Sua la consulenza che ha permesso alla procura di Bergamo di stabilire che il ritardo della zona rossa in Val Seriana ha portato a oltre 4mila vittime in più. Dopo la chiusura delle indagini, il partito è contrario a portare il tema in parlamento
La chiusura delle indagini della procura di Bergamo ha portato di nuovo all’attenzione di deputati e senatori la commissione di Inchiesta parlamentare sul Covid-19. A sorpresa è arrivato il sì del virologo Andrea Crisanti, il senatore del Pd tra i consulenti del periodo pandemico e autore del documento che ha portato gli investigatori a stabilire che, se si fosse agito prima, si sarebbero potuti evitare oltre 4mila morti in Val Seriana.
Il testo di legge per l’istituzione lo ha presentato come primo firmatario il viceministro dei Trasporti Galeazzo Bignami, di Fratelli d’Italia, ma oltre alla maggioranza che firma, c’è già l’approvazione del Terzo polo, visto che il leader di Italia viva Matteo Renzi caldeggia lo strumento sin dall’avvio della legislatura pensando un domani di voler avere addirittura la presidenza.
La consulenza per la procura «è stata una mappa logica per orientarsi in quello che è successo», ha detto giovedì sera a Piazza Pulita Crisanti. «La gente si aspetta che adesso qualcuno dica sì, abbiamo sbagliato». In Italia non c’era la cultura dell’emergenza pandemica.
Sulla commissione, ha detto ancora, «sono estremamente favorevole, può essere un’opportunità unica per pacificare tutti quanti se questa commissione di inchiesta ha l’obiettivo di indagare sul governo, sulla conferenza delle regioni, sulle regioni stesse, sull’ente commissariale, su tutti quanti, senza usarla come una clava politica. Cerchiamo la verità, perché altrimenti la verità sarà la prima vittima».
I ritardi
I ritardi, che hanno portato la procura di Bergamo a indagare l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte, il ministro della Salute Roberto Speranza e il presidente della Lombardia Attilio Fontana per epidemia colposa e omicidio colposo plurimo, sono anche al centro del disegno di legge. «Ad avviso dei proponenti, i ritardi accumulati e l’inefficienza nella gestione delle prime settimane di diffusione dell’epidemia hanno, infatti, segnato in maniera tragica il destino dell’intera nazione, causando la perdita di decine di migliaia di vite umane e contribuendo a determinare, in ultima istanza, quel drammatico impatto sul settore economico e produttivo che ha portato a un calo del prodotto interno lordo nell’anno 2020 pari a circa il 9 per cento e a perdite di fatturato di miliardi di euro a carico di moltissimi settori».
La Commissione parlamentare di inchiesta perciò si dovrebbe concentrare sulla gestione dell’emergenza sanitaria causata dalla diffusione pandemica del virus «e sul mancato aggiornamento del piano pandemico nazionale». L’esame è partito lo scorso 15 febbraio.
Nicola Stumpo, anche lui parte del gruppo del Pd e in commissione Afari sociali, dove si sta discutendo il disegno di legge, ha detto però chiaramente di no nella seduta del 21. Fratelli d’Italia, ricorda, è «l'unica forza a essersi espressa sistematicamente in senso contrario a tutte le misure adottate in quella delicata fase, salvo poi, recentemente, trovarsi costretta a contraddirsi su ogni cosa, non appena assunte responsabilità di governo». Per lui è «inaccettabile che le istituzioni rappresentative vengano utilizzate a fini propagandistici, rivendicativi, come una clava da abbattere contro l'avversario politico di turno».
L’allora sottosegretaria Sandra Zampa, oggi senatrice del Pd, a Otto e mezzo, giovedì ha detto la stessa cosa: «La commissione parlamentare d'inchiesta di cui si sta parlando avrà una maggioranza politica che ha già condannato l'ex governo». Per lei «rischia di diventare un tribunale politico in cui una maggioranza politica potrà avere sopravvento su tutto e decidere quello che vorrà». Il virologo dem che ha avuto un ruolo nelle indagini della procura, però, in parte non è d’accordo.
© Riproduzione riservata