetton.
La campagna elettorale si sta concludendo com'è iniziata: un talent show in cui i principali leader politici appaiono fedeli alla tacita intesa di scannarsi su diversivi che credono spettacolari, ignorando ostinatamente le questioni scomode. Per esempio il caso di Autostrade per l'Italia, su cui fischiettano all'unisono, accompagnati dal coro muto dei grandi media.
Il copione surreale prevede una contesa in cui sono tutti d'accordo su cose importanti come la guerra ma si fingono diversi, mentre sulle cose imbarazzanti il silenzio di tutti consacra la vera solidarietà nazionale.
Da quando sono state indette le elezioni la presidente di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni evita di nominare Autostrade per l'Italia (Aspi), uno scandalo gravissimo su cui prima tuonava ogni giorno. Se ne comprende la sottile ragion politica: non vuole innervosire Mario Draghi. Da unica leader di opposizione, Meloni aveva gioco facile a denunciare l'operazione autolesionista (con miliardi di euro regalati o sperperati) con cui lo stato ha premiato, fingendo di castigarla, la famiglia Benetton.
Ha comprato la concessionaria autostradale a prezzo pieno, accollandosi il rischio di ulteriori crolli (dopo quello del ponte Morandi che il 14 agosto 2018 è costato la vita a 43 persone) in una rete deteriorata per i risparmi sulla manutenzione. Così almeno ha sostenuto lei il 28 maggio 2021, alla vigilia della firma del contratto di acquisto ordinata dal governo Draghi alla Cassa Depositi e Prestiti, denunciando «il rischio che Cdp si sta accollando, esponendo lo stato ed i risparmi postali degli italiani alle conseguenze di potenziali cedimenti di opere infrastrutturali, con le prevedibili conseguenze di perdite di vite e di conseguenti cause di rivalse delle parti offese».
Il silenzio
Adesso Meloni tace, nonostante che emergano nuovi dettagli scandalosi che non consentiranno al prossimo premier di voltarsi dall'altra parte come ha fatto Draghi. L'operazione voluta da tutti i partiti della maggioranza, con il Pd a fare da battistrada e i Cinque stelle (sia di osservanza Conte sia di osservanza Di Maio) disciplinatamente a ruota e a braccetto con i vari Renzi, Calenda e Salvini.
Ha dato ai nuovi soci privati, i fondi Blackstone e Macquarie, il potere di imporre pedaggi stellari e obbligare Aspi al taglio delle manutenzioni per aumentare i profitti. I contratti impostati dal governo Conte e firmati dal governo Draghi ci faranno rimpiangere l'avidità dei Benetton.
Meloni però tace, in nome dei buoni rapporti con Draghi. Non può attaccare quello che promette di essere il lord protettore del suo governo. Per i politici italiani contano solo i piccoli calcoli di bottega. Loro pensano a vincere il talent show, lasciando agli italiani, insieme al conto da pagare con tasse e pedaggi, la voglia di disertare le urne.
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